Felice Zappaterra, uno scultore cieco che dà forma ai sogni: "tutti abbiamo le nostre abilità e le nostre disabilità”

Un uomo che non vede la luce e si chiama Felice: è il colmo, si pensa. Invece no, lui Felice lo è davvero perché crea i suoi sogni. È il primo scultore non vedente dall’età di quattordici anni, oggi quarantaquattrenne foggiano ma bolognese d’adozione, noto a livello internazionale. La sua storia inizia a Napoli nel 2008.
Tagliaferri va in visita alla Cappella Sansevero che custodisce un capolavoro della scultura italiana del Settecento, il «Cristo velato» di Giuseppe Sanmartino, una statua di marmo a grandezza naturale raffigurante Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco dello statua. Vuole toccarlo ma viene sgridato dalle Guardie della Cappella, che gli impediscono il contatto tattile con la statua. Tagliaferri va ad Ancona al «Museo tattile statale Omero», si fa realizzare un piccolo bozzetto in pietra del «Cristo velato», acquista un blocco di marmo di Carrara da 40 quintali e inizia a modellare. Due anni con martello e scalpello in tutti i momenti di pausa dal lavoro: mani, istinto, talento. E gli occhi della passione per l'arte. Nasce così una delle sue opere più belle: “Il Cristo Rivelato” denominazione adeguata perché un Cristo analogo negato a tutti, quindi velato, era adesso accessibile, quindi rivelato. Ha conseguito il Diploma di Maestro d'Arte presso l'Istituto d'Arte di Ancona, ha frequentato un corso di scultura presso il Maestro Nicola Zamboni, docente dell'Accademia delle Belle Arti di Brera (MI), e famoso scultore bolognese. Ha frequentato, negli anni successivi, diversi studi di maestri scultori di Carrara. Nel 2013 stage presso la scuola professionale di Lasa (BZ) per imparare a utilizzare la macchina a punti. Tagliaferri ha partecipato a numerose mostre e concorsi a livello internazionale, simposi, installazioni e sculture di piazza in molte città italiane. Le oltre cento opere realizzate sino ad oggi gli sono valse, dal 2001, numerose mostre personali, nonché la fondazione di una Scuola di Arti Plastiche da lui stesso diretta. Predilige le figure femminili che realizza usando creta o marmo bianco. Le oltre cento opere realizzate sino ad oggi gli sono valse, dal 2001, numerose mostre personali a livello internazionale, nonché la fondazione di una Scuola di Arti Plastiche da lui stesso diretta, che organizza seminari e corsi di formazione per persone vedenti e non. Lo accompagna ovunque Tobia, un labrador di dieci anni, suo inseparabile compagno. Dice lo Scultore: “Di norma, durante l’inverno lavoro la creta e il legno, d’estate il marmo. Mi reco personalmente a Carrara per scegliere i blocchi, poiché è di fondamentale importanza, per capirne la bontà, auscultare il rumore che emettono”. Quando ha scoperto di sapere creare sculture? “Amavo, fin da piccolo, lavorare il legno, restaurarlo. Il successo delle prime opere che creai, quando i giornali iniziarono a parlare di me, credetti fosse frutto della pietà. Nascosi la mia disabilità e vendetti due opere: questo mi convinse a pensare di avere delle doti e continuai”. 
Tagliaferri non potendo avvalersi dello sguardo, attinge all’immaginazione e utilizza le mani dopo attentissime descrizioni fatte da alunni della Scuola d’Arte Plastica di Sala Bolognese (BO). Iniziano un percorso volto alla riduzione dei blocchi marmorei e a una prima definizione della forma. Tagliaferri lavora sovente con ragazzi problematici e questo tipo di attività manuale aiuta loro a sentirsi meglio e al contempo utili a uno scopo. Tra le sue opere più famose: il Cristo Rivelato, Madonna che sorride, La forza dell’amore, Venti, Cristo indiano. E’ proprio in India che Tagliaferri vive e fa vivere a chi è con lui, un’esperienza indimenticabile. E’ protagonista di un film di Silvio Soldini e Giorgio Garini per CBM, dal titolo: “Un albero indiano”. I protagonisti, oltre a Felice Tagliaferri, sono, 12 ragazzini disabili e un laboratorio d’arte a Shillong, nel nord est dell’India. Lo Sultore, in venti giorni, ha insegnato ai bambini, con e senza disabilità, della Bethany School a modellare la creta per dare forma ai propri sogni e comunicare le proprie sensazioni e pensieri attraverso l’arte. Una trentina di ragazzi da tutto il mondo, studiosi della storia dell’arte, nell’ottobre scorso sono  arrivati nella chiesa dell’Arte di Sala Bolognese per conoscere il maestro Felice Tagliaferri, scultore cieco “che lotta perché chiunque possa toccare le opere d’arte”. La visita faceva parte dello stage di un mese che la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia (con la quale Tagliaferri collabora) mette a disposizione di decine di giovani ogni anno. 
Possiamo riflettere su come, pur in presenza di diversità, il talento riesca a trovare la strada per emergere dando così un messaggio socialmente utile. Ci sembra giusto concludere con una frase che il maestro Tagliaferri ha sempre detto e che condividiamo:
“Non esistono abili e disabili, tutti abbiamo le nostre abilità e le nostre disabilità”. Caterina Guttadauro La Brasca.

Fattitaliani

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