La scienza della luce incontra l’arte dell’illusione: Francesco Murano dietro la mostra su Escher

 


Dopo dieci anni di assenza, M.C. Escher torna a Milano con una grande mostra al Mudec – Museo delle Culture (25 settembre 2025 – 8 febbraio 2026), prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e curata da Claudio Bartocci, Paolo Branca e Claudio Salsi, in collaborazione con il Kunstmuseum Den Haag.


Novanta opere dell’artista olandese, affiancate da preziosi esempi di arte islamica e da installazioni immersive, ripercorrono la sua ricerca visionaria tra arte, matematica e percezione.

A firmare la progettazione luminosa è l’architetto Francesco Murano, uno dei maggiori esperti italiani di light design museale, che rinnova il suo lungo dialogo con l’universo escheriano: dieci allestimenti in oltre vent’anni di lavoro.

La luce come misura di rispetto

«Le opere di Escher sono estremamente sensibili – spiega Murano – perché la carta reagisce in modo immediato alla luce. Per questo motivo preferisco mantenere livelli di illuminamento bassi, rispettando i limiti di conservazione ma anche la natura intima del segno grafico. La luce deve accompagnare, non invadere». Un approccio che, più che tecnico, è etico: la luce come strumento di tutela e di lettura, mai come ornamento.

Un equilibrio tra visione e percezione

L’artista olandese giocava costantemente con l’occhio dell’osservatore, e anche l’illuminazione deve farlo. «Quando lo spettatore si avvicina a una litografia, deve poter esplorare ogni dettaglio senza che la propria ombra lo tradisca – racconta Murano –. Per questo il sistema luminoso è studiato lateralmente, in modo che la proiezione dell’ombra cada oltre il campo visivo. È un modo per entrare nell’opera senza violarla».

Luce, geometria e memoria

Il legame di Murano con Escher affonda negli anni Ottanta, quando l’architetto programmò un software capace di generare tassellazioni geometriche. «Non sapevo ancora quanto quelle figure incastrate avessero a che fare con Escher. Poi ho capito che la sua grandezza sta nel trasformare la geometria in emozione visiva. È una lezione che continuo a portare nel mio lavoro: la luce è la mia equazione visiva».

Atmosfere specchianti e spazi mentali

L’allestimento curato da Corrado Anselmi trova nella luce di Murano la sua estensione naturale. «L’uso di superfici riflettenti e pavimenti decorati – prosegue Murano – crea un’atmosfera caleidoscopica che ricorda le architetture impossibili di Escher. In questi contesti la luce diventa materia architettonica: definisce, orienta, ma lascia sempre un margine al mistero».

Una luce che pensa

Per Murano, la luce non è mai un effetto scenico ma un linguaggio di pensiero. «Non credo esista una “luce escheriana” – sottolinea – ma esiste una luce che ragiona, che osserva insieme allo spettatore. La mia ambizione è far sì che ogni visitatore esca con la sensazione non solo di aver osservato un’opera di Escher, ma anche di aver compreso il modo in cui la nostra mente può coniugare il rigore geometrico alle visioni oniriche».

Con la sua progettazione luminosa, Francesco Murano restituisce al pubblico la profondità più intima del mondo di Escher: un luogo dove la razionalità si fa poesia visiva, e dove la luce non illumina soltanto le opere, ma diviene anche veicolo attivo di comprensione e di meraviglia.


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