Compositore, oboista, autore sempre attento all'incrocio dei linguaggi, Max Fuschetto ha raccolto gli ottimi risultati di Popular Games (2010) e ha lavorato sperimentando nuovi equilibri e inedite combinazioni sonore: nel nuovo disco Sùn Ná la messe strumentale e vocale sospende e sfuma il confine tra gli strumenti tradizionali e il corpo elettronico e, come di consueto nella scrittura di Fuschetto, spicca il crossover linguistico. Sùn Ná è un elogio della diversità e delle connessioni: si canta in francese, in inglese, in lontane lingue africane, in arbereshe, tra musica colta, etnica, popular, improvvisazione e molto altro.
Sùn
Ná
si presenta subito ricco di elementi, suggestioni e sfumature. La
prima, che probabilmente incuriosirà molto, è il titolo. O meglio,
la parola chiave per comprendere l’intera impalcatura dell’album…
Sùn
Ná…
quando qualcuno mi chiede cosa significa mi diverto a suggerire di
leggerlo in dialetto. A questa richiesta la magica parola dischiude
immediatamente la sua corolla di significati. Lui o lei come ridesti
da un breve incantesimo rispondono: sognare, ecco, Sunnà. Anche per
me che ero partito da Sùn
Ná
– due parole di lingua Yoruba presenti in un canto raccolto da
Gerhard Kubik in Africa che significano “dormi ora” – che avevo
utilizzato come parola chiave del primo brano del disco, Oniric
States of Mind,
c’è stato l’improvviso schiudersi di un’assonanza che sulle
prime non avevo colto. Sùn
Ná,
dormi ora; Sunnà, sognare. Occhi aperti occhi chiusi…
Sei
reduce dal successo di un disco importante come Popular
Games:
inevitabile chiederti che differenze ci sono tra quello e Sùn
Ná.
Popular
Games
proponeva brani provenienti da lavori differenti e portava con sè la
stratificazione e la differenza che disegna il tempo che passa. Ero
riuscito a dargli una certa unità perchè l'avevo completamente
riscritto ma permaneva l'idea di una collezione di oggetti, alcuni a
cui sono ancora molto legato, che con Sùn
Ná ho
voluto superare. In Popular
Games è
come se
qualcuno fosse entrato in casa mia in un giorno disordinato… Con
Sùn Ná
ho
tentato di mettere ordine, ha un suono complessivo più omogeneo e
una poetica più profonda e ramificata, dà più spazio alle voci che
in Popular
Games
rimanevano un po' isolate. Tuttavia Sùn
Ná è
anche un oleogramma di Popular
Games, ne
amplia delle direzioni e ne annulla altre...
Un
passaggio chiave per arrivare a questo nuovo album è la
collaborazione con le Percussioni Ketoniche, che ti ha condotto verso
la world music e l’elettronica. Quanto c’è di questo in
Sùn Ná?
Il
tempo della realizzazione di Sùn
Ná è
stato
attraversato
da molte cose, da molta scrittura anche se non sempre pubblicata, da
vari tour tra cui quelli con le Percussioni Ketoniche che ci hanno
portato in festival importanti. Per le Ketoniche ho riscritto Nuragas
per
campanacci ed elettronica e questa ansia di nuovi materiali sonori
c'è anche in Sùn
Ná.
In
Paisagem do Rio ad
esempio ho usato i campanacci, le campane registrate in una
performance live mettendoci l'iphone dentro, una tavola di legno per
le percussioni delle parti centrali, un oboe solitario che realizza
un doppio slide come fosse una chitarra elettrica con l'ebow ecc. Di
fronte ad un paesaggio fluviale ho immaginato in che modo l'aria
potesse trasformarsi in suono... anche la ruggine muore dalla voglia
di lasciarsi grattare.
Una
caratteristica affascinante dell’opera è il crossover linguistico:
un processo reale, fatto di viaggi, field recordings e contatti
diretti oppure affidato alla sola tua immaginazione?
Il
mio stesso parlare è un crossover linguistico: dialetto (vivo
ascoltando almeno tre dialetti), italiano, inglesi maccheronici, un
orevuar
qua e là, la lettura di autori giapponesi coi loro fouton
ecc. Ma Sùn
Ná vive
soprattutto di relazioni, tante. Ogni musicista ha portato il suo
accento, la sua voce personale. Il mio compito è stato quello di
farle dialogare insieme in maniera coerente. Per capire cosa intendo
basta ascoltare Qem
Ma Tia,
dove la
chitarra di Pasquale Capobianco si intreccia in maniera inscindibile
con la voce di Antonella Pelilli. Affinchè questo fosse possibile –
e all'inizio non lo era affatto… – ho dovuto immaginare soluzioni
espressive e formali completamente nuove rispetto al passato.
