I modelli di artista sono
quelle donne quegli uomini quei bambini quei vecchi ecc. che in posa
davanti all’artista pittore o scultore ma anche fotografo, danno
vita all’umanità: ai putti, agli angioletti, ai vecchi profeti o
ai personaggi mitologici, a creature di donne e di uomini e via di
seguito.
Nel corso della Storia
ripetutamente ci imbattiamo in figure di
modelli già a partire dalla antica Grecia, pur se unicamente a
livello episodico e occasionale: il modello
non come occasione o episodio o contingenza bensì come professione e
come mestiere, cioè come regolare attività professionale di una
donna o di un uomo, è nato in verità agli
inizi del 1800 a Roma e poi consolidatosi e
conformatosi soprattutto a Parigi, all’incirca dal 1860 fino ai
primi fuochi della seconda guerra mondiale. Parigi a quell’epoca
era il centro focale del pianeta: era impensabile per un artista, un
politico, un diplomatico, un aristocratico, un capitalista, un
profugo politico, un’avventuriera o avventuriero, provenienti da
ogni angolo della Terra, non soggiornare a Parigi: era letteralmente
un mondo nuovo che si
era costituito all’insegna del cosmopolitismo e della libertà. E
la sua pagina più brillante e quella destinata all’eternità ne
furono la espressione artistica e quella decorativa: l’arte
moderna è a Parigi che vede la luce. E un aspetto di tale vitalità
e delle nuove espressioni e tendenze fu il ricorso al modello,
divenuto una componente quasi indispensabile, visto che la figura
umana era tornata ad essere l’ingrediente fondamentale in un’opera
d’arte: e per alcuni artisti, anche i maggiori, non era concepibile
esprimersi ed ispirarsi senza il modello in posa davanti a loro:
così Degas, così Corot, così Renoir, Matisse, Bouguereau, Gérôme….
E si calcola il numero dei modelli in circa duemila unità: dai
putti ai profeti, dalle streghe alle megere, dalle bellezze alle
divinità, dai zeus agli apollo, per tutti i generi e soggetti, senza
citare le odalische, le schiave, gli harem, le preferite, le signore
con l’ombrellino…. E la metà circa di tutte le modelle e modelli
attivi a Parigi erano italiani, e gli italiani tutti
indistintamente originari della regione ai
piedi di Roma, la Ciociaria,
e in particolare da certi paesetti di una valle appartata di Alta
Terra di Lavoro.
Rosa Arpino,
fu una di queste donne dal destino quasi favoloso: a quindici anni,
nel 1902, splendidamente formata, dal corpo svettante e turgido e
nervoso, alta non più di 1,60, dalle chiome corvine e dai grandi
occhi neri e luccicanti, sempre presente nei luoghi di raduno e di
incontro di questa umanità a Parigi e cioè intorno alla fontana di
Pigalle oppure a Vavin, laddove i grandiosi viali di Montparnasse e
di Raspail si incrociano oppure nei cosiddetti ‘mercati dei
modelli’ e quindi nei vari studi degli artisti che affollavano i
quartieri dei pittori. A fianco degli impressionisti e
postimpressionisti e simbolisti, si notavano per eccessiva esuberanza
cromatica e per fortissima nuova espressività, alcuni giovani
pittori che in stretto contatto e collaborazione portavano avanti
nuove forme e modi espressivi, influenzati e ispirati da Van
Gogh e da Cézanne, i grandi rivoluzionari
dell’arte moderna. Questi giovani artisti, ansiosi del loro destino
e anelanti ai riconoscimenti e all’accettazione da parte della
critica e dei collezionisti, si chiamavano Jean Puy, Albert Marquet,
André Derain, Maurice de Vlaminck, Henri Matisse, George Braque….
Colori violenti, materia pittorica cosparsa sulla tela quasi dal
tubetto medesimo, contorni dei corpi spigolosi, quasi in forme
geometriche: lavoravano in strettissima direi intima collaborazione,
tutti assieme, ora in uno studio ora in un altro, si criticavano, si
commentavano, si aiutavano, discutevano e… Rosa
veniva ritratta ora dall’uno ora
dall’altro: qui illustriamo il suo momento di gloria da noi
individuato tra il 1905 e 1907. Questi giovani artisti erano usciti
malconci e depressi dalle critiche devastanti e annientatrici
ricevute nella famosa esposizione parigina del 1905 allorché proprio
a causa della violenza dei colori e della primitività dei corpi
furono marchiati da qualche critico addirittura come: ‘fauves’
cioè ‘bestie feroci’ e additati alla pubblica irrisione. Noi ci
siamo imbattuti in dipinti di grande significato sparsi nei musei del
pianeta che ritraggono e immortalano Rosa risalenti proprio a questo
periodo rivoluzionario. Tutto a mio avviso comincia con una enorme
tela del più grande significato, oggi in America, a Philadelphia,
dal titolo ‘Gioia di vivere’ ‘Joie de vivre’ in cui
l’artista, in questo caso Matisse,
in una fantasmagoria cromatica mai vista
prima nella pittura, illustra scene di danze
e di paesaggio e di personaggi nelle nuove forme e stili, in
particolare di Gauguin, e tra le numerose figure si distingue ed
evidenzia a guisa di una scultura romana il corpo splendido di Rosa
in piedi con le braccia dietro la nuca: dopo pochi mesi, nell’estate
del 1906, assieme alla famiglia dell’artista in vacanze nel sud
della Francia, Matisse di nuovo ritrae Rosa, in numerosi disegni e
schizzi, tra i quali quello qui illustrato. E ancora lo stesso anno
Matisse nuovamente si occupa di Rosa il cui corpo svettante e formoso
ora ci viene presentato (Tate Gallery, Londra. Nudo in piedi) nelle
forme quasi geometriche e spigolose ispirate da Cézanne,
anticipatrici dell’imminente cubismo. E quanto è bello far
conoscere al lettore è che perfino Georges
Braque che mai
dipinse la figura umana -l’uomo e la donna non erano soggetti che
rientravano nei suoi canoni- in quel contesto artistico che abbiamo
ricordato più sopra fra il 1905 e 1907, veramente fatale nella
Storia dell’Arte Occidentale, non potette fare a meno di occuparsi
anche lui del corpo di Rosa in posa davanti agli occhi dei colleghi e
ne realizzò un quadro di grande formato oggi al Centro Pompidou di
Parigi: ‘Grand Nu’, che al di là dello spirito cubista che ormai
chiaramente si evidenzia in questa opera eccezionale, che fornisce al
corpo di Rosa nuove prospettive e dimensioni, pur conservandone e
anzi sottolineandone le forme e le curve e la conformazione fisica,
Rosa, l’umile modella ciociara, in questo dipinto sorprendente e
unico, assolve al ruolo di messaggera doppiamente
privilegiata sia dell’ingresso effettivo
del cubismo nella Storia dell’Arte e sia della personificazione
dell’unico soggetto umano nell’opera di Braque. Le opere citate
di Matisse e di Braque evidenziano al di là di qualsiasi dubbio i
medesimi tratti e le medesime fisionomie tra di loro senza bisogno di
scendere nei dettagli: i grandi occhi, la ciocca dei capelli, i
glutei, i piedi, il corpo compatto e sodo e sinuoso. Qualche anno più
tardi Picasso stesso, dopo il soggiorno romano, regalerà alla
Cultura e all’Arte anche lui un’opera inaudita di una modella
ciociara in pieno stile cubista. Più esaustive indicazioni e
ragguagli in : MODELLE E MODELLI CIOCIARI NELL’ARTE EUROPEA
1800-1900.
Michele Santulli