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da Wikipedia |
"La lettura è la macchina del tempo che ci permette di vivere altre vite, altre paure, altri sogni." - Jorge Luis Borges
Sabato 6 settembre, Mantova si trasforma nuovamente nel cuore pulsante della letteratura. Il Festivaletteratura, con le sue sale storiche illuminate dalla luce calda del tardo pomeriggio, accoglie scrittori, lettori e curiosi. Tra le figure più attese c’è Mariana Enriquez, autrice argentina celebre per i suoi racconti gotici e sociali, in grado di trasformare il terrore quotidiano in letteratura intensa e coinvolgente.
Non si tratta di un incontro reale, ma l’immaginazione ci permette di costruire uno scenario suggestivo: Enriquez, la sua narrativa, la poesia effimera di Italo Nostromo, e il tema universale della fugacità dell’arte si intrecciano in una riflessione letteraria che illumina la lettura e la scrittura come strumenti di comprensione del mondo e della memoria.
L’universo narrativo di Mariana Enriquez
Mariana Enriquez è oggi una delle voci più riconoscibili della letteratura argentina contemporanea. La sua scrittura nasce da una formazione di lettrice eterodossa, dove libri trovati per caso, riviste underground, fumetti e musica rock hanno contribuito a creare un universo personale e inquieto. In testi come Un luogo soleggiato per gente ombrosa, Le cose che abbiamo perso nel fuoco e La nostra parte di notte, Enriquez intreccia gotico, sociale e quotidiano, dando voce a fantasmi reali e metaforici.
Il suo lavoro non è mai astratto: violenza, povertà, repressione, patriarcato e disuguaglianze diventano protagonisti della narrazione, così come la memoria di un passato difficile, segnato dall’ultima dittatura argentina. Le protagoniste femminili, spesso giovani o adulte marginali, vivono esperienze di paura e resistenza, di dolore e trasformazione.
La città, e in particolare il conurbano di Buenos Aires, diventa teatro di un soprannaturale radicato nella realtà, dove il quotidiano e l’irreale si mescolano continuamente. La scrittura di Enriquez sovverte le gerarchie tradizionali della letteratura: alto e basso, gotico e sociale, reale e fantastico convivono nello stesso spazio narrativo, creando un linguaggio che invita il lettore a partecipare attivamente, a confrontarsi con i fantasmi interiori e collettivi, e a scoprire la bellezza che nasce dall’inquietudine.
La fugacità dell’arte e il ruolo del lettore
Se nei racconti di Enriquez la città e i fantasmi assumono un ruolo quasi tangibile, il tema della fugacità emerge come filo conduttore nella riflessione sulla scrittura e sulla lettura. Ogni storia è un tentativo: di raccontare, spiegare, far sentire qualcosa. La perfezione non è necessaria; il tentativo stesso è ciò che rende l’arte potente.
Il lettore diventa co-creatore: è lui a completare le lacune, a incontrare i fantasmi, a interpretare la violenza e la memoria. Il concetto di fugacità non significa vuoto, ma possibilità: ogni parola, ogni immagine, ogni esperienza narrativa è destinata a svanire, ma lascia un’impronta indelebile in chi legge.
L’arte è tentativo, e il tentativo è già successo. Questa è la filosofia che unisce la narrativa di Enriquez alla poesia di Italo Nostromo, che esplora con precisione la stessa fugacità, ma con strumenti diversi: versi brevi, immagini dense, capacità di catturare l’effimero e renderlo significativo.
Italo Nostromo e la poesia dell’effimero
Italo Nostromo, poeta italiano contemporaneo, affronta il tema della vita fugace con versi concentrati e potenti. La sua poesia è un ponte tra la durata e l’impermanenza, tra il reale e l’evanescente. Come in Enriquez, anche qui il lettore diventa protagonista: è lui a completare il senso, a dare corpo a ciò che appare fragile, breve, evanescente.
Nostromo ci ricorda che la vita stessa è effimera, e che l’arte può solo tentare di afferrarla. La poesia diventa quindi strumento di memoria, riflessione e resistenza, capace di rendere visibile ciò che sfugge al quotidiano. La forza dei suoi versi risiede nella capacità di condensare in poche parole esperienze, emozioni e riflessioni sull’esistenza, trasformando il fugace in qualcosa che resta impresso nell’anima del lettore.
