 |
foto di Clarissa Lapollaph |
di Giovanni Zambito - Il 10 settembre alle 21.30, nello spazio accogliente e creativo di Spazio Open (ingresso 10 euro), il Mercurio Festival dà voce alle nuove generazioni con lo spettacolo Paolo Sorrentino vieni devo dirti una cosa di Giuseppe Scoditti.
Con la freschezza della stand-up comedy e l’intensità del monologo autobiografico, Scoditti parte da un episodio realmente accaduto: il provino fatto per un film di Paolo Sorrentino nel 2018, da cui fu scartato. Da quel “no” prende forma un atto scenico sorprendente, in cui l’ironia diventa chiave per raccontare non solo il mondo dello spettacolo – con le sue ossessioni e contraddizioni – ma anche una vicenda universale, che parla di sogni, rifiuti, ambizioni e della difficoltà, oggi, di trasformare un desiderio in realtà.
Attraverso un ritmo che alterna confessione e comicità, teatro fisico e cinema immaginato, Paolo Sorrentino vieni devo dirti una cosa regala al pubblico leggerezza e profondità, risate e riconoscimenti, costruendo un dialogo intimo e al tempo stesso collettivo. È il viaggio di un attore, ma anche lo specchio di una generazione che cerca con ostinazione di non rinunciare ai propri sogni. L'intervista di Fattitaliani.
Il punto di partenza è un provino andato male: come ha
trasformato un’esperienza personale di rifiuto in uno spettacolo che parla a
tutti?
Ho abbastanza romanzato! Nel mondo dell’arte funziona
così, bisogna prendere dalla vita e “adattare”, rendere ancora più
spettacolare, fruibile e comprensibile il materiale che hai a disposizione. Ma
di base tutto quello che racconto è vero. Tutto vero. E per questo credo
funzioni sempre. Ma non voglio fare troppi spoiler.
Lo spettacolo mescola stand-up comedy, monologo intimo, teatro fisico e cinema:
come ha trovato l’equilibrio tra ironia e confessione?
Mi sembra che le cose debbano convivere per forza. Tutti
i romanzi dove il protagonista si confessa sono carichi di ironia e auto
ironia. L’ironia è un’arma, un mezzo per capire meglio le cose. Una forma di
distacco necessaria che rivela un punto di vista inedito.
Dire “devo dirti una cosa” a Sorrentino diventa un pretesto narrativo, ma anche
un atto liberatorio: cosa rappresenta davvero per lei questo dialogo
immaginario?
Un rapporto di odio e amore. Non mi piacciono le emozioni
senza sfumature ed è per questo che abbiamo cercato di scrivere uno spettacolo
in cui tutti si possano rivedere. Del resto amiamo e odiamo sempre nella vita!
Spesso contemporaneamente!
La sua generazione spesso si scontra con precarietà e sogni difficili da
realizzare: pensa che il suo lavoro dia voce a un sentimento collettivo?
Assolutamente sì. Penso che lo spettacolo parli anche di
questo in un qualche modo. La ricerca di un sogno, folle, ma comunque
realizzabile che possa ispirare tutti.
Lei alterna leggerezza comica a riflessioni profonde: quanto è importante, per
un attore, saper cambiare registro davanti allo spettatore?
Tanto. È lì che si vede la complessità e la ricerca.
Adoro gli attori comici, non i comici sia chiaro, gli attori che fanno i
comici. Mastroianni quando si metteva a fare il buffone era fantastico.
C’è un momento dello spettacolo in cui sente che il pubblico “si riconosce”
maggiormente nella sua storia?
Penso il finale ovvero il momento in cui cerco
fisicamente Sorrentino tra il pubblico. Ma non fatemi aggiungere altro….
Mercurio Festival invita a intrecciare linguaggi e generazioni: cosa
significa per lei portare in questo spazio un lavoro così personale e
universale allo stesso tempo?
Un’occasione perfetta. Ringrazio tantissimo chi mi ha
voluto. Prometto che lo show sarà fantastico.