Mettendo a confronto la stessa canzone nell'originale di Popular
Games e in
quella rielaborata di Sùn
Ná si
avverte la direzione nuova e più aggrovigliata di quest'ultimo
lavoro.
Una
componente importante della tua musica, come emerge anche da
Sùn Ná,
è la world music, eppure anche stavolta tutto sembra trasfigurato,
più che “concreto”…
Molti
dei compositori che conosco meglio degli altri, che spesso non
conosco proprio, spesso sono partiti dalle musiche che definiamo
etniche
per realizzare qualcosa di completamente diverso. Per me il connubio
tra il pensiero musicale dei Bartok, degli Stravinskji, dei Debussy e
quello delle tribù Ewe del Ghana, degli Aka Pigmei del centro Africa
è un tutt'uno. Leggo, immagino, traccio ipotesi di direzioni ma
soprattutto mi chiedo sempre cosa posso fare che non è già stato
fatto. Ad esempio sia Reich che Ligeti hanno attinto dalla musica
africana e io non posso fare come hanno fatto loro. Sarebbe ridicolo.
Ecco che mi affaccio alla finestra e vedo passare Paul Klee, mi
saluta e scambiamo quattro chiacchiere... Sùn
Ná vive
di sfondi accuratamente elaborati, come nei quadri di Klee e di
“oggetti” – motivi, ritmi, cluster ecc – che vi galleggiano
sopra.
Unire
la musica colta contemporanea, la melodia dei tuoi amatissimi Beatles
e la musica africana è compito impervio oppure esistono degli
elementi in comune che favoriscono tale confluenza?
Sono
semplicemente me stesso, ammetto che la sintesi di molte influenze ha
il prezzo di una scrittura quotidiana protratta per molto tempo, ma
solo dopo una lunga immersione – scomoda e abbastanza sofferente –
è possibile tirare fuori una voce personale che è la condizione per
poter dire una parola nuova. Spero di esserci riuscito.
Sùn
Ná trae
ispirazione anche da ambienti extramusicali: quali sono gli autori o
le sfere artistiche e letterarie che ti hanno accompagnato?
Innanzitutto
Paul Klee: condivido il suo stesso amore per la natura e la necessità
interiore che l'arte derivi da essa. Conosco tutti i suoi saggi
pedagogici e li rileggo continuamente. Samaher
è un
personaggio del romanzo La
sposa liberata
di Yehoshua: nel leggerlo mi sono reso conto che i rapporti tra ebrei
e arabi sono molto più complessi e articolati di quel che si crede e
ho voluto subito realizzare un brano che desse conto di queste voci
che vanno insieme, che sussurrano, che gridano.
Tua
tutta la musica, per i testi c’è lo zampino di Antonella Pelilli e
Monica Mazzitelli. Cosa puoi dirci di questa collaborazione?
Ci
sono due miei testi: uno in ingresso, Sùn
Ná, uno
alla fine, il Giardino
segreto,
che rappresentano le coordinate poetiche dell'intero lavoro. Nel
Giardino
segreto
c'è una rilettura postmoderna della lirica trobadorica: si parla di
un lui o una lei che attendono l'altro che si è incamminato per le
vie dell'Oriente, un Oriente che ricorda i viaggi delle Crociate ma
che oggi si riverbera negli specchi delle costruzioni levantine
ultramoderne. Su questo canovaccio si inserisce la poesia di
Antonella Pelilli che vive di una sua autonomia e racconta di
elementi sempre rivoluzionari come quelli della natura, di sentimenti
complessi che coinvolgono l'amore e la spiritualità inserendosi e
superando la tradizione della lirica arberesh. La mia amica e
scrittrice Monica Mazzitelli ha dato un significativo contributo con
la scrittura della parte in inglese di Oniric
States of Mind
e mi ha aiutato a migliorare la sintassi del testo di Paisagem
do Rio.