La città, il tempo e i fantasmi
Sia nella narrativa di Enriquez sia nella poesia di Nostromo, la città assume un ruolo centrale: luogo di incontri, di storie e di fantasmi. Buenos Aires e Mantova, pur distanti e diverse, diventano simboli di esperienze che travalicano il tempo e lo spazio. I vicoli, le piazze, le periferie e le sale storiche sono spazi in cui il quotidiano si mescola all’irreale, dove la memoria dei corpi e delle parole lascia tracce sottili ma indelebili.
Il tempo è un ladro, ma anche un narratore. Nei racconti di Enriquez e nei versi di Nostromo, il tempo sfugge, si dilata, si contrae, ma non annulla l’impronta dell’esperienza. Ogni storia, ogni verso, è un tentativo di afferrarlo, di restituire alla memoria ciò che rischia di perdersi.
La città diventa quindi simbolo della nostra condizione: luogo di vita e di morte, memoria e oblio, reale e immaginario. I fantasmi urbani e letterari ci insegnano che ciò che sembra destinato a svanire può invece lasciare segni indelebili, se lo si osserva con attenzione.
Il dialogo immaginario
Ed è qui che il dialogo immaginario trova il suo spazio. Non è mai avvenuto realmente, ma nella finzione diventa un momento di sintesi dei temi principali. Immaginiamo i due autori seduti fianco a fianco, illuminati dalla luce calda delle sale del Festivaletteratura:
Nostromo: “Poiché fugace è l’arte quando è solo tentativo, ogni parola sfugge come ombra tra le dita dell’anima.”
Enriquez: “Esattamente. La scrittura non cattura mai del tutto la realtà. Ma il tentativo è ciò che rende l’arte potente. Il lettore completa ciò che scriviamo, colma i vuoti, incontra i fantasmi che mettiamo sulla pagina.”
Nostromo: “Il tempo è un ladro di volti, eppure ogni ricordo si attacca come polvere sulla pelle dei vivi.”
Enriquez: “Voglio che il lettore diventi protagonista. Che si confronti con le proprie paure e con i fantasmi collettivi. La letteratura è libertà, ma anche responsabilità.”
Nostromo: “E nella poesia, ogni parola, pur fragile e breve, può imprimersi profondamente.”
Enriquez: “Il mio gotico è sociale. La paura che creo nasce dalla realtà: disuguaglianze, abusi, violenze silenziose. La tua poesia fa lo stesso lavoro, Italo: rende visibile ciò che normalmente sfugge.”
Nostromo: “In ogni volto incontriamo un fantasma di ciò che siamo stati, un eco di ciò che potremmo diventare.”
Enriquez: “Esatto. Ogni racconto è un tentativo: raccontare, spiegare, far sentire qualcosa. Non importa se resta incompleto; il tentativo stesso è già arte.”
Nostromo: “E così, anche quando fugace, l’arte lascia impronte invisibili, e il tentativo diventa memoria, per chi sa guardare e ascoltare.”
Questo dialogo immaginario chiude l’articolo come sintesi poetica e narrativa: Enriquez e Nostromo, pur non essendo mai realmente seduti insieme, incarnano la possibilità che narrativa e poesia dialoghino, che la fugacità diventi esperienza condivisa, che il tentativo sia già arte.
Conclusione
In un mondo in cui tutto scorre rapidamente e ogni esperienza sembra destinata a scomparire, la scrittura e la poesia rimangono strumenti per dare forma all’ombra, catturare il tempo e rendere visibile ciò che altrimenti sfuggirebbe.
Il Festivaletteratura di Mantova, anche solo immaginato in questo dialogo, diventa teatro di una riflessione sulla memoria, sulla città, sulla poesia e sulla narrativa. Enriquez e Nostromo ci mostrano che il fugace non è un limite, ma una possibilità: ogni storia, ogni verso, ogni lettura è un tentativo che diventa esperienza condivisa.
Alla fine, emerge una verità semplice e potente: la fragilità e la fugacità dell’arte non ne diminuiscono il valore; al contrario, ne aumentano la potenza, perché ogni tentativo, per quanto breve, può aprire nuovi orizzonti di comprensione ed emozione.
In questo spazio immaginario, le parole di Enriquez e Nostromo si fondono, mostrando che anche ciò che è effimero, breve e fragile può diventare eterno nella memoria di chi legge, e che la letteratura è, prima di tutto, un atto di resistenza, un tentativo di rendere visibile l’invisibile.
Carlo Di Stanislao