Grande
interesse ha destato nel mondo culturale l’uscita del Dizionario
Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo (DEMIM),
edito da SER ItaliAteneo e Fondazione Migrantes, la prima opera che
strutturalmente affronta il tema della nostra emigrazione.
Dopo
l’Università La Sapienza di Roma, la Società Dante Alighieri e il
Senato della Repubblica, il Dizionario sarà presentato in Argentina,
il 19 maggio a Buenos Aires,
presso l’Istituto Italiano di Cultura (Sala Benedetto Croce), e il
20 maggio a Mar del Plata,
presso il Teatro Municipal Diagonal. Scelta non casuale per il
direttore del progetto Tiziana Grassi, infaticabile studiosa cui si
deve anche il concepimento dell’idea del Dizionario, perché questa
prima tappa all’estero del Dizionario privilegi un Paese in cui
vive una tra le più numerose comunità di italiani e discendenti. Ne
parliamo con il Console Generale d’Italia a Buenos Aires, dr.
Giuseppe Scognamiglio,
e con il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, dr. Maria
Mazza. Nato
a Napoli e cresciuto a La Spezia, il dr. Scognamiglio ha fatto
gli studi economici laureandosi alla “Bocconi”. E’ entrato
nella carriera diplomatica nel 1995, prestando servizio presso le
Ambasciate italiane all’Avana e al Cairo, poi nel 2006 a Roma come
responsabile del Servizio Stampa e Informazione della Farnesina. Dal
2011 è Console Generale a Buenos Aires. Anche Maria Mazza è di
origini napoletane. La
carriera di addetto culturale per il Ministero degli Affari Esteri
l’ha portata a Skopje,
come responsabile del lettorato d’italiano all’università della
capitale di Macedonia, quindi negli Istituti italiani di Cultura di
Amburgo e
Belgrado.
Vivace promotrice di iniziative culturali e musicali nella capitale
argentina, la dr. Mazza, su proposta della studiosa italo-argentina
Maria Rosa Mauro (tra
gli autori del Dizionario), ha voluto promuovere questa iniziativa
legata ad un volume che il Presidente emerito della Repubblica
italiana Giorgio Napolitano,
nel suo saluto di apertura all’opera, ha definito “una vera e
propria summa di un fenomeno che ha segnato indelebilmente la storia
del nostro Paese (...)”.
E’
utile ricordare che il Dizionario
Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo (DEMIM) è
un’opera ideata e diretta da Tiziana
Grassi, con il coordinamento
scientifico di Delfina Licata
e la direzione editoriale di
Enzo Caffarelli.
Il volume si articola in 1.500 pagine con 700 lemmi-articoli e 160
box di approfondimento, 17 appendici monotematiche, 500 illustrazioni
a colori e in bianco e nero. È frutto del lavoro di 168 autori, per
lo più docenti universitari e rappresentanti di istituzioni e
associazioni impegnate nell’ambito delle migrazioni italiane
all’estero, supervisionati da un consiglio scientifico di 50
esperti che rappresentano l’Italia e numerose altre nazioni. Il
Dizionario racconta
una pagina fondativa della storia italiana quale è stata la Grande
Emigrazione tra Otto e Novecento e che giunge fino ai nostri giorni,
con migliaia di italiani che continuano a muoversi verso altre terre.
Una pagina fatta di coraggio, sacrifici, sogni, conquiste e che ha
visto partire oltre 27 milioni di connazionali, che oggi esprimono un
portato di circa 80 milioni di oriundi (gli “italiani col trattino”
sparsi nel mondo). Il taglio è scientifico, nel senso che i testi
sono opera di studiosi esperti che hanno approfondito quasi ogni
aspetto possibile del grande tema dell’emigrazione italiana con gli
strumenti analitici, le fonti accreditate, i richiami bibliografici,
insomma i ferri del proprio mestiere. Tuttavia il taglio è anche
divulgativo, perché i ricercatori e docenti universitari e gli altri
studiosi hanno evitato un linguaggio troppo tecnico, concependo
l’opera come una dimensione di servizio, per favorire la conoscenza
dell’epopea migratoria italiana sia in Italia che all’estero.
Intervista a Giuseppe
Scognamiglio, Console Generale d’Italia a Buenos Aires
Dr.
Scognamiglio, lei ha la responsabilità di un grande Consolato
Generale, in un paese come l’Argentina che in termini percentuali
ha più della metà della popolazione di origine italiana. La nostra
comunità ha avuto, ed ha, un ruolo di rilievo nello sviluppo del
Paese. Ritiene lei che sia possibile consolidare e far crescere le
relazioni tra Italia ed Argentina per poter cogliere tutte le
opportunità per i due Paesi, e come?
