Delitto Garlasco, il Generale Garofano a Storie Italiane: “Io ingenuo? Davo per scontato che la documentazione fosse legittima"

 


“Non ho molto gradito di essere definito ingenuo aggiungendo alcune motivazioni. Io sarei stato ingenuo perché sono stato leggero, non accorto”, così ha esordito questa mattina in diretta a Storie Italiane su Rai1 con Eleonora Daniele il Generale Garofano dopo le dichiarazioni rilasciate dall’avvocato De Rensis sul caso Garlasco.

“Ho ricevuto da tre penalisti una documentazione che riguardava di verificare se il DNA di Sempio corrispondeva al prelievo fatto dalla società SKP per poi redigere una consulenza. Per quale motivo io dovevo verificare e scoprire che quella documentazione fosse legittima o meno? Io avevo un compito molto particolare ristretto a quegli ambiti, non mi sono chiesto e non mi dovevo chiedere. Non sono ingenuo perché davo per scontato che quella documentazione fosse legittima. Ho scoperto nel maggio 2025 che forse non lo è e che la mia consulenza non era stata depositata, ma questa è la strategia difensiva, che decide se usarla o no. Io sono l’unico che ha dimostrato trasparenza”, ha raccontato.

 

Relativamente alla sua rinuncia all’incarico di consulente, ha spiegato: “La mia decisione nasce da una considerazione tecnica: io avevo suggerito a Sempio e agli avvocati di inserire l’impronta 33 nell’incidente probatorio. Loro non hanno ritenuto quindi quando non c’è sintonia, il consulente ti segnala alcune cose e gli avvocati decidono diversamente, è bene lasciare il mandato, ti rimetti alle decisioni degli avvocati. Credo, ma è una mia interpretazione soggettiva, che le affermazioni di Lovati che definiva quella famiglia ‘ignorante’ abbiano comunque accelerato una discussione all’interno della famiglia, sfociata poi nella decisione di sfiduciarlo”.

 

“Quel DNA io condivido a definirlo non idoneo per una comparazione”, ha rivelato “perché è stato tenuto da una sola amplificazione e i genetisti sanno che bisogna avere una conferma con due amplificazioni di un profilo. Come ha correttamente detto la professoressa Baldi, è un profilo misto e parziale del cromosoma Y che non consente alcuna identificazione. Anche nella consulenza Ricci, di Alberto Stasi, si dice che il profilo può essere utilizzato per una compatibilità con probabilità statistica ma non possiamo escludere che appartenga a tutti i soggetti maschi non contemplati nella banca dati usata per il calcolo”. E ancora: “Sono testimone di tanti casi mediatici, ma so che i magistrati hanno gli anticorpi per potersi difendere anche da una elaborazione ignobile che è stata fatta di questo caso.  L’impronta 33 che la Procura ritiene attribuibile a Sempio è un elemento indiziario importante, vedremo come concluderà la dottoressa Albani. Se questi due capisaldi reggono, Sempio credo che purtroppo sarà rinviato a giudizio. Io non credo alla potenza identificativa di quel Dna”.

 

In diretta anche l’avvocato De Rensis che ha replicato: “Io ho detto che credo ciecamente alla sua buona fede. Immagino che lei sapesse che quella era un’indagine molto fresca, presuppongo che abbia dedotto, visto che la procedura la conosce benissimo, che ci fosse un’istanza di accesso agli atti. Non sarà sfuggito che non ho detto avrebbe dovuto, ma potuto, verificare. Ho usato il termine ingenuo, e ne sono orgoglioso, nella formula dubitativa, per indicare purezza, onestà e schiettezza”.

Fattitaliani

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