Grande appuntamento domani sera con la Sinfonia n° 9, op. 125 al Bozar di
Bruxelles con l'Orchestre symphonique et chœurs de la Monnaie - Belgian
National Orchestra, Chœur Symphonique Octopus, la direzione musicale di Alain Altinoglu,
il soprano Annette Dasch, il mezzosoprano Nora Gubisch, il tenore
Thomas Blondelle e il baritono Dietrich Henschel. Dirige il Coro il Maestro
Martino Faggiani, che abbiamo intervistato.
"La Nona sinfonia di Beethoven - ci dice - conclude una stagione molto
intensa, molto interessante e prelude a un'altra ancora più intensa e più
interessante".
Il ruolo di direttore di
coro è un po' nascosto rispetto ad altri ruoli: può dirci la soddisfazione
e le difficoltà che vengono da questo ruolo?
Effettivamente è così. È un ruolo piuttosto delicato perché lo strumento è
un po' la sintesi di quello che secondo me è la sopravvivenza dello spettacolo
lirico, anche sinfonico. Non c'è una grande differenza a mio avviso. È la
possibilità di dare a chi ascolta un'esperienza intensa, una amplificazione dei
sentimenti. Questo è la musica in generale: la musica ha il potere di dire
quello che è indicibile alla parola. La Nona di Beethoven: se uno legge l'Ode
alla gioia di Schiller, anche in una buona traduzione, deve filtrare tutto
attraverso considerazioni storiche, filosofiche. Che cosa è questa
"Gioia" in definitiva? È un po' difficile coglierlo! Beethoven, da
quel genio che è, riesce a miniare, a trovare quella minima correzione di una
linea o di un colore che da al quadro un rilievo assolutamente inaspettato.
Riesce a portarci in questa atmosfera di gioia, di serenità, di letizia alla
fine in certi punti quasi orgiastica o in certi momenti mistica, aulica,
attraverso per l'appunto la musica. Ecco perché io sono sempre molto sospettoso
quando alle grandi opere del passato, a Verdi, a Wagner, a Puccini a Mozart,
che sono un po' i quattro pilastri fondamentali del repertorio vivo, senza
dimenticare ovviamente Rossini, Gounod e altri, quando si vogliono attribuire
significati extramusicali, quando si vogliono infilare dei berretti che vadano
al di là. Io credo che la musica ha proprio questa capacità di attualizzare,
nel senso filosofico del termine, di realizzare immediatamente questo connubio
fra ragione e sentimento che porta chi ascolta in una dimensione più profonda,
più vera, più autentica: una sorta di trance, rendendoci di fatto migliori,
perchè ne sappiamo di più !
Tutto questo è molto difficile da realizzare. Questo è il vero problema,
perché noi musicisti siamo costantemente sottoposti a questo tiro alla fune fra
ragione e sentimento
Per un direttore di coro
quando arriva il momento in cui pensa che il suo lavoro è ben compiuto?
Devo rendere giustizia a queste persone che lavorano con me ormai da dieci
anni : questo è un coro che questo connubio fra ragione e sentimento lo sa
cogliere e lo persegue. Io posso dire per esempio che nelle dieci recite che
abbiamo avuto di un'opera difficile, lunga, complessa come puo' essere il
Lohengrin, dove il coro è molto protagonista, o nel dittico verista Cavalleria
e Pagliacci, il coro si è sempre speso e si è sempre impegnato fino in fondo.
Il problema nostro è che noi dobbiamo raggiungere questa sorta di trance, e il
coro è lo strumento principe. Tutto questo passa attraverso la ragione, che è
molto tecnica, molto fredda, molto specialistica. Qui c'è l'altro grande
problema dello « strumento » coro : il fatto che cantare è una cosa istintiva.
Tutti più o meno cantiamo ma cantare a livello professionale è una cosa molto
diversa, ed è molto difficile : se io suono il violino, devo stare attento a
dove sposto l'archetto, a come muovo le dita : posizioni determinate che devi
conoscere molto bene e che richiedono anni di studio ; il canto è ancora più
insidioso perchè sembra facile ma quando poi vuoi passare a un gradino più
alto, vuoi realizzare un certo tipo di cose, cominciano i guai ! Il cantare in
un coro a livello professionale è ancora più difficile perchè la tua voce deve
essere messa al servizio di un suono comune e quindi devi avere una grande
capacità di ascolto, cosa che non è scontata. Qui con difficoltà, con
deviazioni, con momenti difficili questa serietà di impegno c'è sempre stata e
mi preme sottolinearlo, spesso dalle persone di cui meno ce lo si aspetterebbe,
come le più anziane, magari un po' stanche perchè prossime alla pensione ! Non
posso che dire grazie a questo complesso e alla sua flessibilità, alla sua
disponibilità ad affrontare repertori che possono andare dal barocco alla
musica contemporanea, di cui abbiamo fatto tante prime mondiali e dove altri
complessi sono un po' più scettici. Noi ovviamente abbiamo una formazione
lirica, veniamo dal grosso repertorio ottocentesco, per cui spesso è difficile
portare i cori dentro queste realtà cosi' diverse. Naturalmente noi siamo degli
specialisti, percio' dobbiamo essere a giorno di certe scoperte e di certi
aggiornamenti : loro sono capaci di farlo, sono disponibili a questo, sono
capaci di « camaleontizzare » la loro voce in funzione di un risultato del quale
non posso che essere fiero.
Il direttore di coro prende
meno applausi di direttori, registi e cantanti. Pesa psicologicamente?