Nell’area
della Gran Buenos Aires risiede la collettività più numerosa al
mondo. Quasi 400 mila connazionali risultano regolarmente registrati
nell’anagrafe consolare, vale a dire un numero superiore a quello
degli abitanti della città di Bologna, il che fa di Buenos Aires la
settima “città italiana”. Si tratta di una risorsa preziosa, che
vive fuori dal territorio nazionale, una realtà unica che va
conosciuta e compresa. Ciò comporta una grossa responsabilità per
questo Consolato, ma anche molte soddisfazioni e interessanti
opportunità da sfruttare per accrescere ulteriormente i rapporti tra
Italia e Argentina. La nostra collettività, storicamente, ha
esercitato un’influenza notevole nella formazione dell’identità
argentina e nello sviluppo del Paese, pur non riuscendo a
strutturarsi in una vera e propria lobby sul modello, ad esempio,
della NIAF negli Stati Uniti.
Oggi,
evidentemente, non si tratta più di quegli emigranti in cerca di
fortuna che affollavano il porto e le strade della capitale argentina
nel secolo scorso e che venivano costretti a sopportare inenarrabili
fatiche e miserie per sopravvivere. Le ultime generazioni di
discendenti italiani (dalla seconda fino addirittura alla
sesta-settima generazione!) hanno fatto strada, sono costituite da
professionisti, gente dinamica, preparata, che ha studiato e che è
riuscita ad integrarsi perfettamente nel tessuto politico e sociale
argentino. I discendenti degli emigranti si sentono, prima di tutto,
com’è giusto, cittadini argentini. Il contributo che la nostra
emigrazione ha dato allo sviluppo dell’Argentina è indiscutibile
ed è tale che il Parlamento argentino decise di dedicare il 3 giugno
al Dia
del Inmigrante italiano,
come tributo a quanto fatto dalla nostra immigrazione per la
costruzione e la grandezza di questo Paese: si tratta dell’unica
collettività cui sia stato riservato un simile onore.
Va
poi sottolineato che in Argentina continua ad esserci una fortissima
“domanda” di Italia, Paese verso cui qui si prova in generale un
sentimento di affetto, di vicinanza spirituale, un amore che va al di
là dei legami di sangue e di conoscenza della lingua. L’Italia,
con la sua storia, arte e cultura, costituisce un modello che attrae
tutti, giovani e adulti, italofoni e non. Qui esiste un vero e
proprio mito del “Bel Paese”. Ciò rappresenta un humus fertile
su cui seminare per rafforzare e sviluppare ulteriormente la nostra
presenza in un’Argentina da sempre ricca di risorse e di
potenzialità. Perciò bisogna promuovere e far conoscere
continuamente l’Italia. Credo che il Consolato, insieme alle altre
Istituzioni del Sistema Italia, l’abbia fatto e stia continuando a
farlo, investendo in particolare nei giovani italo-agentini,
stimolando la curiosità per un’Italia che spesso non conoscono,
magari perché la rappresentazione che gliene hanno dato i nonni é
comprensibilmente quella dell’epoca in cui sono emigrati: un paese
diverso, moderno, con straordinarie punte di eccellenze, che
svolge un ruolo importante a livello internazionale. Insomma, credo
si debba far leva sulla curiosità dei giovani per far capire che
delle proprie origini devono essere orgogliosi, doppiamente
orgogliosi perché i loro padri hanno contribuito sia allo sviluppo
dell’Italia che a quello dell’Argentina.
Uno
strumento straordinario al riguardo, anche per i risvolti sulle
relazioni economiche e commerciali, è la promozione culturale,
mediante l’organizzazione di mostre, concerti, spettacoli teatrali,
corsi di promozione della lingua italiana, l’attività delle scuole
italiane, la formazione: uno strumento che permette di avvicinare
ulteriormente i due Paesi, cementando e rinnovando continuamente una
relazione di amicizia secolare fatta di interscambi continui fra i
due popoli, mai interrottisi neanche nei momenti di difficoltà
registratisi in passato nelle relazioni tra i governi. Per questo,
ad esempio, abbiamo promosso il “Verano Italiano", un
sorta di festival della cultura italiana che si tiene a giugno e che,
giunto ormai alla sua terza edizione, è diventato un appuntamento
atteso dal pubblico e che promette di crescere ogni anno di
più.
