La festa dei gatti, Fattitaliani intervista Monica Marelli: "osservarli è un grande insegnamento"

Gatti e amici dei felini più amati, oggi è la vostra festa: da venticinque anni a questa parte, la data è riservata a questi dolci e sempre misteriosi animali. Fattitaliani ne ha parlato con Monica Marelli, giornalista e divulgatrice scientifica, grande amante e conoscitrice dei gatti, autrice del libro “Perché i gatti si fanno d’erba e noi siamo pazzi di loro” (De Vecchi editore, pagg. 240, €11,90.) L'intervista.
Molto carino evocativo e divertente il titolo... Come nasce questa scelta? 
Devo confessare che l'idea me l'ha data una mia cara amica, che paradossalmente non ama particolarmente i gatti ma è una grande professionista dell'editoria. 
Com'è cambiato e si è evoluto nel tempo il suo personale rapporto coi gatti?
E' cambiato gradualmente: negli anni si è fatto più profondo. La prima gatta si chiamava Grigiona e avevo dodici anni. La adoravo ma non capivo fino in fondo il valore di poter condividere la vita con un animale così splendido. Da allora ho sempre avuto gatti e ho capito che loro provano sentimenti veri, autentici. E che il fatto che si affezionino alla casa e non all'umano, è una colossale balla. Certo, mi dicono: "Figurati, prova a cambiare casa, vedrai come si agitano, anche se ci sei tu!". Ma questo è ovvio: anche noi quando dobbiamo cambiare "tana" ci sentiamo agitati e ansiosi, il cambiamento di casa è uno degli eventi più stressanti! Purtroppo i pregiudizi nei confronti dei gatti sono ancora tanti. Il gatto è capace di amare il proprio umano e sta a noi capire i suoi messaggi affettuosi.
Le prime "parole" che vi scambiate al mattino?
Da parte loro è facile: un miao che mi trapana le orecchie, il tipico miagolio della fame. E io rispondo: "Ma certo topolotti, adesso arrivo!" E loro mi precedono portandomi verso la cucina, dove osservano ogni mio movimento, quasi ad assicurarsi che stia davvero preparando qualcosa da mettere nelle ciotole.
Quali curiosità in particolare soddisfa il libro? quali cliché conferma e quali smentisce?
Tanti cliché. Dal fatto chei gatti si affezionano davvero al loro umano a quello del farsi le unghie: non grattano per affilarle (nascono già appuntite) ma per esfoliarle, cioè per favorire il rinnovo e soprattutto per lasciare il loro odore, una traccia che li tranquillizza, che li fa sentire "a casa". E poi si parla dei loro super-sensi (non vedono se c'è buio pesto ma sono sensibili agli ultravioletti), dei loro peli "appiccicosi", di come è nata l'idea (geniale) della sabbietta, di come mai internet è pieno zeppo di gatti, del perché fare le fusa non è sempre indice di benessere e tantissime altre cose.
Cani e gatti sono davvero così diversi fra di loro e nel rapporto con gli esseri umani?
Sì, sono molto diversi. Ognuno comunica in modo differente. Se il cane agita la coda davanti al proprio umano, sappiamo che è felice. Se lo fa il gatto, è indice di nervosismo, solo per fare un piccolo esempio. e pensiamo anche a come manifestano l'affetto: i cani saltano addosso e leccano la faccia allegramente, i gatti vengono incontro in modo pacato e sinuoso, con la coda ritta ma morbida, stringono gli occhietti (gli inglesi lo chiamano "cat kiss", il bacio del gatto) e quando proprio sono in vena, si accoccolano accanto all'umano per fare le fusa. E poi il cane ha bisogno del "capobranco", il gatto no. E per citare una battuta che cricola in rete: "Il cane ha un padrone, il gatto ha lo staff".
Quale filosofia possiamo apprendere dai gatti per vivere meglio? 
Osservarli è un grande insegnamento. I gatti domestici, quelli trattati con amore, non si stressano mai: anche in tarda età, riservano qualche minuto al gioco, curano molto la pulizia del pelo, dormono e cercano di vivere in armonia con il proprio ambiente. Quando li guardo e magari ho avuto una brutta giornata, li guardo e sembra che loro mi dicano: "Se c'è soluzione, che te la prendi a fare? Se non c'è soluzione, che te la prendi a fare?".
D'accordo sul fatto che i gatti capiscono i loro padroni ma non gliene importa più di tanto?
Effettivamente la sensazione è quella: capiscono ma non gliene importa molto. Quando li chiamiamo, se hanno voglia arrivano altrimenti... aspetteremo.
Una curiosità, un aneddoto su di lei e i suoi gatti...
I miei gatti Chicco e Fluffy provengono da un gattile dell'Enpa. Lui era stato abbandonato proprio davanti al portone, lei invece fu salvata dopo essere stata travolta da un autobus. Quando li portai a casa, mi immaginai la loro storia e così è nato il mio romanzo "Questa è la storia di un gatto senza memoria". Ma non posso non ricordare il mio primo gatto in assoluto: avevo due anni, lui era a quadretti verdi e arancioni col muso bianco. Era un pupazzo che mi regalò la mia nonna. Lo amavo alla follia: dormiva con me, giocavo con lui alla piccola veterinaria... forse è da lì che è cominciato il mio amore per i gatti. Naturalmente lo custodisco fra le cose più care. Giovanni Zambito.
© Riproduzione riservata 
Fattitaliani

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