Trent’anni di studio sulla luce: è questo il contenuto della mostra “Lux Lucis” del pittore Rodolfo Papa allestita a Roma dal 3 al 5 giugno presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. L’evento si inserisce all’interno della Conferenza internazionale “Fiat Lux” organizzata in occasione dell’Anno internazionale della Luce e che vede riuniti Premi Nobel, fisici, filosofi e teologi di tutto il mondo. “La pittura scrive con la luce”, spiega Rodolfo Papa, al microfono di Paolo Ondarza:
R. – Rappresentare la luce, mettere la luce nei colori, nella pittura, è la “missione impossibile” perché con una materia opaca – come sono i colori – bisogna cercare di rappresentare una realtà fisica, ma che ovviamente ha tutt’altra consistenza.
D. – La luce è fenomeno naturale da osservare, la luce è simbolo, la luce è una Persona per il cristianesimo…
R. – Certo, questo è il punto fondamentale. Se si osservano tutti i miei lavori, il filo che li lega è per esempio il titolo: tutti i paesaggi in realtà hanno come titolo “teofania”, cioè chi osserva la natura, osserva il Creato, chi osserva il Creato, attraverso di esso guarda al Creatore. Quindi, la quantità di dipinti che parlano di un’alba, di un sole che nasce, di fatto simbolicamente non fanno altro che rappresentare quel volto di Dio che si specchia nella creatura, che è la natura da Lui creata.
D. – E’ un elemento, la luce, che ha ispirato generazioni di artisti, sia per le sue connotazioni simboliche ma anche perché la luce – per definizione – svela una realtà…
R. – Infatti, c’è uno dei percorsi della mostra che ha al centro dei drappi che si spostano con il vento e fanno apparire la luce: velata dalle nuvole o direttamente il sole che sorge… Hanno un titolo classico, un titolo rinascimentale: “Il tempo che svela la verità”, e “Lo spazio che svela il tempo”...
D. – La luce unifica, unifica vari elementi, ed è bello anche l’approccio di questo convegno che riflette sulla luce interpellando l’arte, oltre alle materie scientifiche. Lei è stato chiamato a esporre le sue opere nell’ambito di questo consesso di studiosi, Nobel fisici, filosofi, teologi di tutto il mondo, che si interrogano sulla luce…
R. – Io ringrazio gli organizzatori perché hanno scelto il mio lavoro e questo veramente mi riempie di gioia e di soddisfazione. Il connubio tra fede e scienza è un connubio antichissimo: alla fine del 1100 e inizio del 1200, i Francescani capirono che più scienza permette di arrivare a comprendere meglio Dio, a riflettere profondamente su Dio. La “Fides et Ratio” di Giovanni Paolo II dice che queste sono le due ali che fanno volare l’uomo e il pensiero. Io, in occasione di uno degli ultimi libri che ho scritto, ho sottolineato che tra lo spazio della fede e lo spazio della ragione c’è in mezzo lo spazio dell’arte. Perché l’arte si nutre profondamente di fede e profondamente di scienza, profondamente di filosofia e profondamente di teologia, di spiritualità, e non può stare senza le due cose. Quindi, l’arte è lo spazio, l’incontro profondo, sperimentale, attuativo delle due discipline. Paolo Ondarza, Radio Vaticana; Radiogiornale del 3 giugno 2015.