Campagna “Fiori d’Azzurro” contro il bullismo, alcune testimonianze arrivate sulla linea 1.96.96

Telefono Azzurro: #NonStiamoZitti - dal 13 al 19 aprile al via la Campagna “Fiori d’Azzurro” per rompere il silenzio sul bullismo e sui mille volti della violenza sui bambini (articolo completo). Leggiamo alcune testimonianze pervenute sulla linea 1.96.96.

Amelia ha 13 anni e frequenta la terza media. Chiama Telefono Azzurro per sfogarsi. «Nella mia classe c’è una bulla con le sue due amiche… mi insultano, mi prendono in giro, mi lanciano bigliettini con offese e cose non vere su di me durante le lezioni». “Ma sono anche manesche … succede anche che andando in mensa mi diano spintoni e mi sporchino con i pennarelli i vestiti dicendo che non sono alla moda e che almeno non li indosserò più … una volta mi hanno anche strappato le pagine del libro di storia”. Amelia dice di provare a difendersi, «ma siamo una contro tre e non ci riesco - racconta - a volte piango, mi viene una forte rabbia e tanta voglia che tutto questo possa finire». Rispetto agli altri compagni della classe, dice che «a volte stanno dalla mia parte, ma più spesso stanno con le bulle anche se loro non mi prendono in giro direttamente …però ridono e si divertono quando le bulle fanno le prepotenze … ma così facendo le bulle continuano perché loro ridendo le incitano … ma io ci resto molto male … e così mi sento sempre più sola e mi vergogno di come sono e di quello che mi sta capitando e faccio fatica a stare con gli altri». L’operatrice di Telefono Azzurro aiuta Amelia a parlarne in modo aperto con gli adulti di cui si fida, in primis con i suoi genitori e gli insegnanti, raccontando loro tutto ciò cha a scuola la fa stare male per trovare insieme delle soluzioni. L’operatrice aiuta Amelia a comprendere che non è utile cercare di rimanere isolata dagli altri compagni e che in situazioni così difficili non è da deboli parlarne con i propri genitori. Nel contempo grazie allo spazio di ascolto che gli viene offerto da Telefono Azzurro, Amelia comprende che è importante dire sempre quello che si pensa e come ci si sente in situazioni come questa, anche se non è sempre facile, poiché se si mantengono questi segreti le cose non possono cambiare. Amelia si sente inoltre molto sollevata quando l’operatrice le dice che non è lei ad avere qualcosa che non va e che succede, a volte, che i bulli facciano delle prepotenze perché è il solo modo che conoscono per stare con i compagni e per farsi accettare da loro. 
La preoccupazione di una mamma
Valerio ha 12 anni e frequenta la seconda media. Dall’inizio dell’anno, un gruppetto di compagni lo hanno preso di mira e ogni giorno all’intervallo lo offendono con un tono di voce acuto, ridono di lui, e mimano con movenze leggere al suo passaggio dei passi di hip hop. Sì perché Valerio si è da poco iscritto ad un corso di hip hop…il calcio non gli piace, il basket neppure e nemmeno le arti marziali lo interessano. La mamma chiama Telefono Azzurro: “Mio figlio è sempre più triste, non mangia, si isola, non vuole più andare a scuola…spesso piange senza un apparente motivo”. Forte la paura di esporsi: la signora pensa che il coinvolgimento della scuola possa aggravare la situazione. Ma l’operatrice le spiega l’importanza di un’azione e di un intervento con la scuola perchè il bullismo non si combatte stando in silenzio. La si invita a parlarne dapprima con un insegnante e successivamente con il dirigente scolastico per stabilire linee condivise di intervento. Dopo qualche settimana, la mamma di Valerio richiama Telefono Azzurro: la scuola si è dimostrata sensibile al problema e attenta al benessere di Valerio, attivando un progetto di prevenzione del bullismo in alcune delle classi e per Valerio un supporto ed un sostegno presso lo sportello di ascolto della Scuola.
