Al TeatroBasilica il
6 dicembre alle ore 21:00 e il 7 dicembre alle 16:30 va in scena Le cose che
restano, spettacolo ideato e diretto da Alessandro Businaro, con
drammaturgia di Stefano Fortin e le interpretazioni di Grazia Capraro e
Vassilij Gianmaria Mangheras.
persone che si scontrano e riappacificano su un palcoscenico in cui il tempo si liquefa ed è difficile distinguere tra il piano reale del presente, quello del ricordo e quello della semplice immaginazione. Chi sta parlando a chi? Quello che stiamo vedendo accade realmente o è il tentativo di ricordare (o dimenticare) qualcosa?
Note di regia:
Ho iniziato a
lavorare su “Le cose che restano” ormai otto anni fa, guidato dalla volontà di raccontare
il processo faticoso di chi si trova a dover elaborare una perdita improvvisa e
lacerante, come quella causata dal suicidio della persona con cui si condivide
il presente e si progetta il futuro. L’input iniziale non è stato il desiderio
di ricerca antropologica o sociale, ma piuttosto, come spesso accade nei miei
lavori, l’esperienza in prima persona di un evento che ho potuto osservare da
vicino e che mi ha spinto ad addentrarmi in questa lunga ricerca sotterranea.
come dicevo, il
lavoro per arrivare a questa anteprima ha visto diverse tappe di studio e di ricerca.
Nel 2016, con l’aiuto dell’autrice Irene Gandolfi e dell’attrice Grazia
Capraro, lavorammo per quasi un anno su una prima stesura drammaturgica, che ci
permise di capire che Naufragio non era solo un lavoro sul superamento del
lutto, ma anche qualcosa di più stratificato, che portava con sé un ventaglio
di temi, a volte contraddittori. Nell’arco degli anni (con un accento importante
negli ultimi mesi) questi temi si sono ancora di più specificati e, grazie al
lavoro con il drammaturgo e dramaturg Stefano Fortin (con cui collaboro
regolarmente dal 2019) e grazie anche al contributo sul palco degli attori,
posso dire che il Naufragio che vedrete in scena è uno spettacolo riguardante i
riti familiari, il linguaggio in codice dell’amore, la paura di sparire e le
difficoltà del dimenticare. Temi quasi sconnessi, che tuttavia si nutrono a
vicenda. Lo spettacolo si presenta come il viaggio di una donna che tenta di
mettere in scena frammenti di passato, confusi con situazioni ipotetiche mai
davvero accadute, ma forse
auspicate. Un viaggio
all’interno di una cucina essenziale durante una giornata di festeggiamenti, una
cucina bianca come il mondo prima di una ferita, in cui sono presenti una
torta, un caffè che non sale mai e una pioggia costante fuori dalla casa, una pioggia
che rischia di inondare tutto.
Alessandro
Businaro
Note di drammaturgia
A
LE COSE CHE RESTANO è un testo che si sviluppa a partire da un lavoro
drammaturgico realizzato nel 2016 da Alessandro Businaro e Irene Gandolfi.
Tenendo presente questo dato di partenza si può dire, in un certo senso, che la
scrittura di questa versione di Le cose che restano ha preso alla lettera il
proprio titolo. Il presente lavoro drammaturgico, infatti, è nato dalla
narrazione di uno spettacolo che personalmente non avevo visto e, attraverso un
lavoro preliminare sul ricordo del regista e su quanto io stesso riuscivo a
trattenere di tale racconto del passato, ha preso forma una nuova versione del
testo: proprio come avviene nei naufragi, in cui non si può salvare tutto ciò
che si trova sulla nave ma si riesce a portare con sé solo dei frammenti, a volte
nemmeno quelli che potrebbero essere considerati i più importanti.
B
Paul Ricoeur, pensatore francese del secondo Novecento, ha dedicato una
cospicua parte della propria produzione all' analisi linguistica e filosofica
del concetto di tempo. Tra i diversi testi (di cui Tempo e racconto è
sicuramente il più poderoso e conosciuto), esiste un volumetto compatto e
incisivo, dal titolo Ricordare, dimenticare, perdonare: 'enigma del passato.
Ebbene, questa versione di LE COSE CHE RESTANO per quanto attiene alla
drammaturgia - ruota attorno a questi tre verbi fondamentali, la cui presenza
(più o meno evidente) è disseminata nelle parti che articolano il testo. Non
esiste ricordo senza dimenticanza, né l’azione della memoria ha un vero e
proprio senso per l’individuo se non porta, in qualche modo, a ciò che siamo
soliti chiamare - spesso purtroppo intendendolo in un vago senso sentimentale -
«perdono». Al di là dell' evento tragico cui il testo direttamente si
riferisce, infatti, è questo credo il valore più intimo di un meccanismo,
quello mnemonico, sul quale la nostra identità si fonda non solo perché senza
memoria (e/o dimenticanza) non ci sarebbe possibile sapere con chiarezza chi
siamo e da dove veniamo, ma anche e soprattutto perché il nostro stare nel
presente e il nostro pensare e immaginare il futuro affondano nella necessità
di perdonare ciò che ci è già successo, più o meno traumatico che sia .
C
Perdonare, dunque, ma anche dimenticare. Aleida Assmann ha codificato, nel suo
saggio sui Sette modi per dimenticare, una casistica precisa di quella che si
potrebbe definire una mnemotecnica al contrario, un’arte dell’oblio che,
proprio come lo sforzo di ricordare, è un agire che ci richiede molti sforzi,
spesso del tutto inutili. Di questi sette modi, LE COSE CHE RESTANO ne sceglie
quattro che, nel flusso continuo della ricostruzione messa in atto dalla
protagonista femminile, concorrono alla costruzione di una memoria, di
un’identità e di un tentativo di perdono: nascondere, sovrascrivere,
neutralizzare, perdere. Queste quattro azioni - che il pensiero monologante
della protagonista tenta di evocare, superare e tenere assieme - si susseguono
e si mischiano continuamente, collassando ognuna nell' altra, cosi come
precipitano l’uno dentro l’altro i diversi ricordi che il pensiero, posto
davanti a sé stesso, si trova a dover affrontare, «moltiplicando istanti dentro
singoli istanti». Da qui deriva il tempo fuor sesto di Naufragio, che concentra
in un’ora una vita intera, passata e futura.
D
LE COSE CHE RESTANO è dedicato alla memoria di M.P. cui si è voluto rendere
omaggio nascondendo all' interno del testo un breve passaggio di una sua
canzone.
Stefano
Fortin
TeatroBasilica
LE COSE CHE RESTANO
6 dicembre 2025, ore 21:00
7 dicembre 2025, ore 16:30
regia e ideazione Alessandro Businaro
drammaturgia Stefano Fortin
con Grazia Capraro e Vassilij Gianmaria Mangheras
suono Dario Felli
assistente alla regia Chiara Businaro
tecnico luci e suono Francesco Manzoni
produzione Tib Teatro



