La
mostra “L’Età
dell’Angoscia. Da Commodo a Diocleziano (180-305
d.C.)”,
Sotto
l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica,
è il quarto importante appuntamento del ciclo “I
Giorni di Roma”,
progetto quinquennale di mostre che alterna esposizioni a carattere
prettamente monografico (Ritratti.
Le tante facce del potere,
Costruire
un Impero),
a mostre dal taglio diacronico (L’Età
della Conquista, L’Età dell’Equilibrio, L’Età dell’Angoscia),
dall’epoca repubblicana fino all’epoca tardo-antica.
La
mostra L’Età
dell’Angoscia
si sofferma sui profondi cambiamenti che segnarono il III secolo
d.C., secolo ritenuto tradizionalmente di “crisi” dell’impero,
ma in realtà contenente in
nuce
alcuni dei germogli più fecondi destinati a mutare per sempre le età
successive e ad aprire le porte verso la società tardo-antica.
Il
titolo della mostra trae spunto da un’opera di Eric Dodds
intitolata “Pagani
e cristiani in un’epoca di angoscia”
, edita nel 1965, dedicata nello specifico proprio al III secolo d.C.
Dodds era amico del poeta anglo-americano W.H. Auden, che nel ‘47
aveva pubblicato The
Age of Anxiety,
poema capace di mettere in luce il vuoto dell’esistenza nel periodo
della seconda mondiale, caratterizzato dalla conversione o ritorno al
Cristianesimo e dalla volontà di aderire a un credo religioso, da un
«salto nella fede».
Rilievo
di Giove e Giunone Dolicheni, Iside, Serapide, Dioscuri, Sole e Luna,
250 d.C. ca
Marmo
lunense, 56 x 58 cm
Musei
Capitolini, Centrale Montemartini
Roma,
Italia
©
Foto di Zeno Colantoni
|
La
mostra racconta la diffusa crisi spirituale e religiosa che in un
clima di ansia generalizzata portò a un abbandono delle religioni
tradizionali e all'adesione sempre più massiccia al culto di
divinità provenienti dall'Oriente: Iside, Cibele, Mithra,
Sabazio. Oltre a loro, naturalmente, Cristo. L’ansia derivava da
alcuni problemi concreti e materiali: guerre civili, crisi
finanziarie ed economiche, carestie, epidemie (come quelle nel corso
dei principati di Marco Aurelio e Gallieno) e la perenne
pressione dei barbari ai confini. Ad astrologi, indovini ed oracoli
gli uomini e le donne del tempo ripetevano frequentemente le stesse
domande: “mi ridurrò a mendicare?”, “avrò il mio salario?”,
“sarò venduto schiavo?”. La speranza di un futuro più sicuro
era talmente diffusa e pressante da alimentare in chiunque quella che
gli storici dell'antichità chiamano un'aspettativa di salvezza,
legata in primo luogo alla figura dell'imperatore, in teoria garante
della giustizia, della sicurezza militare dell'impero e anche suprema
autorità religiosa.
Sarcofago
a lenos con leone e antilope, 270-280
d.C.
Marmo
bianco lunense, 101x96x10 cm
Musei
Capitolini, Palazzo Nuovo
Roma,
Italia
© Foto di Zeno Colantoni
|
Il
collasso dei sistemi di riferimento sociali ed economici hanno sempre
avuto come effetto principale quello di compromettere la quotidianità
della vita delle persone, che in modo progressivo e rapido, si
trovano ad affrontare l’angoscia del reale. Nella recente storia
mondiale due eventi hanno avuto per la prima volta la capacità di
modificare e accomunare gli esseri umani su scala globale: il primo
conflitto mondiale e il crollo
di Wall Street
del ’29 anche detta “la
grande
depressione”.
In entrambi i casi, per la prima volta l’uomo è stato testimone di
fenomeni i cui effetti non erano più esclusivamente legati ai propri
confini Nazionali, ma avevano la capacità di compromettere e
modificare geografie economiche e sociali su scala mondiale. La
percezione che gli sconvolgimenti economici, finanziari e sociali
avessero risonanze globali amplificò incredibilmente l’angoscia,
compromettendo e modificando il sentire collettivo.
Busto
di Commodo come Ercole, 192
d.C.
Marmo
lunense e alabastro, 133 cm
Musei
Capitolini, Palazzo dei Conservatori
Roma,
Italia
©
Foto di Zeno Colantoni
|
Non
ultime, le crisi dei bond Argentini del 2001/2002 e dei mutui
subprime
negli Stati Uniti nel 2006, propagatesi poi in tutto il mondo
dell’economia e della finanza, hanno determinato fenomeni
imprevedibili in cui piazze, strade e palazzi dello Stato divengono
luoghi in cui i popoli si barricano per esorcizzare, arginare e
combattere l’angoscia del fallimento di sistemi culturali
inadeguati. La presenza della parola crisi
diventa
permanente. A chiusura del 2008, nel tradizionale discorso di fine
anno, il Presidente Napolitano la evoca ben 13 volte, nel 2010 nel
discorso natalizio alla Curia romana, il pontefice Benedetto XVI,
ripercorrendo l’anno passato, evidenzia il disfacimento degli
ordinamenti e dei valori morali attuali con una frase emblematica
“Viviamo la crisi che fu dell’impero Romano”.