Insieme contro il bullismo
Lorenzo ha 11 anni e da alcuni mesi viene preso di mira da tre ragazzi più grandi, che frequentano la terza media nella stessa scuola: “mi fermano, mi sfottono, mi minacciano, una volta mi hanno rubato il cellulare e me lo hanno buttato nel water, loro si divertono e ridono…una volta mi hanno chiesto la merenda dicendo che tanto io avevo già tanta ciccia e non avevo bisogno di quella merenda…”. L’intervallo per Lorenzo è diventato un incubo: andare in bagno, passeggiare per i corridoi, giocare in cortile. Pesantissimo il silenzio imposto dalle minacce: solo l’amico Marco, che ha assistito talvolta alle minacce, conosce il segreto. Preoccupato, ne parla con alcuni compagni e insieme chiamano Telefono Azzurro: l’operatrice li aiuta a capire l’importanza di chiedere aiuto cercando alleati fra compagni e adulti di riferimento -dai professori ai genitori- e invita i ragazzi a non lasciare Lorenzo da solo, contrastando tutti insieme i bulli a viso aperto…perché l’unione fa la forza. Dopo qualche settimana, l’insegnante di educazione fisica di Lorenzo chiama Telefono Azzurro, in quanto sollecitata dalle numerose richieste che i ragazzi le facevano. Si condivide quanto raccontato dai ragazzi, in particolare lo stato di malessere e di disagio di Lorenzo. L’insegnante ha subito chiara la situazione; pur non essendo a conoscenza dei dettagli riconosce le dinamiche rappresentate individuando immediatamente le modalità di “gioco e divertimento” del gruppetto dei ragazzi di terza media. A seguito del confronto con Telefono Azzurro, l’insegnante informa la Dirigente la quale si adopera nel breve a “lavorare” con i ragazzi di terza, a sensibilizzarli riguardo alle conseguenze delle azioni di bullismo.
Lucrezia ha 16 anni e frequenta il terzo anno del liceo classico, è una ragazza molto brava a scuola ed ha una grande passione, l’hip hop. Contatta Telefono Azzurro tramite chat attraverso il suo smartphone e riferisce di trovarsi negli spogliatoi della sua scuola di danza e di essere molto triste: “le mie compagne di corso mi hanno fatto delle foto mentre eravamo in sala prove e le hanno messe sul nostro gruppo di whatsapp… sono un po’ in sovrappeso e loro prima di escludermi dal gruppo hanno commentato che sono un elefante che balla, che faccio tremare i muri quando salto, che devo ritirarmi dalla scuola perché faccio schifo…”. Lucrezia esprime profonda sofferenza ed è incontenibile nella sua preoccupazione perché una delle compagne di danza ha condiviso una delle foto su facebook; alcuni compagni di classe di Lucrezia l’hanno anche derisa e delle ragazze hanno scritto “ma si può ballare se si è così grasse?! Ritirati!”. La ragazza è sconfortata, preoccupata, si sente umiliata e arrabbiata col mondo…si sente sola e spaventata per il fatto che le foto possano continuare a circolare fuori da ogni controllo. Si valorizza il coraggio di Lucrezia per aver cercato un sostegno in un momento di difficoltà e si propone alla ragazza la possibilità di ricevere un aiuto per evitare che le foto vengano ulteriormente diffuse ad altre persone e che i suoi conoscenti continuino a commentarle in modo spiacevole. Lucrezia si dice sollevata per l’aiuto offerto. Inoltre si riflette sulla possibilità di informare i genitori e l’insegnante di danza affinchè quest’ultima possa farsi portavoce del suo disagio e del suo malessere all’interno del gruppo. Lucrezia non deve rinunciare al suo sogno di ballare…
