5° Via Francigena Festival, un pellegrinaggio lungo 400 eventi: intervista al direttore Sandro Polci

Presentata di recente a Roma la quinta edizione del festival europeo della via Francigena, promosso dall'Associazione Civita e dall'Associazione europea delle Vie Francigene. Oltre 400 eventi affronteranno il tema "Culture e Colture dei Paesaggi" per riflettere, nell'anno dell'Expo, sul dono del cibo e sull'influenza del contesto naturale e antropologico. La manifestazione prevede pellegrinaggi, momenti artistici e enogastronomici, laboratori didattici attraverso cinque nazioni, per riscoprire e valorizzare la più “estesa infrastruttura spirituale, culturale e relazionale d’Europa". Eugenio Murrali ha intervistato Sandro Polci, direttore del Festival: 

R. – Lo spirito del Festival è molto semplice: cerca di dare visibilità ai 400 eventi che nei territori – spesso separatamente, senza collegamenti – mirano a promuovere i propri cammini di fede, di speranza, religiosi, spirituali o anche di natura identitaria, quindi cari alle comunità locali. Siamo partiti sei anni fa e con i primi 50 eventi abbiamo cominciato a fare chiarezza su quali fossero le tendenze e i desideri dei diversi territori, non soltanto italiani, ma europei: la Via Francigena si chiama così perché raccoglie tutto quello che è oltre le Alpi, quelle che erano le vie di attraversamento dell’Impero francese. Era la via straniera, che addirittura arrivava alle Russie. Parte, con un evento che facciamo quest’anno, da Trondheim, in Scandinavia, dopo 3.000 chilometri giunge a Roma e poi a Gerusalemme. Quindi, nell’insieme, riunisce tante espressioni di fede facendone risaltare l’originalità nei diversi territori. Santiago, Roma, Gerusalemme erano le tre mete della fede della Via Francigena, ma poi la Via è diventata anche una via di scambio, di collegamento. Questo ha portato a costruire l’Europa – come il Consiglio d’Europa ci ricorda – un insieme di territori attraverso questi lunghi percorsi.
D. – Quest’anno, qual è il messaggio forte che volete sottolineare?
R. – In rapporto con l’Expo, dove abbiamo presentato parte del programma, il Festival vuole dialogare sulle modalità, non tanto del cibo, ma delle culture, quelle che il pellegrino e il viandante cattura camminando, chiedendo, essendo un soggetto attivo perché è in movimento. E quando una persona è in movimento, cambia i luoghi, cambia le visioni e poi naturalmente cambia se stessa.
D. – Spiritualità, arte, cultura, natura: quali sono gli appuntamenti più importanti di questo Festival?
R. – Trovo fantastico che abbiamo in contemporanea mons. Giancarlo Vecerrica, con il Pellegrinaggio Macerata-Loreto – che, dal tramonto all’alba, porta 100 mila persone, tutte insieme, cantando, lungo i 30 chilometri del percorso – e nello stesso momento abbiamo tante iniziative pugliesi o piemontesi nelle quali un gruppo di persone – seppur molto meno numeroso – riesce a dare senso e vita a percorsi dimenticati, che testimoniano una grande spiritualità, uno spirito di condivisione e di eco-sostenibilità, che parlano un linguaggio che non vuole chiudersi in una dimensione specifica, ma che anzi cerca collegamento e dialogo. Sono oltre 400 eventi e coinvolgono cinque nazioni diverse. Il Cammino della Pace organizzato da mons. Andreatta –  da Betlemme a Gerusalemme –  che sarà a metà ottobre, a Roma. Nello stesso periodo, convergeranno tutti i pellegrini che da Trondheim, dopo quasi 3.000 kilometri, arriveranno in città. Ci saranno i bambini che si sposteranno nei luoghi delle diverse religioni, perché il dibattito interreligioso è oggi decisivo. I bambini passeranno dall’imam, per poi andare alla sinagoga, fino ad arrivare a Piazza San Pietro. Le parole sono semplici, chiare, ma a volte proprio per questo rivoluzionarie: condivisione, rispetto dell’altro e una gioiosità che abbiamo dimenticato nelle nostre “cupezze” quotidiane.
D. – Ma chi sono oggi i pellegrini e cosa cercano?
R. – Ce n’è una fetta importante, ancorché non maggioritaria, che lo fa per un motivo religioso in senso stretto. Ce ne sono poi altri che lo fanno per un’istanza condivisa nei momenti difficili. Io ho incontrato tanti ragazzi che hanno perso il lavoro e che hanno deciso di fare chiarezza liberando il cuore, non solo la mente, arrivando stanchi, ma con la voglia di condividere parole e pensieri alla fine della giornata. Ci sono poi altre persone che lo fanno con attenzione estrema ai temi, ad esempio a quelli di natura ambientale. A queste espressioni tra loro anche diverse e articolate – ma tutte afferenti al tema del cammino, del pellegrinaggio, della ricerca del luogo, ma soprattutto di se stessi – noi diamo valore primario. Eugenio Murrali, Radio Vaticana, Radiogiornale del 13 giugno 2015.
Fattitaliani

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