Terraingiusta, Rapporto Medu sulle condizioni dei braccianti stranieri in agricoltura

Cinque regioni dell’Italia centrale e meridionale sotto la lente di ingrandimento dei Medici per i diritti umani (Medu), che hanno verificato le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri in agricoltura. Undici mesi di indagine i cui risultati sono stati resi noti ieri con il Rapporto "Terraingiusta". Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria: seguendo il ciclo delle stagioni agricoli i medici di Medu si sono spostati in queste regioni mappando e visitando gli insediamenti abitativi dei lavoratori immigrati, quasi tutti, precisa Medu, in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Requisito che però non ha evitato a queste persone di sfuggire al lavoro nero, "grigio", e al sotto salario. Giulia Anita Bari, coordinatrice del progetto ci parla di due delle regioni sotto esame:
"Se in Calabria continua a essere rilevato questo triste primato dell’assenza di contratti di lavoro - nonostante la popolazione lavoratrice presa in esame sia sostanzialmente regolare nel territorio - in Basilicata abbiamo una percentuale più alta di contratti di lavoro ma si verifica tutta un’altra serie di irregolarità, legate molto di più alla questione del lavoro grigio. Quindi, le persone hanno un contratto di lavoro ma non sanno se dal datore di lavoro verranno versate poi effettivamente le giornate lavorate. E questo lo riscontriamo anche nei salari: in Calabria il salario medio è di 25 euro a giornata. La paga può essere concordata o a giornata o a cassetta, quindi il famoso 'cottimo'".
Dalla Piana di Gioia Tauro, alla Piana del Sele, dal Vulture Alto Bradano, all’Agro Pontino, alla Capitanata: problematiche socioeconomiche e culturali del territorio di lavoro - come scarso sviluppo, corruzione, inefficienza della pubblica amministrazione, ma anche infiltrazioni della criminalità organizzata - fanno da cornice non solo allo sfruttamento salariale e alla pervasiva pratica del caporalato, ma anche “all’inadeguata tutela della salute”. Ancora la Bari:
"Chiaramente, la questione della salute è da una parte collegata al fatto che queste persone soprattutto - stiamo parlando della popolazione stagionale in Calabria, in Basilicata - continuano, nonostante tutto, a vivere in condizioni chiaramente degradanti, cioè in strutture fatiscenti, abbandonate, senza acqua potabile, senza energia elettrica, senza la possibilità di accedere ai servizi igienici. Stiamo parlando, peraltro, di territori dove c’è un altissimo tasso di case sfitte, di case chiuse che potrebbero benissimo essere adibite a luoghi di accoglienza per lavoratori che probabilmente potrebbero anche pagare una quota di affitto. Stiamo trattando i lavoratori come se fossero dei profughi... Al di là del fatto che siano migranti, stiamo parlando della categoria dei lavoratori e quindi in quanto tali non si capisce perché debbano essere accolti nelle tendopoli".
Tra i 30 e i 39 anni: questa l’età dei lavoratori, prevalentemente uomini, provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana, e che al momento dell’arrivo in Italia normalmente presentano uno stato di salute “sostanzialmente integro”, scrive il Rapporto “senza patologie infettive da importazione”. Le dure condizioni di lavoro nei campi, però, intaccano presto i loro corpi:
"Le principali patologie rilevate sono quelle relative alle malattie osteo-muscolari, quindi legate alla tipologia del lavoro che queste persone svolgono: un lavoro fisico, nei campi, e spesso poi a casa le condizioni non aiutano il corpo a riprendersi dalla fatica svolta nei campi. Molto rilevanti sono anche le malattie dell’apparato digerente, connesse spesso allo stress, provocato anche qui dalle condizioni abitative, ma anche dal cibo che viene preparato in luoghi malsani, in cisterne di lamiera dove viene scaldata l’acqua che poi in parte viene utilizzata per il lavaggio e in parte per cucinare il cibo. Le altre malattie rilevate sono quelle relative all’apparato respiratorio, soprattutto in Calabria, quando la popolazione lavoratrice arriva nella regione d’inverno per la raccolta degli agrumi ed è costretta a vivere in situazioni molto precarie".
In tanti anni, fatti di tragedie e denunce, nulla è cambiato. Lo sfruttamento di questi lavoratori è rimasto di proporzioni ampie e l’attenzione delle istituzioni locali e nazionali è rimasta insufficiente. Medu chiede quindi l’adozione di provvedimenti urgenti “volti a migliorare fin dalla prossima stagione le condizioni di vita e di lavoro dei migranti impiegati in agricoltura”. Francesca Sabatinelli, Radio Vaticana, Radiogiornale del 10 aprile 2015.
Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top