CIOCIARIA: VECCHIE SCEMENZE E BAGATTELLE

Non vogliamo incomodare Freud per comprendere o almeno per dare una spiegazione al livore e alla malevolenza che nostro malgrado siamo obbligati a rilevare e a costatare ogni qualvolta certa stampa, anche di notoria reputazione, si occupa della Ciociaria, come mi fa rilevare un amico che indignato mi segnala quanto qui appresso.

Quando scoppiò il caso ‘fiorito’ oltre che a parlare di ‘antropologia ciociara’ e similia, qualche giornale quotidiano addirittura redasse un opuscolo apposito sull’argomento ‘fiorito’ che distribuì nelle edicole italiane; non menzioniamo come si sbellicò dalle risa quando, precedentemente, era scoppiato il caso del ‘vaccaro di castelliri’, e di nuovo interpretazioni ed ermeneutica ciociare. Poi nel novembre dello scorso anno sempre il benemerito ‘Corriere della Sera’, è il giornale di cui in verità stiamo parlando, realizzò un inserto di 48 pagine dedicato al Lazio e anche in questo caso il lettore attento quasi nulla e niente vi rinvenne di idoneo e stimolante a fargli consigliare un viaggio verso la terra di Ciociaria! E di motivi, per tale dislocazione, ce ne sarebbero più di quanti si immagina. La prova più elementare dell’interesse del prestigioso quotidiano milanese verso la Ciociaria si evince già dal numero di pagine dedicate in tale inserto alle province di FR e di LT: su 48, nove alle due province e quasi quaranta alle restanti tre! E oggi ci risiamo, con la pubblicazione DOVE -medesimo gruppo editoriale- e su scala ancora più ostile e derisoria. Già il titolo in copertina è un preannuncio: “Ciociaria felix: sapori forti, calde locande e volti antichi”: invero si tratta delle cosiddette espressioni caucciù, di gomma, buone per tutti: se togli ‘Ciociaria’ e scrivi: Salento o Capitanata o Cilento o Langhe o Franciacorta o quello che si vuole, vanno bene ugualmente!
I signori giornalisti che si vogliono occupare della Ciociaria, di solito ricorrono o alla Treccani o alle guide rosse del TCI per documentarsi. Altro non hanno, poiché tutto quanto disponibile sull’argomento ‘Ciociaria’, salvo qualche recente pubblicazione, non fa che ripetere quanto qui contenuto, in molta parte, a mio avviso, inesatto e/o omissivo. Detto saggio sul periodico DOVE (n.3 marzo 2015) occupa dieci pagine con numerose belle fotografie, più una mezza a pagina sei. Ed effettivamente, trattandosi di una rivista dedicata ai viaggi, del territorio che l’articolista identifica come Ciociaria, coerentemente alla sua idea di viaggio, tutto vi è dedicato solo e unicamente al mangiamento e al dormimento, in verità con grande cura e attenzione: si notano perfino delle preferenze e suggestioni direi personali dell’articolista che parecchio si sofferma, per esempio, su qualche albergatore o trattore a Castro dé Volsci e a Picinisco ma, quale contrappasso, totale assenza di citazione di quanto, tra l’altro di veramente sperimentato e molto più antico, a San Donato, ad Atina, ad Alvito, per esempio. Ma questi sono dettagli poiché mangiare e dormire è raccomandabile dovunque. A proposito, chi viene a mangiare e a dormire in Ciociaria viene anche informato, ma con la citazione dei soli nomi, probabilmente per evitare tentazioni dispersive, che esistono quattro abbazie, che Anagni è perfino la città dei papi e che c’è anche il Sacro Speco a Subiaco. Naturalmente la descrizione dei prodotti gastronomici e delle trattorie e degli alberghi diffusi e dei luoghi e ditte dove si può fare perfino la spesa dei prodotti, occupa il 99% dello spazio descrittivo. Dunque in Ciociaria, secondo il periodico in questione, si viene per mangiare, dormire e fare qualche altra cosa di inerente! Che sia il nostro lettore a esprimere pareri e giudizi su tali affermazioni e raccomandazioni.
D’altro canto si può essere certi, matematicamente, che il lettore di DOVE apprenderà quasi tutto sulla gastronomia e gli alberghi diffusi e le trattorie (chissà perché non vi si parla del cabernet e degli amaretti) ma non avrà capito assolutamente nulla della geografia della Ciociaria, cioè dove esattamente si trova e che cosa è, pur se vi si menzionano perfino Fossanova, Subiaco, Palestrina, i Monti Simbruini: infatti tra le descrizioni delle località gastronomiche o dormitorie, esatte e puntuali, e quelle geografiche, esiste un abisso incolmabile: si prenda la cartina alla fine dell’articolo e il lettore del periodico apprenderà che la Ciociaria in realtà è quel territorio striminzito e ridicolo racchiuso perfettamente tra Acuto Fumone Ferentino ed Anagni!! In verità quanto nel nostro titolo, scemenze e bagattelle, è molto riduttivo di fronte a tali gigantesche e macroscopiche disinformazioni e devianze. L’unica parte sicuramente stimolante e atta a far preparare le valige ad ogni viaggiatore, sono le esaustive discettazioni che si leggono nell’editoriale a pagina 6 intitolato ‘Ciociaria deluxe’ dove per quasi tutta la lunghezza della mezza pagina disponibile, si illustrano e descrivono con attenzione e competenza e grande dovizia di dotte osservazioni, le mansioni e la giornata lavorativa del monaco nel convento e quanti tipi di conventi esistono. Altresì l’articolista di DOVE illustra le cioce: “….le cosiddette ciocie, le scarpe in cuoio e tela dei pastori…”: e si capisce anche perché il viaggiatore di DOVE intraprende i suoi viaggi solo per mangiare, dormire e connessi: infatti se la suddetta rivista lo avesse motivato a visitare almeno uno dei musei sparsi nel pianeta, vi avrebbe sicuramente ammirato appeso a una parete qualche quadro che ritrae il personaggio ciociaro in costume con le cioce ai piedi e come in verità sono fatte! Come pure stimolante per il viaggiatore e altamente informativa e istruttiva, è l’altra verità citata/ricordata dall’articolista: “Burino, anzi cafone. L’immagine del ciociaro villano è da tempo consegnata alla storia”. Come si vede si torna all’inizio, a nulla servono pretesti ed espedienti gastronomici e di altra natura per distrarre e distogliere, anche se si tratta di provolette e di salamini di qualità e di qualche titolo roboante : la sostanza è sempre la medesima secondo il Corsera: il pericolo, non ricordo chi lo ha scritto o detto, di una ‘ciociarizzazione dell’Italia’ e perfino di una ‘ciociarizzazione andreottiana’ è sempre attuale!
Ma la colpa di tutte le disinformazioni e deformazioni sulla Ciociaria quali quelle fin qui evidenziate non sono imputabili tanto a chi le scrive, pedissequo e/o plagiario o semplicemente disinformato, bensì alle istituzioni ciociare che fino ad oggi, oltre alla cementificazione e asfaltamento selvaggi e deturpanti del territorio, nulla e niente hanno mai di intelligente realizzato e offerto, per far conoscere un po’ più da vicino questa Terra.

Michele Santulli        
Fattitaliani

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