Busto
femminile, fine del II
secolo d.C.
Marmo
lunense, altezza 80 cm
Musei
Capitolini, Palazzo Nuovo
Roma,
Italia
©
Foto di Zeno Colantoni
|
Insomma
è forse sempre stato tempo di crisi: se cerchiamo l’etimo Crisi,
di derivazione greca, il termine originariamente indicava
“separazione”, provenendo dal verbo greco “separare”. Il
significato venne traslato in “scelta”, “decisione”,
“discernimento”. Oggi potremmo dire che necessariamente si lega
al cambiamento
e che la storia dell’impero romano è un paradigma eccellente che
sviluppa per intero il ciclo della vita di un popolo dalla sua
nascita fino alla sua estinzione, attraverso continue crisi o
cambiamenti.
La
mostra L’età dell’Angoscia intende approfondire la conoscenza
dei grandi cambiamenti che segnarono l’età compresa tra i regni di
Commodo (180 – 192 d.C.) e Diocleziano (284 – 305 d.C.): fase
definita già dagli storici del tempo come “il passaggio
dall’impero d’oro (quello di Marco Aurelio) a uno di ferro
arrugginito”. In poco meno di centocinquanta anni infatti l’Impero
cambiò la propria fisionomia, arrivando all’instaurazione della
Tetrarchia e alla perdita del ruolo di capitale della città di Roma.
In questo lasso di tempo le cronache evidenziano alcuni elementi che
ancora una volta richiamano, seppur con le dovute differenze, la
nostra attualità, quali: l'aumento
delle pressione di popoli sui confini dell’impero, le spinte
secessioniste (si pensi all'Impero
delle Gallie e al Regno
di Palmira), i disordini interni (che comportarono riforme
strutturali della tradizionale unità militare romana, la legione),
la crisi del tradizionale sistema
economico, l’inflazione e la conseguente necessità di
aggiornare continuamente la moneta, e soprattutto, la grave
instabilità politica.
Statua-ritratto
maschile in Armi, metà
del III secolo d.C.
Marmo,
altezza 217 cm
Musei
Capitolini, Centrale Montemartini
Roma,
Italia
©
Foto di Zeno Colantoni
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Determinante
fu la fine della trasmissione del potere su base esclusivamente
dinastica e il conseguente potere che andò a concentrarsi nelle mani
dell’esercito, capace di imporre gli imperatori e di eliminarli. È
un mondo che muta definitivamente la propria struttura sociale, con
lo sfaldamento delle istituzioni e il parallelo emergere di nuove
forze sociali. Le graduali tappe di queste trasformazioni si
riflettono sui modelli figurativi e del linguaggio formale della
scultura, che si carica di un nuovo e forte accento patetico.
Busto
di Settimio Severo, 193-211
d.C.
Marmo
bianco, 69x46 cm
Museo
Archeologico
Astròs,
Grecia
|
Tra
le opere più significative di questa epoca si segnalano il “ritratto
colossale di Probo”
o il “busto
di Decio”
dei Musei Capitolini, la straordinaria “statua
bronzea di Treboniano Gallo”
del Metropolitan Museum of Art di New York, le statue di privati come
filosofi dalla Villa di Dioniso a Dion. Eccezionale il prestito di
tre statue maschili a figura intera, dal Seicento ospitate nel Casino
del Bel Respiro della Villa Doria Pamphilj a Roma ( “Statua
di togato”,
“Statua
di cacciatore”
e “Statua
in nudità”).
Nella ritrattistica privata continua la moda dell’abbinamento di
ritratti di privati cittadini o imperatori in corpi ideali, che
ricordano divinità femminili come Venere, Demetra, Fortuna, come
nella “statua
di Onfale”
o eroi come Ercole, che permettono una chiara esaltazione delle
qualità e delle gesta del defunto grazie all’assimilazione delle
loro virtù eroiche: si vedano il “busto
di Commodo come Ercole”
o la “statua
di privato come Marte (cd. Decio)”.
Semidei come Ercole, i Castori o Dioniso furono in tal senso
particolarmente prediletti anche dall’imagerie
imperiale, proprio per la loro natura di mortali divenuti Dei grazie
alle straordinarie qualità delle imprese compiute.
L’Età
dell’Angoscia, quarto
appuntamento del progetto di cinque mostre
“I giorni di Roma” che
abbraccia un arco temporale di quattrocento anni,
è un’iniziativa promossa da Roma Capitale, Assessorato alla
Cultura, Creatività e Promozione Artistica - Sovrintendenza
Capitolina ai Beni Culturali e dal Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali e del Turismo, organizzata
da Zètema Progetto Cultura e MondoMostre, con
la cura
di
Eugenio La Rocca, Claudio Parisi Presicce e
Annalisa
Lo Monaco.