L’Italia
avrebbe grandi opportunità se investisse di più sulle comunità
italiane nel mondo, un’altra Italia persino più numerosa di quella
dentro i confini. Talenti, intelligenze, qualità professionali
spesso poco conosciute in Patria, che potrebbero essere utili
all’Italia. E nel caso reciproco dall’Italia verso l’Argentina.
In fondo, i 140 milioni di italiani e italici nel mondo sarebbero un
prezioso giacimento di orgoglio, ingegno e cultura su cui investire,
se le politiche fossero meglio attente a questa straordinaria realtà.
Qual è la sua opinione da un osservatorio privilegiato come il
Consolato Generale di Buenos Aires?
Con
riguardo all'Argentina, posso certamente confermare che la comunità
italiana costituisce, foss’anche solo per una mera questione
numerica, un asset straordinario che merita di essere ulteriormente
valorizzato e su cui investire. Per evitare però di cadere nella
vuota retorica, occorre partire da un’analisi attenta della realtà,
affinché sia possibile individuare modalità e strumenti per
valorizzare quel patrimonio rappresentato dagli italiani all’estero.
In particolare, quando si parla di comunità italiana in Argentina,
ci si confronta con almeno tre realtà differenti: la prima è quella
di cui ho già parlato in termini generali, ovvero gli
italo-argentini dalla seconda generazione in poi, che rappresentano
quasi l’80% dei nostri connazionali in Argentina, riguardo ai quali
sarebbe forse più corretto parlare di argentini di origini italiane.
Vi sono poi i nati in Italia, che rappresentano circa il 20 per cento
dei nostri connazionali: si tratta di persone che hanno, nella
stragrande maggioranza, un’età superiore ai 70 anni, e quindi con
caratteristiche ed esigenze profondamente diverse dagli altri
connazionali. Testimoni di storie familiari straordinarie e spesso
tragiche e commoventi, portatori di un’ammirevole etica del lavoro,
hanno costituito il nocciolo duro dell’italianità, il cui vessillo
hanno esibito con orgoglio, attraverso innumerevoli associazioni ed
iniziative. Ma che si sono andati progressivamente ripiegando su se
stessi, senza riuscire a coinvolgere, se non in pochi meritevoli
casi, le nuove generazioni, riducendo nel tempo, anche per ragioni
anagrafiche, il proprio raggio di azione e capacità di iniziativa.
Infine, va segnalato un fenomeno più recente: ogni anno, in
Argentina, si registrano nuovi arrivi dall'Italia, anche se con
numeri neanche lontanamente paragonabili alle ondate migratorie del
passato (parliamo di circa 8.000 connazionali all’anno). Si tratta
per lo più di studenti universitari, giovani professionisti,
imprenditori, che lasciano il nostro Paese e si trasferiscono a
Buenos Aires per svolgere tirocini e corsi di specializzazione, per
realizzare le prime esperienze professionali. In molti casi, quello
che inizialmente è un periodo temporaneo di formazione si trasforma
in una permanenza più lunga in questo Paese, se non addirittura
definitiva. Questa nuova mobilità internazionale, che comunque è
bidirezionale ed è quindi diretta anche verso l’Italia, è
principalmente costituita da giovani. E’ anche a loro che le
Istituzioni devono rivolgersi, al fine di creare un tessuto
connettivo stabile e duraturo, a tutto vantaggio delle relazioni
bilaterali politiche, commerciali e culturali.
La
comunità italiana di oggi in Argentina, in tutte le sue
articolazioni, deve essere opportunamente seguita e tenuta nel dovuto
conto, come risorsa ma anche come una vera e propria componente del
“Sistema Italia”. Per parte nostra, dalla postazione del
Consolato, oltre a fornire i tradizionali servizi consolari, ivi
inclusa l’assistenza ai connazionali più bisognosi, cerchiamo di
diffondere al meglio e ad ampio raggio le informazioni, proviamo a
fare rete e a stimolare il senso di “community”. Per quanto
riguarda in particolare i giovani in arrivo dall’Italia, cerchiamo
di favorirne l'inserimento nella realtà locale. A tal fine, in
collaborazione con la Camera Commercio italiana di Buenos Aires,
abbiamo preparato una guida, un prontuario pratico e di facile uso
destinato a chi sia in cerca di opportunità di lavoro o formazione.
Il sito web del Consolato, inoltre, è diventato un importante punto
di riferimento, dove è possibile trovare offerte di lavoro, borse di
studio, opportunità di vario tipo. In conclusione, è necessario
ripensare il concetto di comunità all’estero. Occorre guardare
alla collettività in un’ottica nuova, più rispondente alle
esigenze pratiche ed operative dei nostri tempi. Si tratta di
un'operazione che nel medio e lungo termine non mancherà di portare
i suoi frutti, creando sinergie, dinamiche positive e proficue.
