Con il suo nuovo libro "La doppia vita (segreta) dei VIP e non solo…", Alessandra Hropich apre uno spiraglio su un mondo in cui l’apparenza è spesso in contrasto con la realtà. Giornalista e comunicatrice di lungo corso, l’autrice intreccia autobiografia e osservazione sociale, raccontando con lucidità e ironia episodi vissuti in prima persona e situazioni che svelano il lato nascosto di personaggi noti e di gente comune. Tra avances inopportune, maschere sociali e dinamiche di potere, Hropich costruisce un racconto senza nomi ma ricco di meccanismi da riconoscere, invitando il lettore a riflettere su ciò che si cela dietro il luccichio dei riflettori.
In questa intervista, ci accompagna tra le pagine del libro, spiegando le scelte narrative, i messaggi che spera di trasmettere e i progetti futuri legati a un’opera che promette di far discutere.
Alessandra, partiamo dal titolo del suo nuovo libro: "La doppia vita (segreta) dei VIP e non solo...". Un titolo forte e diretto. Cosa si cela dietro questa scelta?
Il titolo vuole essere uno specchio della realtà che racconto: una realtà fatta di contrasti tra ciò che appare e ciò che realmente accade dietro le quinte, sia nel mondo dei VIP sia nella quotidianità di persone comuni. Ho voluto usare un linguaggio chiaro, diretto, perché le storie contenute nel libro lo richiedono: sono esperienze vissute, a volte scomode, ma sempre autentiche. “La doppia vita” non è solo una metafora: è una condizione che ho incontrato spesso, soprattutto nel mio lungo percorso nel mondo della comunicazione e del giornalismo.
Il libro è a metà tra autobiografia e inchiesta. Qual è stato l'equilibrio tra il raccontare se stessa e l’analizzare fenomeni più ampi?
Ho cercato di mantenere sempre la coerenza con me stessa. Ogni storia nasce da un vissuto personale, ma spesso si apre verso considerazioni che riguardano molte donne, molti ambienti, molte dinamiche sociali. Racconto incontri, avances inopportune, ma anche la complicità silenziosa di certi ambienti. Non ho mai voluto fare una denuncia: è piuttosto un atto di verità, uno sfogo lucido e ironico che invita a riflettere.
C’è un episodio, tra quelli raccontati, che le è rimasto particolarmente impresso?
Più di uno, ma ce n’è uno in particolare che riguarda una figura pubblica molto nota, il cui comportamento in privato era l’esatto opposto dell’immagine costruita pubblicamente. Non posso rivelare dettagli per rispetto della privacy e del senso del libro stesso, che non vuole “smascherare” nomi, ma piuttosto meccanismi. Quel momento è stato una svolta: ho capito quanto le maschere sociali siano radicate e quanto il potere, anche quello carismatico, possa diventare un’arma ambigua.
Il libro tocca un tema delicato: le pressioni, le avances, la manipolazione. Come ha scelto il tono giusto per trattare questi argomenti?
Con ironia e sincerità. Ho sempre creduto che l’ironia, quando non diventa sarcasmo, sia uno strumento potentissimo per raccontare anche ciò che fa male. Il tono diretto mi ha permesso di essere vera, senza filtri, ma senza mai scadere nel vittimismo. È un racconto personale, ma può diventare specchio per chi legge.
Cosa spera che il lettore porti con sé alla fine del libro?
Mi piacerebbe che chi legge si sentisse meno solo. Che trovasse tra le righe il coraggio di guardare certe situazioni con occhi nuovi, di riconoscere dinamiche familiari, magari mai dette ad alta voce. E soprattutto, che nasca una riflessione più ampia sul ruolo delle donne, sulla comunicazione, sul potere. Perché ciò che racconto non riguarda solo “l’ambiente”, ma la società intera.
A chi si rivolge questo libro?
A tutti, uomini e donne. A chi lavora nel mondo della comunicazione, ma anche a chi vive una vita lontana dai riflettori. A chi si è trovato almeno una volta a dover indossare una maschera, per necessità o per paura. E anche a chi crede ancora che tutto ciò che brilla sia davvero oro.
Le hanno mai chiesto di tacere quanto ha visto con i suoi occhi tra avances incandescenti, tradimenti come noccioline, situazioni decisamente ambigue?
Assolutamente sì. Mi hanno implorato di non dire nulla. Mi hanno offerto persino belle somme di denaro perché io non raccontassi mai nulla. Anche se non faccio nomi, le persone note hanno paura che io possa rivelare un particolare che le renda riconoscibili. Ma io sono un’esperta di comunicazione: so bene cosa dire e cosa non dire. E, soprattutto, so dove finisce il racconto e dove comincia il rispetto.
Prossimi progetti? Eventuali presentazioni o collaborazioni?
Sono aperta al dialogo e porterò questi temi in contesti diversi: rubriche, podcast, incontri culturali di cui ho già notizia, ma le cui date verranno confermate a breve. Credo che questo libro possa diventare un punto di partenza per riflessioni collettive, anche attraverso contenuti editoriali più ampi. Sto già lavorando ad alcune collaborazioni interessanti. È un libro che tocca nervi scoperti, dinamiche familiari e professionali in cui nessuno è davvero al sicuro. E chissà… forse anche a un nuovo progetto narrativo, che mi stanno chiedendo con insistenza. Vedremo.
Dove possiamo trovare il libro?