Paola ha 12 anni e da quando ha iniziato la scuola media viene presa in giro dai compagni “dicono che mi comporto come una bambina…nella mia classe ci sono quattro bullette femmine che da più di anno hanno iniziato a fumare perché frequentano amici più grandi. Io non ho mai accettato anche se cercano in tutti i modi di farlo fare anche a me. Me l’hanno chiesto più volte e ieri, dopo l’ennesimo rifiuto, mi hanno detto ‘allora tu non fai per noi’. Questo mi ha fatto soffrire molto ma ho cercato di non darlo a vedere…e loro non contente nel pomeriggio hanno creato un gruppo su Whatsapp intitolato ‘piccole bambine non crescono’…hanno invitato tutta la classe ed hanno iniziato a coinvolgere tutti i miei compagni nella presa in giro…’sei una bambina’…’non sai far niente’…’forse dovresti iscriverti di nuovo all’asilo’ e cose così. Io mi son sentita una nullità, tutti scrivevano come se io non ci fossi…poi gli insulti si son fatti più pesanti ‘cretina’, ‘deficiente’, ‘nullità’ e cose così e mi hanno escluso dal gruppo. Non potendo più leggere quello che scrivevano mi sono immaginata chissà cosa e mi sentivo morire. Non ho raccontato niente a nessuno e mi sono chiusa in me stessa, inventano delle scuse con mia mamma per non andare a scuola il giorno dopo. Ci sono riuscita per due giorni poi sono stata costretta a ritornare perché non sapevo più che scusa inventare con la mamma. Il giorno in cui sono rientrata le facce dei miei compagni mi sembravano enormi e mi sentivo come se tutti nella scuola parlassero di me; mi sono seduta al mio posto e ho sperato che qualcuno mi si avvicinasse. Solo il mio compagno di banco mi ha chiesto ‘come stai?’ e lì ho capito che dovevo parlarne con qualcuno e farmi aiutare. Gli ho raccontato un po’ le cose e lui mi ha detto che stando zitta e subendo avrei fatto il loro gioco e la catena non si sarebbe mai interrotta. Mi ha parlato di Telefono Azzurro così nel pomeriggio ho scritto in chat perché mi vergognavo a parlarne”. Paola scrive raccontando “stanno esagerando ed io non so come uscirne e mi sento sola contro tutti”. L’operatrice di Telefono Azzurro, accogliendo e legittimando i suoi vissuti emotivi, rinforza la difficile scelta di non conformarsi al comportamento delle amiche ritenuto non corretto ‘so che fumare non fa bene e non voglio farlo”.
Paola è preoccupata per le difficoltà nella relazione coi suoi compagni di classe ma esprime anche il timore di deludere la mamma “abbiamo un buon rapporto e potrebbe offendersi perché ho chiamato voi e sono stata bugiarda nel chiederle di stare a casa due giorni da scuola per un mal di pancia finito”.Nel corso della richiesta di aiuto a Telefono Azzurro che Paola fa in chat, dopo un’iniziale fase di resistenza, Paola decide di dirlo alla mamma, la cui immagine si trasforma da ‘una nemica in più’ ad ‘nuova alleata’; con l’aiuto dell’operatrice, la ragazzina individua quindi il momento ed il modo più opportuno per parlarne con il genitore. L’operatrice propone inoltre alla minore di far presente al genitore la disponibilità di Telefono Azzurro nell’offerta di uno spazio di ascolto e consulenza psico-pedagogica con l’obiettivo di sostegno e supporto per gestire il delicato problema della figlia. Inoltre, alla luce delle difficoltà espresse, l’operatrice propone a Paola un confronto tra Telefono Azzurro e la Dirigente scolastica con l’obiettivo di anticipare quanto raccontato e vissuto dalla ragazza, agevolando così Paola nell’espressione e nel racconto del proprio disagio alla Preside. Successivamente la Preside della Scuola di Paola informa che la nostra segnalazione è stata colta come occasione per affrontare nel contesto classe alcuni importanti temi come i comportamenti a rischio nella pre-adolescenza, il bullismo e il cyberbullismo ed il sostegno nelle relazioni tra pari. L’intervento della Scuola ha così attivato un processo di cambiamento che ha interessato non solo i ragazzi direttamente coinvolti in episodi di prepotenza ma anche il gruppo dei compagni “spettatori” quali “agenti di cambiamento”, facendo leva sulle risorse positive della classe, sulla capacità dei ragazzi di provare empatia per i compagni in difficoltà. Il gruppo “piccole bambine non crescono” è stato cancellato…