In
Italia c’è un forte deficit di conoscenza della storia
dell’emigrazione italiana. Anche perché l’emigrazione - aspetto
rilevante in termini economici, sociali, politici e culturali - non è
ancora entrata nella Storia d’Italia con la dimensione che le
compete. A suo parere, quali iniziative sarebbero auspicabili per far
conoscere meglio il mondo dell’emigrazione e quale potrebbe essere
il ruolo della formazione, dalle università e alle scuole di ogni
ordine e grado, per recuperare questo gap culturale?
E’
un dato di fatto che fuori dall'Italia ci sia un'altra Italia, ricca
di risorse e potenzialità. Ciò è il prodotto della nostra
migrazione, un fenomeno certamente complesso e non omogeneo, ma che,
giusto per restare in Argentina, ha costituito un elemento fondante
dell’identità nazionale di questo popolo e dello sviluppo di
questo Paese, di cui in Italia, purtroppo, si sa poco. Non c’è
stata in passato, e per certi versi non esiste nemmeno oggi, una
piena consapevolezza della consistenza e delle dimensioni del
fenomeno migratorio italiano nella sua interezza e prospettiva
storica. Ciò discende probabilmente dal fatto che il fenomeno
migratorio è stato in qualche modo rimosso dalle classi politiche
del passato, con una sorta di processo di rimozione, di imbarazzo nei
riguardi delle centinaia di migliaia di connazionali cui non si fu in
grado di offrire un futuro nella nostra penisola.
Occorre
pertanto restituire dignità e valenza storica a tale fenomeno. Il
contributo che può venire dal mondo universitario e della ricerca è
assai rilevante.
Ci
sono interessanti tematiche da approfondire e chiarire con
l’obiettivo di valorizzare l'apporto dato dagli emigranti allo
sviluppo del Paese di accoglienza così come allo sviluppo
dell’Italia, direttamente attraverso le rimesse o indirettamente
per il sol fatto, ad esempio, di aver lasciato, dopo le due guerre
mondiali, un paese che non era in grado di sfamarli. Ciò affinché,
come dice lei giustamente, il fenomeno migratorio, con tutti i suoi
risvolti politici, economici, culturali e sociali entri a pieno
titolo e con il giusto peso nella Storia d’Italia. Nell’ambito
delle varie iniziative di diffusione e divulgazione di carattere
storiografico in materia, desidero segnalare che il Consolato
sostiene un'interessante progetto di ricerca scientifica portato
avanti da un gruppo di professori dell'Università di Bologna -
sezione di Buenos Aires, finalizzato ad approfondire il significato
della nostra emigrazione in Argentina e a preservarne la memoria,
attraverso lo studio delle fonti originali conservate presso le
principali associazioni ed enti italiani di Buenos Aires. Inoltre,
l'Ambasciata d’Italia, in collaborazione con il Consolato, ha
creato un gruppo di studio, un vero e proprio "think tank"
di giovani (L.I.A. – Laboratorio Italia-Argentina) allo scopo
di studiare e approfondire le tematiche migratorie in chiave
attuale e rigorosamente scientifica.
E
quanto può essere utile a tale scopo un’opera sistemica come il
Dizionario Enciclopedico?
Ritengo
che il Dizionario, così come è stato concepito, sia uno strumento
di lavoro e consultazione assai utile non solo per gli addetti al
lavoro, ma anche per gli studenti e, in generale, per tutti coloro
che sono interessati a comprendere meglio e più approfonditamente la
natura di un fenomeno intrinseco alla nostra storia, che fa parte
della nostra essenza ed identità. Sono certo che grazie
all’approccio scientifico ma giustamente divulgativo troverà
un’accoglienza assai favorevole anche qui in Argentina.
Mentre
le auguro un proficuo lavoro al servizio della vasta comunità
italiana nella capitale argentina, conoscendo la stima che i nostri
connazionali riservano alla sua persona, qual è il ruolo che la
cultura argentina e la cultura italiana possono insieme svolgere per
far crescere le relazioni e le opportunità tra i due Paesi? E quanto
può influire il reticolo del sistema associativo dei nostri
connazionali?
