Libri, “Paolo VI. Destinazione mondo”. Intervista a Giorgio Bernardelli coautore con Lorenzo Rosoli

In occasione della Beatificazione di Papa Montini, il prossimo 19 ottobre, la casa editrice Emi ha pubblicato il volume “Paolo VI. Destinazione mondo”. Un libro che ripercorre i nove viaggi del futuro Beato, una delle grandi innovazioni del Pontificato montiniano. Alessandro Gisotti ha chiesto a Giorgio Bernardelli – autore del libro assieme a Lorenzo Rosoli – di soffermarsi sull’importanza di questi viaggi nella vita della Chiesa:
R. - Riscoprire questo volto del Pontificato di Montini, che curiosamente è rimasto un po’ dimenticato con il passare del tempo o meglio si ricordano sostanzialmente due viaggi di Montini: quello in Terra Santa, di cui Papa Francesco ha appena fatto memoria, e il discorso all’Onu del 1965. Il punto è che Montini di viaggi apostolici ne fece ben nove, tra il 1964 e il 1970; e fu già lui un Pontefice che toccò tutti e cinque i continenti, dando davvero a questo volto della Chiesa del Concilio anche quella che oggi diremmo l’immagine di una "Chiesa in uscita" anche fisicamente. Noi oggi siamo abituati ai viaggi del Papa come a un qualcosa di normale nel Ministero del Successore di Pietro, ma dobbiamo ricordare che, appunto, fino all’avvento di Paolo VI questa cosa normale non era affatto! Fu proprio lui a volere che questa forma di esercizio del Ministero Petrino non fosse più solo un modo per convocare a Roma le genti, ma anche per andare a visitarle personalmente. 
D. - In un qualche modo, Paolo VI riprende i viaggi dell’Apostolo Paolo … 
R. - Assolutamente sì. E’ importante ricordare che forse ancora più innovativo del viaggio del Papa in Terra Santa, e forse il viaggio veramente più rivoluzionario, fu il secondo: quello che portò Montini a Bombay, in India. La vera scelta fu proprio quella, nel dicembre del ’64, di mettersi in viaggio per andare in un Paese, tra l’altro l’India, dove i cristiani erano un piccolo gregge nel cuore dell’Asia, con tutto quello che l’Asia - e l’India in particolare - significava negli anni Sessanta. Montini si lasciò guidare fortemente dai gesti, dalla volontà di rendere questi viaggi qualcosa di simbolicamente molto significativo. Il viaggio a Bombay si ricorda per la sua visita nelle baraccopoli. 
D. - Qual è stata anche l’influenza di questi viaggi di Paolo VI su quelli dei Pontefici successivi? 
R. - L’influenza è stata grandissima: ha assolutamente aperto una strada. Ma già Paolo VI aveva chiarissimo il fatto che stava aprendo una strada. Quando Montini tornò da Gerusalemme una delle confidenze che fece ai suoi collaboratori è stata: “Vedrete ora come viaggerà il mio successore!”. E aveva visto giusto. Di ritorno da Bombay, quando si affaccia davanti alla folla che lo aspetta in Piazza San Pietro, dice: “Ho incontrato questi fratelli nella fede che vivono in India, ma questo incontro cambia il nostro modo di essere Chiesa. Siamo chiamati ad aprire di più il cuore”. Ed è una immagine molto bella! Noi oggi, tante volte, guardiamo ai viaggi del Papa, incentrando forse lo sguardo solo sulla figura del Papa, dicendo: “Come cambierà questo Paese dopo che il Papa è passato e lo ha visitato?”. Montini fa il discorso esattamente contrario: “Come cambierà il nostro essere Chiesa dopo che io, in rappresentanza di tutta la Chiesa, sono andato a visitare questi fratelli che vivono lontano?”.  Alessandro Gisotti, Radio Vaticana, Radiogiornale dell'11 ottobre 2014.
Fattitaliani

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