I fallimenti
lavorativi possono portare a un accumulo di stress e all’insorgere
dell’insonnia, che fanno perdere il contatto con la realtà ed
emergere tratti di rabbia. Lo psichiatra Michele Cucchi, Direttore
Sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano, spiega i motivi
che hanno spinto Claudio Giardiello a compiere la tragica strage al
tribunale di Milano.
Un
gesto folle, guidato dalla sete di vendetta, che ha causato la morte
di 4 persone e il grave ferimento di una quinta.
E’ questo il risultato della folle mattinata al tribunale di Milano
di Claudio
Giardiello, il
57enne residente in Brianza che
si è reso protagonista della strage di giovedì mattina
che ha posto sotto gli occhi dell’opinione pubblica i limiti dei
livelli di sicurezza del palazzo di giustizia meneghino. Ma
cosa lo ha spinto a compiere questi omicidi? Quali meccanismi sono
scattati nella sua mente?
Secondo lo psichiatra Michele
Cucchi, Direttore
Sanitario del Centro
Medico Santagostino
di Milano, il killer
aveva accuratamente premeditato l’azione
in un periodo di forte crisi mentale causata da
stress, preoccupazioni crescenti e difficoltà a dormire,
architettando nei particolari una
vendetta cieca e spietata contro chi, a suo parere, lo stava
rovinando.
“Dietro
a questo comportamento si possono e si devono ipotizzare tante e
diverse possibili spiegazioni psicologiche – afferma lo psichiatra
Michele Cucchi – Il nostro compito è proprio quello di dare un
significato ai comportamenti di Giardiello, in modo da inserirli
coerentemente nella vita della persona. Nel
caso della strage del tribunale di Milano è davvero difficile
pensare ad una patologia.
Si tratta infatti di un
gesto ampiamente premeditato e lucidamente portato a compimento
secondo il piano prestabilito. Più facilmente le spiegazioni
vanno ricercate nella personalità,
indagando sulle variabili
di tratto della persona, messe sotto stress dalle variabili di stato,
ovvero le sue recenti esperienze: insonnia, preoccupazioni, litigi
continui, debiti, la perdita di status sociale.
Sono queste le variabili che possono aver trasformato
un carattere che possiamo più semplicemente definire ‘difficile’
in un vero e proprio movente criminale tipico di un assassino”.
Lo
psichiatra focalizza poi la sua attenzione sulla perdita di contatto
con la realtà, che ha creato le condizioni perfette perché si
potesse compiere la strage: “E'
la fenomenologia della vendetta architettata da una persona che ha
perso il contatto con la realtà e la razionalità, vivendo in uno
stato di lucida alienazione dal reale, fatto di perdita dei freni
inibitori. E' forse
possibile ipotizzare fosse una ‘testa
calda’, ovvero una
persona aggressiva,
sempre convinta di essere fregata,
quindi con tutta probabilità caratterizzata da una personalità
paranoica. Si può
anche ipotizzare un tratto della personalità antisociale,
caratteristica che conduce a comportamenti
oppressivi nei confronti degli altri, aggressivi e a un non rispetto
sistematico della regola,
qualcosa che può essere eventualmente messo in correlazione con le
difficoltà aziendali e il rischio di bancarotta”.