Non lo vivo con particolare frustrazione. C'è anche da dire che il ruolo
del coro puo' essere molto presente - come nel dittico verista o nel Lohengrin - o puo' essere più defilato
in altre situazioni, e questo è anche onesto riconoscerlo : non possiamo
pretendere che il coro sia il protagonista del Palleas e Melisande ! Io so che
il coro puo' creare - l'orchestra non lo puo' fare - quel particolare clima,
quella particolare simbiosi con il pubblico, quel particolare incontro di
ragione e sentimento di cui parlavamo e che è molto difficile da realizzare ;
la Monnaie qualche volta c'è riuscita. Io non me ne sono mai fatto un problema
: mi piacciano gli applausi, pensano piacciano a tutti ! Piacciono anche al
coro, quando dopo un Va' pensiero,
dopo un Patria oppressa o la
Preghiera di Cavalleria rusticana si
ferma lo spettacolo perché il pubblico applaude... sono momenti importanti :
l'anno scorso eravamo sparsi tra il pubblico a cantare Patria oppressa e c'è
stato un momento dove c’era la gente che piangeva ! Il coro è in grado di
creare delle magie : sempre nel Macbeth,
il coro delle Ondine e dei Silfidi era nascosto dietro una tenda e si sentivano
queste voci che fluttuavano nell'aria ; era veramente una cosa magica. Questo è
un coro che non si limita a eseguire ma che partecipa ; ecco perché sono così
disponibili con i registi anche quando chiedono delle cose francamente un po'
strane o con i direttori quando propongono letture un po' diverse.
Non sono sclerotizzati, , non sono alla difesa a oltranza di una presunta o
pretesa tradizione : sono duttili, sono aperti e soprattutto hanno questa
intelligenza di capire quando il fatto tecnico debba essere esaltato al massimo
proprio per produrre l'arte, come il fatto artistico sia il risultato di un
lungo lavoro tecnico, freddo, a tavolino.
Era il giugno 2008 quando entrai qui dentro per la prima volta, a fare il
Requiem di Verdi ; sono state qualcosa come mille serate che abbiamo fatto
insieme ! Un matrimonio ! Quasi mai questo coro non ha dimostrato la sua
affezione, il suo amore per la musica e per il proprio lavoro : « è l'amor che
move il sole e l'altre stelle » L'opera è amore, cioè la capacità di dire
quello che è indicibile alla parola: questo lo diceva un grande siciliano,
Nino Pirrotta, quando lui che si occupava di musica rinascimentale e barocca
spiegava le scelte artistiche dei musicisti ; perché Monteverdi si rivolge a
dei poeti modesti ? Perché è la musica che deve dire quello che c'è dietro la
parola, deve dire quello che è indicibile alla parola ; e quale strumento più
privilegiato del coro ? Quello che mi auguro, se mi sopporteranno ancora e
continuerò a lavorare qui, è di poter potenziare l'attività concertistica,
anche a livello del repertorio romantico, tardo romantico, novecentesco; c'è
molto repertorio che andrebbe valorizzato : autori come Kodai, Janáček o anche
Liszt, come Schubert che potrebbero essere riproposti con maggiore frequenza.
La cosa che non sono riuscito ancora a fare qui è la Messa Solenne di Rossini,
che ho fatto tante volte e che ho avuto l'onore di fare con un grandissimo
musicista che è Michele Campanella. Apprezzo molto il lavoro che Peter de Caluwe
sta facendo sui cartelloni, che sono costruiti in modo interessante, efficace,
innovativo; e mi preme dire che, a differenza di altri suoi colleghi, è
persona molto disponibile, semplice, con cui si può parlare in maniera aperta; in genere, le persone di potere sono chiuse nella loro torre d'avorio e poco
disponibili a trattare con capo di dipartimento seppur delicato come quello del
coro, a parlare di progetti, a investire su questo strumento, e quindi devo
dire un grande grazie alla sua -a parer mio- ottima conduzione.
Ci sono varie scuole nel
modo di essere direttore di coro ?
Direi di si. Sono due le grandi scuole : una mediterranea, che fa capo a
quelli che sono stati i miei due grandi maestri Romano Gandolfi e Norbert
Balatsch, che privilegia un fatto vocale latino, mediterraneo, con un suono
tendenzialmente 'coperto', scuro e soprattutto che cerca molto il colore, e
attraverso il colore di comunicare delle emozioni. E l'altra scuola, non meno
importante e non meno gloriosa, che si rifà più che altro al nord Europa,
particolarmente alla Germania, all'Inghilterra, ai paesi scandinavi e un po'
anche alla Francia, in parte. Si rifà alla grandissima tradizione, che
purtroppo da noi si è persa, del canto corale nelle chiese.
Avendo loro queste chiese molto ampie, l'eco, il vibrato glielo fa la
chiesa: ecco perchè hanno questa vocalità tendenzialmente più chiara, più
leggera e forse hanno una maggiore cura di certi aspetti ove noi tendiamo a esaltarne
altri. Io posso dire di far parte della prima, anche se guardo con molto
rispetto a chi lavora in questo altro modo. Però alla fine nel nostro mestiere
siamo veramente tutti un po' dei cani sciolti; direttore di coro si diventa
dopo i cinquanta anni: prima sei, tutto sommato, un apprendista!
Com'è lei nel lavoro ?
Perfezionista ?
Martino Faggiani non è una persona simpatica! Non è famoso per essere
persona simpatica! Il coro qui ha una grande pazienza. È talmente difficile
realizzare questo matrimonio fra ragione e sentimento! È una cosa faticosa,
difficile, frustrante, che ti mette costantemente di fronte ai tuoi limiti.