L'Italia
e l'Argentina sono due paesi amici e idealmente vicini, uniti da un
vincolo profondo che supera le barriere linguistiche, le distanze
geografiche e le particolarità localistiche. C'è nei due
popoli un'intima relazione e una speciale somiglianza che affonda le
sue radici nel percorso storico dei secoli precedenti. Le rispettive
identità culturali presentano delle affinità notevoli, il cui
immediato risultato è un rapporto di grande familiarità esistente
tra i due popoli. Il comune substrato culturale facilita la
comunicazione, agevola i contatti e rende possibile un livello di
collaborazione difficilmente ripetibile in altri contesti.
Rappresenta uno straordinario volano per lo sviluppo dei rapporti
economico-commerciali, culturali e politici, e un vantaggio
competitivo dell’Italia rispetto ad altri Paesi su cui però
occorre continuamente investire anche in maniera creativa, senza
commettere l’errore di dimenticare differenze e peculiarità della
realtà argentina. Se l’associazionismo tradizionale, come ho
detto, segna il passo, d’altra parte è indubbio che in un Paese in
cui quasi il 50% della popolazione ha origini italiane vi sia ampio
spazio per far crescere ulteriormente le relazioni fra Italia e
Argentina. In tutti i settori, dall’economia alla cultura alla
politica, nei posti chiave, vi sono argentini con passaporto
italiano. Basti pensare che vi è una forte probabilità che il
prossimo Presidente dell’Argentina - le elezioni presidenziali
avranno luogo nel mese di ottobre prossimo - sia anche italiano,
considerato che i candidati più titolati sono doppi cittadini!
Intervista
a Maria Mazza, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di
Buenos Aires
Dottoressa
Mazza, prima di parlare di questo evento di presentazione, molto
atteso nella comunità italo-argentina, le chiedo della sua
importante missione di promotrice della diffusione della cultura
italiana a Buenos Aires, una città dal grande respiro
internazionale. Come potrebbe definire questa esperienza, e perché?
Buenos
Aires, come lei giustamente ricorda, è una grande capitale
internazionale, con una vita culturale intensissima e a tratti
vorticosa. Rappresenta ancora oggi un punto di riferimento
nell'America Latina, sebbene anche altre città di questa parte del
mondo - penso ad esempio a Città del Messico, San Paolo, Rio,
Santiago del Cile, Bogotà - abbiano oggi un'offerta culturale di
tutto rispetto e in alcuni settori contendano il primato a Buenos
Aires. Ma è chiaro che, soprattutto per noi europei, Buenos Aires ha
un fascino unico, che non si ritrova altrove: è quel mix
ineguagliabile di raffinatezza europea, vitalità latino americana e
snobismo proprio di tutte le grandi capitali, che risulta impossibile
comprendere a fondo se non si vive qui. Noi italiani, tuttavia, a
volte tendiamo a dimenticare che Buenos Aires è stato il punto di
arrivo non solo di centinaia di migliaia di nostro connazionali, che
hanno lasciato un'impronta inconfondibile nella cultura e nella
stessa edilizia e urbanistica della città, ma anche di moltissimi
emigranti provenienti da altri paesi europei, che pure hanno dato il
loro apporto alla formazione dello spirito e della cultura locali. Ha
fatto caso a come qui le persone fanno ordinatamente la fila alla
fermata dell'autobus? Ho l'impressione che non sia un'abitudine che
deriva da noi italiani... Il risultato è che oggi ciascun europeo,
ciascun latinoamericano e persino ciascun asiatico (la comunità
cinese a Buenos Aires è numerosissima) ritrova qui un pezzo della
propria cultura e della propria identità, ed è per questo che
ciascuno finisce per sentirsi rapidamente a casa e a identificarsi
nella "sua" Buenos Aires. Ma la capitale argentina è la
somma di tutte queste identità culturali, un vero crogiolo di
nazioni e culture. E' per questo che lavorare qui nella promozione
culturale è particolarmente entusiasmante, anche se spesso
costituisce una sfida continua. I porteños, come si chiamano gli
abitanti di Buenos Aires, sono veri e propri "tifosi" della
cultura, seguono gli eventi culturali con una partecipazione e un
entusiasmo che ho visto in poche altre parti del mondo. Ma come tutti
i tifosi sono molto esigenti, guai a deluderli! E poi qui l'offerta
culturale è immensa, la competizione tra le istituzioni culturali
per assicurarsi il pubblico è spietata e bisogna rimboccarsi le
maniche per far arrivare ai giornali o al grande pubblico quello che
fai. Ma l'entusiasmo del pubblico poi ti ripaga sempre degli sforzi.