Il
progetto coinvolge prestigiosi musei internazionali come il
Metropolitan Museum of Art di New York, il Landesmuseum e il
Zentralmuseum di Magonza, il Landesmuseum di Treviri, la Glypthotek e
il Museo dell’Università di Monaco di Baviera, il Louvre di Parigi
e il Museo Archeologico Nazionale e il Museo dell’Acropoli di
Atene, e musei che per la prima volta prestano le loro opere come il
Museo Archeologico di Dion e il Museo Archeologico di Astros. Oltre
ai Musei Capitolini, partecipano all’esposizione con importanti
prestiti musei nazionali come il Museo Archeologico di Aquileia, i
Musei Civici di Brescia e il Museo Archeologico di Bologna, la
Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo, i Musei Vaticani, i Musei
afferenti alla Soprintendenza Speciale di Roma e importanti
collezioni private. Le opere esposte per la prima volta insieme, di
straordinario livello artistico, ammontano a circa duecento.
Imponenti statue in marmo e bronzo, a grandezza naturale, in alcuni
casi di misura colossale, busti e ritratti, rilievi in marmo,
sarcofagi e urne, mosaici pavimentali e decorazioni pittoriche
parietali, e ancora preziosi argenti da mensa, elementi
architettonici figurati e altari permetteranno di apprezzare da
vicino il gusto di un’intera epoca, di riflettere sui cambiamenti
formali e sui temi figurativi presentati da oggetti che decoravano
gli spazi urbani e quelli privati (case e tombe).
La
prima sezione I
protagonisti,
con circa 92 opere, è una ricca presentazione di ritratti, statue e
busti degli imperatori regnanti e delle loro mogli, e anche dei
cittadini più abbienti dell’epoca; la seconda sezione L’esercito
presenta, con oltre 20 opere, l’esercito come uno dei grandi
protagonisti della nuova epoca, capace di un enorme potere, perfino
di imporre o eliminare imperatori a lui sgraditi; la terza sezione
dedicata a La
città di Roma,
con
14 opere, racconta i grandi cambiamenti che nel III secolo segnano
profondamente la città di Roma nella sua identità, dalla
costruzione del circuito murario che prenderà il nome di “Mura
Aureliane” (e che tuttora segna il paesaggio urbano della città),
alla presenza di grandi caserme militari, alla realizzazione di una
pianta marmorea della città su grande scala (cosiddetta Forma Urbis
Severiana); la quarta sezione La
religione,
attraverso 52 opere, ci riporta un fenomeno di grande portata ovvero
l’arrivo in città di culti orientali, e che si andranno ad
affiancare piano piano ai culti tradizionali celebrati fino a quel
momento: Iuppiter Dolichenus, Mitra, Helios-Sol, Sabazio,
Cibele/Attis, Iside saranno capaci di attrarre una gran massa di
fedeli, e di rispondere ad alcune delle esigenze che porteranno in
breve all’affermazione straordinaria del Cristianesimo;
la
quinta sezione
Le
ricche dimore private e i loro arredi,
con circa 30 opere, offre uno sguardo sugli spazi privati, sui gusti
e gli arredi domestici di alcune delle più ricche dimore private
dell’epoca; la sesta sezione
Vivere
(e morire) nell’impero,
circa 7 opere, racconta i cittadini romani al di fuori della
Capitale: i loro gusti, le loro attività quotidiane, le loro
immagini funerarie; la settima sezione I
costumi funerari
composta di 24 opere: sarcofagi, rilievi e pitture con una ricca
presentazione di temi e soggetti, tratti dai repertori dei miti
tradizionali e innovati secondo linguaggi e gusti ormai del tutto
differenti.
Mostra
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L’Età
dell’Angoscia
Da Commodo a Diocleziano (180-305 d.C.) |
Progetto
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Dove
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Musei
Capitolini
Piazza
del Campidoglio, Roma
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Quando
Inaugurazione
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28
gennaio > 4 ottobre 2015
27
gennaio 2015, ore 18.00
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Orari
del museo
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da
martedì a domenica dalle ore 9.00 alle ore 20.00; chiuso lunedì
e 1 maggio
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Biglietto
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Enti
promotori
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Roma
Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività, Promozione
Artistica e Turismo- Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
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Catalogo
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MondoMostre
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A cura
di
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Eugenio La Rocca,
Claudio Parisi Presicce, Annalisa Lo Monaco
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Sponsor
Sistema Musei Civici
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Banche
Tesoriere di Roma Capitale: BNL – Gruppo BNP Paribas, UniCredit,
Monte dei Paschi di Siena, Mastercard Priceless Rome, Vodafone
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Con il
contributo tecnico di
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ATAC
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Servizi di Vigilanza
|
Travis
Group
|
Organizzato da
|
Zètema Progetto Cultura,
MondoMostre
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Info
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Tel 060608 (tutti i
giorni ore 9.00 – 21.00)
|