Sara, 14 anni. “Mi sento brutta e diversa dalle altre”. Sara ha 14 anni e frequenta la prima classe del Liceo Classico; a lei non piace vestirsi alla moda, né ascoltare i “One direction”. Non ha un account facebook, ma è comunque appassionata di nuove tecnologie “mi piace fare amicizia attraverso i giochi virtuali… in rete mi sento sicura… mi sento libera di esprimermi senza essere giudicata per l’aspetto fisico”. Racconta infatti che spesso i compagni “mi prendono in giro… la mia compagna mi ha detto che su facebook mi chiamano pizza margherita perché ho un po’ di brufoli”. Precisa che “gli insegnanti non lo sanno perché i compagni lo fanno su facebook… mi sono anche creata un account falso per controllarli, ma ogni volta che leggo i loro commenti sto male”. Un giorno su uno dei suoi giochi virtuali preferiti conosce Valerio, un coetaneo, che “si dimostrava sempre molto gentile con me, mi scriveva molto e mi diceva cose carine… per la prima volta mi sono sentita apprezzata per quello che sono e non per come mi vedono gli altri”. Sara scrive che per un mese Valerio l’aveva fatta sentire “così apprezzata che mi sentivo sicura di me”. Così alla richiesta di conoscerla non aveva dimostrato alcun timore “mi sentivo pronta… ho avuto solo un dubbio quando mi ha chiesto la foto per riconoscermi ma davvero ero così certa che sarebbe andato tutto bene”. Sara decide così di inviargli una propria foto in primo piano e dopo le rassicurazioni di Valerio ha deciso di inviargliene anche a corpo intero. Sara era contentissima, anche perché Valerio le aveva inviato a sua volta una foto “e non ci credevo da quanto era bello”. Dopo qualche giorno avevano deciso di incontrarsi alla fermata della metro. La gioia di Sara è durata poco… il giorno dopo l’invio delle foto appena entrata in classe “tutti hanno iniziato a ridere e io non capivo”. La compagna di banco le ha fatto vedere tramite il cellulare una pagina di facebook dove erano postate le sue foto modificate “in una avevo il corpo nudo e pieno di pustole e nell’altra al posto della faccia avevo una pizza… e c’erano commenti su frasi carine che avevo riferito a Valerio”. L’amara scoperta che Valerio altro non era che un fake, un compagno di classe che si era divertito a prenderla in giro per spingerla ad inviare le sue foto. Telefono Azzurro comprende quanto la sofferenza, l’amarezza, la rabbia, il dolore, la solitudine e la vergogna di Sara siano grandi e per questo le offre uno spazio di ascolto nel quale la contiene e la rassicura ricordandole che da oggi non sarà più sola, perché ha avuto il coraggio di chiedere aiuto. L’operatrice di Telefono Azzurro l’aiuta a comprendere che non è da deboli chiedere aiuto e che in situazioni come questa è importante parlarne con i genitori. Dopo aver parlato con i genitori, l’operatrice coinvolge insieme a loro anche il Preside della scuola che interviene sull’intero gruppo classe parlando apertamente del problema e spiegando che per una situazione analoga in passato la Scuola aveva già interessato la Polizia Postale. E’ a questo punto che il finto Valerio si è fatto avanti ammettendo di aver creato un falso profilo per divertimento. Dopo aver chiesto scusa a Sara, Lorenzo (il finto Valerio) elimina foto e commenti sul conto di Sara. Molti compagni hanno compreso di essere corresponsabili per aver condiviso e appoggiato questa forma di divertimento. Grazie al prezioso sostegno dei suoi genitori, degli insegnanti e di qualche compagna, Sara ha però deciso di dare a tutta la sua classe una seconda possibilità…
Fattitaliani

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