Lei
ha dato un’impronta particolare alla programmazione delle attività
culturali dell’Istituto che dirige da oltre due anni, dando rilievo
alle Personalità che illustrano la nostra cultura e il prestigio
dell’Italia nel mondo, cercando di rafforzare il legame culturale
della comunità italiana in Argentina con la Madrepatria. Ce ne vuole
parlare?
Ho
sempre ritenuto molto importante stabilire un proficuo dialogo con la
comunità italiana, anche quando lavoravo in paesi in cui essa era
decisamente meno numerosa. E' chiaro che gli Istituti Italiani di
Cultura si rivolgono a tutti, non solo al pubblico dei connazionali;
ma c'è stato un tempo, per fortuna ormai tramontato, in cui i
connazionali si sono sentiti tenuti un po' al margine dell'attività
degli istituti. Oggi è completamente diverso. La collaborazione tra
l'Istituto e le associazioni dei connazionali funziona benissimo, per
noi rappresentano tra l'altro un'efficace cassa di risonanza dei
nostri eventi. Tenga presente che questo è un paese in cui chi può
esibisce la propria ascendenza italiana (la "nona"
italiana, come dicono qui) come un blasone nobiliare. E' una cosa che
ogni volta mi commuove e che, da italiana, mi riempie d'orgoglio.
Piuttosto la vera sfida è ora coinvolgere i giovani: gli italiani
d'Argentina sono per lo più di terza o quarta generazione, quelli
nati in Italia sono venuti qui da bambini e si sono ormai totalmente
integrati; in proporzione sono pochi invece gli italiani giunti a
Buenos Aires da adulti negli ultimi decenni. Questo ci obbliga a
tener presente i diversi interessi e le diverse sensibilità dei vari
italo-argentini. Però una cosa li accomuna tutti: il grande orgoglio
di sentirsi italiani quando proponiamo loro eventi culturali di
qualità, e il calore con cui ci ringraziano. E' una cosa impagabile.
Fare
sistema. Secondo lei, la Cultura può essere una grande risorsa per
l’Italia, forse la più grande, anche fuori dai confini nazionali?
Certamente!
Ma non sono io a dirlo, ci sono studi autorevoli che sostengono che
la cultura è il nostro "petrolio". Sicuramente gli anni di
crisi economica che abbiamo attraversato e che stiamo attraversando
hanno aggravato la situazione relativa alla cura del nostro
patrimonio culturale e alla sua presentazione all’estero, anche per
quanto riguarda direttamente gli Istituti italiani di cultura. Forse
anche in questo qualcosa possiamo imparare dagli amici argentini: non
ho dati precisi e non so dunque se è una leggenda metropolitana, ma
pare che dopo il crack del 2001 a Buenos Aires non abbia chiuso
nessun teatro, e che anzi se ne siano aperti di nuovi. Non so se è
vero, ma mi piace crederlo. Quanto al fare sistema, ormai si opera
molto in questa direzione: sostenendosi a vicenda per raggiungere un
obiettivo comune; posso dire con soddisfazione che qui a Buenos Aires
rappresentiamo un esempio virtuoso: l'intesa tra l'Istituto,
l'Ambasciata, il Consolato, l'ICE, l'ENIT e il Teatro Coliseo è
ottima e continuamente mettiamo insieme risorse economiche e umane
per realizzare progetti culturali. Un esempio lampante è a giugno il
"Verano italiano", giunto già alla terza edizione: un mese
di cultura italiana, che porta nell'inverno porteño il calore e la
vivacità dell'estate italiana.
Di
formazione lei è anche musicista e ha studiato canto lirico al
Conservatorio. Quanto c’è di questa dimensione - storicamente
parte rilevante del patrimonio culturale italiano - nella sua
missione?
La
musica è un settore molto importante nell'attività degli istituti
di cultura, ma non è l'unica, perché dobbiamo occuparci di tutti
gli aspetti della cultura italiana, letteratura, cinema, arte, ecc.
Certamente ogni direttore ha le sue preferenze, però questo non deve
distoglierci dal presentare - con le modeste risorse disponibili - un
quadro il più possibile variegato della realtà culturale italiana.
Piuttosto, parlando di musica, mi piace ricordare che abbiamo
acquistato di recente per il nostro Istituto un pianoforte della
ditta Fazioli, considerata dagli esperti la migliore fabbrica di
pianoforti al mondo, la "Ferrari" dei pianoforti. Per me
anche questo è un modo di fare sistema e promuovere l'Italia.