Anche
nella scelta dei musicisti c’è del sorprendente, pensiamo a
Capobianco e Vairetti, che provengono da un ambiente prettamente
rock, quello degli Osanna…
La
chitarra elettrica è uno strumento che presuppone una notevole
consapevolezza estetica. Da questo punto di vista, Pasquale
Capobianco è uno di quei chitarristi che sanno scegliere il modo in
cui inserirsi, il suono da tirare fuori, l'essenzialità a cui mai
rinunciare. Ascoltare i brani dopo le prime sessioni di registrazione
è un lavoro fondamentale, di solito non va mai bene nulla. Intanto
che miglioriamo le varie parti a me vengono in mente altre idee
compositive e, in genere, alla fine accade che il brano di partenza è
notevolmente differente da quello di arrivo. Anche con Irvin
Vairetti, voce di mie diverse canzoni, c'è una vicinanza stretta
fatta di lunghi colloqui che mi consegnano una grande forza nel
procedere. Vorrei però ricordare anche il notevole contributo dei
miei amici musicisti che hanno realizzato con me il suono di Sùn
Ná:
oltre Antonella, Pasquale e Irvin, Franco
Mauriello al clarinetto, Silvano
Fusco al violoncello, Luca
Martingano al corno, Valerio
Mola al contrabbasso, Vezio
Iorio alla viola, Giuseppe
Branca al
flauto, Giulio Costanzo
vibrafono, marimba e tamburi a cornice e infine Andrea
Paone alle percussioni con Marco
Caligiuri.
Non
passerà inosservata la presenza di una grande voce, quella di Andrea
Chimenti nel brano finale. Com’è nata questa partecipazione?
Grazie
a Monica Mazzitelli ho potuto conoscere ed apprezzare l'arte e la
voce di Andrea Chimenti.
Quando ho
immaginato che ne Le
Roses d'Arbèn sarebbe
stata una originale variante, in virtù dell'idea poetica di base
riferibile alle liriche trobadoriche (un dialogo tra un lui e una
lei), mi sono detto che l'estensione della melodia era perfetta per
la voce di Andrea, così gli ho fatto ascoltare il brano e a lui è
piaciuto molto, tanto che abbiamo immediatamente registrato. Né è
venuta fuori una cosa completamente naturale, la partecipazione di
Andrea rispondeva a una necessità di natura estetica e ho trovato
questo molto bello.
Con
la regia della Mazzitelli hai anche girato un videoclip speciale, che
sarà pubblicato a breve. Cosa puoi anticiparci?
Il
videoclip è stato girato a Roma e abbiamo utilizzato come soundtrack
proprio Le
Roses d' Arbèn ma,
in linea con un procedere sempre per strade oblique, il contenuto
delle immagini percorre una strada diversa da quella del testo della
canzone. Il “soggetto” sono gli oggetti
magici, quelli
che caratterizzano le nostre infanzie. Ognuno ha i suoi e io ho
portato i miei... penso che grazie a Monica
e alla
presenza nel video di Andrea Chimenti, Antonella Pelilli, Pasquale
Capobianco e me ne sia venuto fuori qualcosa di interessante, un
luogo in cui ritrovarsi.
Sùn
Ná sarà
anche uno spettacolo? Cosa accadrà prossimamente?
Dal
21 Marzo, dall'arrivo della Primavera, Sùn
Ná verrà
presentato in tutta Italia a partire da Napoli. La forma sarà quella
del concerto che riproporrà i brani del disco e verificherà di
performance in performance se e come questo sogno
diverrà un'esperienza condivisa.
Sùn Ná godrà di un corposo tour promozionale, inaugurato con uno streaming in esclusiva sul magazineSentireAscoltare. Le prime date sono: 21 Marzo (Domus Ars, Napoli), 17 Aprile (Museo del Sannio, Benevento), 18 Aprile (Biblioteca Provinciale, Campobasso), 20 Maggio (Giulianova), 29 maggio (Fano e Pesaro), 30 Agosto (Ieranto), 3 settembre (Irno Festival, Salerno).
Antonella Pelilli: voce
Pasquale Capobianco: chitarre
Giulio Costanzo: percussioni
Silvano Fusco: violoncello
Irvin Vairetti: voce
Valerio Mola: contrabasso
Andrea Paone e Marco Caligiuri: batteria
Vezio Iorio: viola
Franco Mauriello: clarinetto
Luca Martingano: corno
Giuseppe Branca: flauto
Andrea Chimenti: voce
Max Fuschetto: oboe, sax soprano, pianoforte, piano rhodes
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Max Fuschetto:
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