Direttore,
secondo i dati recentemente emersi nel quadro della ricerca
“L’italiano nel mondo” della Farnesina, ben settantamila
persone - e il numero è solo indicativo per difetto - studiano
l’italiano in Argentina. Dal suo osservatorio quotidiano, conferma
l’interesse che la lingua italiana continua a destare in questo
Paese nel quale è particolarmente profondo e permanente il segno
della presenza italiana? L’Istituto che dirige quali iniziative
porta avanti in ambito linguistico? C’è una collaborazione con il
locale Comitato della Dante Alighieri, punto di riferimento per gli
italiani, gli italofili, gli argentini e non solo?
Conosco
bene quei dati e confermo l'enorme interesse che qui c'è per
l'Italia e per la lingua italiana, non solo tra gli italo-argentini,
ma anche tra coloro che hanno origini spagnole, tedesche, russe,
inglesi... Gli alunni dei nostri corsi sono per la metà circa
italiani di terza e quarta generazione, che in genere hanno il
passaporto italiano e che vogliono recuperare la lingua dei nonni,
magari per cercare un lavoro in Italia o semplicemente per poter
parlare con i loro lontani parenti italiani. Nei corsi di
conversazione predominano invece gli italiani di seconda generazione,
che da bambini a casa hanno parlato italiano, magari contaminato dal
dialetto, e che ora vogliono tenere viva o perfezionare la conoscenza
della lingua. Alcuni anni fa ci fu un alunno illustre dell'Istituto
appartenente a questo gruppo di italo-argentini: il cardinale
Bergoglio, oggi papa Francesco. Tra i giovani alunni dei corsi invece
ci sono moltissimi argentini che non hanno alcun legame familiare con
l'Italia. E poi ci sono moltissimi ragazzi colombiani, brasiliani,
cileni, peruviani che studiano in Argentina e che imparano l'italiano
da noi; tutti sono stati portati ad avvicinarsi all'Italia perché
hanno sentito parlare moltissimo del nostro paese a Buenos Aires e
hanno deciso di conoscerci più da vicino. Con la Dante Alighieri,
così come con le scuole italiane di Buenos Aires, abbiamo un ottimo
rapporto di collaborazione. Inoltre l'Istituto organizza corsi di
aggiornamento per docenti di italiano, aperti sia agli insegnanti di
italiano delle scuole, sia a coloro che insegnano l'italiano agli
adulti.
A
proposito di lingua italiana, il 29 aprile scorso è stato presentato
presso la sede centrale della Dante Alighieri, a Roma, il “Dizionario
Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo”
(dizionarioitalianinelmondo@gmail.com),
alla presenza del Segretario Generale dr. Alessandro Masi e di
Tiziana Grassi, che ha ideato e diretto il progetto. Lei lo
presenterà presso il suo Istituto il prossimo 19 maggio. Un
Dizionario,
sottolineo, che dedica molti lemmi all’emigrazione italiana in
Argentina, al cocoliche, alle tradizioni etnologiche ed etnomusicali,
ai principali insediamenti di italiani nel Paese, ai numerosi
gemellaggi con città italiane, ai cognomi, alla devozione - come
quella a Nostra Signora di Lujan a Buenos Aires -, ai nomi delle
strade, alle associazioni, ai Monumenti all’Emigrante, a Manuel
Belgrano, oriundo di Imperia che si batté per l’indipendenza
dell’Argentina, creatore nel 1812 della bandiera nazionale, oltre
agli studi onomastici su Papa Francesco, straordinario oriundo
italiano d’Argentina. Tanto premesso, come pensa di strutturare
l’evento del 19 maggio prossimo, quali saranno i Relatori e
soprattutto quanto ritiene possa essere importante, per la comunità
italo-argentina, un’occasione culturale su un’opera che parla di
loro, della loro storia, una storia italiana che ha fortemente
segnato lo sviluppo dell’Argentina?
L'importanza
e il valore culturale di una pubblicazione come il DEMIM per un paese
come l'Argentina è evidente. Come ho già accennato in precedenza,
qui il senso di appartenenza all'Italia, anche nel caso di coloro che
sono argentini da più generazioni, è fortissimo. Il punto è semmai
che molto spesso gli italo-argentini conoscono poco il nostro paese,
molte volte solo attraverso i ricordi familiari, intrisi di nostalgia
ma anche di amarezza nei confronti di una patria che non ha saputo
garantire loro un futuro e li ha costretti ad emigrare. Molti
italiani, inoltre, rompevano del tutto i contatti con la terra
d'origine una volta arrivati nella nuova patria. Era una maniera per
guardare in avanti e soffocare la nostalgia. Qui a Buenos Aires ho
sentito dire più volte che la città, che solo in pochi tratti ha un
lungo fiume sul Rio della Plata, dà volutamente le spalle all'acqua,
come per lasciarsi dietro simbolicamente il passato di stenti e
sofferenze che spinsero la maggior parte degli emigranti, italiani e
non, a lasciare i loro luoghi di origine. Tutto ciò, unito al
processo spesso forzoso di assimilazione imposto dalle nuova realtà,
ha creato una sorta di cesura nella memoria storica degli
italo-argentini. Provi a far vedere a un italo-argentino una cartina
dell'Italia e vedrà che immediatamente si metterà a cercare il
paese dei nonni; e se non lo trova, cosa assai frequente, perché
spesso gli emigranti riportavano ai familiari i nomi di piccoli
borghi o frazioni che non esistono nella toponomastica ufficiale,
allora inizierà a fare delle domande per sapere se almeno noi,
italiani di nascita, sappiamo qualcosa di quella remota parte
d'Italia. E' come un "Chi l'ha visto?" della geografia e
della memoria, veramente toccante, che rivela il desiderio di
riannodare dei fili di memoria e di affetti recisi dall'emigrazione.
Pertanto
uno studio come quello del DEMIM, dotato di rigore scientifico e che
fornisce dati concreti sull'emigrazione italiana, è fondamentale per
colmare la lacuna di informazioni che ancora esiste circa
l'emigrazione italiana in Argentina. Va detto tuttavia che negli
ultimi anni, soprattutto qui in Argentina, sono stati pubblicati
autorevoli studi sul fenomeno, analizzato in chiave socio-economica,
culturale e linguistica. Per la presentazione del DEMIM in Istituto
il 19 maggio avremo un panel di relatori straordinario: ci sarà in
primo luogo Tiziana Grassi, come lei ha appena ricordato; avremo poi
Francesca Ambrogetti, giornalista dell'ANSA e coautrice di una
biografia di papa Francesco, che parlerà dell'emigrazione italiana
vista dalla prospettiva delle donne; Carlos Alberto Mahiques, giudice
di Cassazione, parlerà del diritto penale italiano e della sua
influenza su quello argentino; infine avremo con noi Flavio Lauria,
sacerdote scalabriniano e Segretario Generale della Commissione
episcopale argentina dell'emigrazione e del turismo.
L’italianità,
l’appartenenza, l’identità, le radici, le ricerche genealogiche,
la Madre-Terra, le seconde generazioni, i discendenti, sono tra i
temi trattati nel Dizionario
Enciclopedico che sta
per presentare a Buenos Aires: nelle complesse dinamiche
transgenerazionali dei processi migratori, come vivono gli
italo-argentini questi sentimenti di legame identitario con il Paese
di origine?
In
generale devo dire che qui in Argentina, terra di immigrazione tutto
sommato recente, la ricerca delle radici e della propria identità
culturale è fortissima, direi quasi un tratto distintivo della
mentalità argentina. Per quanto ci riguarda, come ho detto poco fa,
il legame identitario con l'Italia è fortissimo tra gli
italo-argentini, direi quasi viscerale, che va al di là persino del
legame di sangue. Intendo dire che tutti gli argentini, italiani e
non, sentono di essere in qualche misura "italiani" quando
mangiano, si vestono, scrivono, pensano, fanno politica o vanno allo
stadio. E' una nazione plasmata di italianità, che prova un
istintivo senso di simpatia e affetto per noi italiani e a volte
persino di complicità, soprattutto quando si tratta di giustificare
le proprie magagne. Credo che la nostra missione, come Istituto di
Cultura e in generale come Sistema Italia, sia quella di far perno su
questo sentimento di affinità spirituale, presentando l'immagine di
un paese che non è più quello che lasciarono gli emigranti cento
anni fa, bensì un paese moderno, dinamico, che offre opportunità di
crescita personale ed economica.
Per
concludere, direttore Mazza, qual è il suo augurio per la comunità
italiana d’Argentina?
Che
possa conoscere sempre meglio il nostro Paese, che possano imparare
ad amarlo per quello che è stato nella sua storia millenaria ma
anche e soprattutto per quello che è oggi. E' questo il mio augurio
e la mia speranza. Ma molto dipenderà anche da noi "italiani
d'Italia", che a volte siamo i primi a denigrarci e a non vedere
il lato positivo di un paese che nonostante i suoi vecchi e nuovi
problemi, resta magnifico e seducente.
*Autore
e membro del Comitato scientifico del Dizionario Enciclopedico delle
Migrazioni Italiane nel Mondo