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| Foto di Diego Cantore |
Rosa che cantava la terra. Rosa che la sua terra, un giorno, ha dovuto lasciarla. Rosa tradita da quella stessa terra, tra fame, violenza, dolori e abusi. Ma anche Rosa grido di speranza, ieri come oggi. La sua voce profonda, dura e ancestrale, ha raccontato il Sud con tutte le sue contraddizioni: la miseria e l’emigrazione, la fatica di vivere e la necessità di resistere. È la voce di una donna che, sin da bambina, cantava nei campi, nonostante un padre che la ammoniva dicendo che “le donne non cantano”. È la voce di Rosa Balistreri, la Cantatrice del Sud, figura centrale del folk siciliano degli anni ’70 e protagonista della riscoperta della canzone popolare, che attraverso lei ha raggiunto il mondo intero. A questa storia, fatta di dolore e di riscatto, è dedicato lo spettacolo Terra di Rosa di Tiziana Francesca Vaccaro che da dieci anni porta in scena la vita e la voce di una donna che resta ancora oggi attuale, scomoda e necessaria. Domani sera fa tappa a Vicenza nell'ambito del festival di teatro popolare BE POPULAR. L'intervista di Fattitaliani aTiziana Francesca Vaccaro.
Come è nato il suo incontro con la figura di Rosa Balistreri e cosa l’ha spinta a dedicarle uno spettacolo?
Ho conosciuto le canzoni di Rosa Balistreri da bambina, in Sicilia. Mia nonna mi cantava sempre alcune ninne nanne in dialetto per farmi addormentare. Al mercato di Catania, tra un urlo e l'altro, i commercianti intonavano dei canti, affascinanti per me bambina, ma a volte incomprensibili. Mia madre mi diceva che facevano parte della nostra tradizione popolare e che molti di questi non si sapeva a chi realmente appartenessero, erano di tutti. Solo da adulta ho scoperto che quelle ninne nanne, quei canti che raccontavano di miseria, lavoro e migrazione, provenivano tutti dalla stessa voce, quella di Rosa Balistreri. Una voce inconfondibile, dura e aspra, dolce e commovente, di cui mi sono perdutamente innamorata. Quando ho lasciato Catania per Milano, la città in cui vivo adesso, con nelle orecchie la voce di Rosa, ho iniziato a scavare dentro la sua vita, un po’ per caso, non so bene cosa cercassi, forse sentivo che mi mancava qualcosa, e di dover ritrovare quel qualcosa proprio in una storia che parlava di arte, terra e riscatto. Ho deciso di dedicarle poi lo spettacolo, di raccontare la sua vita, perché di Rosa, in Sicilia più che altrove, se n’è sempre parlato male, o non se n’è mai parlato abbastanza, con la giusta attenzione e cura. Perché in fondo nessuno conosceva veramente la sua storia.
Qual è stata la scintilla che le ha fatto dire: “Questa storia deve essere raccontata oggi”?
Perché Rosa Balistreri è una figura assolutamente contemporanea, un archetipo femminile enorme. È stata una donna che ha lottato sin dalla nascita, con la forza del suo canto, contro una società patriarcale e misogina che vedeva le donne solo come mogli e madri e le divideva in sante e “buttane”, che ha sfidato più e più volte il potere mafioso e fascista.
Per me non si tratta di raccontare solo la sua storia, ma quella di chi come lei ha vissuto e vive ogni giorno contro pregiudizi, abusi, violenze.
Nel suo percorso artistico, cosa rappresenta Terra di Rosa rispetto ad altri lavori che ha portato in scena?
È il mio primo spettacolo come autrice ed unica attrice in scena. Ha girato tanto, ed è stato davvero dappertutto: teatri, cinema, scuole, università, librerie, centri sociali, centri occupati, centri per rifugiati, case private, piazze, ristoranti, cantine… persino in un bunker! Quest’anno compie 10 anni. Mi ha dato la conferma che il teatro, o meglio, raccontare storie, anche in teatro ma non solo, era ed è la mia strada.
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| Foto di Diego Cantore |
Chi era Rosa Balistreri, al di là della cantatrice conosciuta dal pubblico?Una donna che ha sofferto molto, che si è spezzata tante volte, ma che è sempre riuscita a ricomporsi, a rimettere insieme i pezzi. Una donna che ha amato forse più di quanto non sia stata amata. E questo credo abbia inciso nella sua vita più di ogni altra cosa. Quel bisogno d’amore impellente da colmare come un vuoto l’ha accompagnata fino alla fine, così come la sua capacità umana e immensa di perdonare gli altri per il male ricevuto.
Quali aspetti della sua vita e della sua personalità l’hanno colpita di più durante la ricerca?
Due gli aspetti che mi hanno più colpita. Sicuramente il primo è la profonda capacità di perdonare cui accennavo prima: Rosa un giorno, durante un concerto in carcere, ritrova il cognato che 20 anni prima aveva ucciso la sorella Maria, e alla sua vista - era un uomo molto provato – interrompe il concerto, scende dal palco e gli va incontro per abbracciarlo. Ecco, io questo momento l’ho trovato potentissimo e infatti lo racconto nello spettacolo.
Il secondo aspetto che mi ha colpito è il rapporto complesso con la maternità, intesa come “essere, desiderare e sentirsi madre”. Rosa non ha avuto l’opportunità di scegliere: i bambini persi o nati morti e l’unica figlia nata, Angela, sono stati frutto di violenze da parte del marito. Questo ha inciso molto nel legame con Angela che è stato conflittuale fino alla fine, così come credo abbia inciso in generale nella sua vita.
Rosa è stata una donna che ha vissuto violenze, discriminazioni, ma che è riuscita a trasformare il dolore in canto: cosa può insegnarci ancora oggi la sua voce?
E questo è il terzo aspetto che va a concludere la risposta di prima e che risponde anche a questa domanda. La capacità di trasformare il dolore è un grande dono che Rosa ha avuto e che ha fatto anche a noi. Io credo più che altro che il canto sia stato il suo strumento più grande di trasformazione, che proprio grazie al canto lei sia riuscita a tirare fuori tutto, a liberarsi e a trasformare in gioia e amore. La sua voce, la sua lotta, la sua vita credo ci possano insegnare che c’è sempre tempo e modo per tutti e tutte di segnare una differenza, di dotarsi di un'unicità di sguardo per lasciare una traccia forte che ci rappresenti. Una traccia però che rimanga umana, in questo mondo sempre più disumano in cui stiamo vivendo.
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| Foto di Damiano Xodo |
Le musiche di Andrea Balsamo hanno un ruolo fondamentale nello spettacolo: come avete lavorato insieme per restituire la forza del canto di Rosa?Con Andrea siamo amici da tanti anni. È un musicista sensibile e attento. Quando gli ho chiesto di realizzare le musiche per lo spettacolo, gli ho detto subito che non avrei voluto “cose classiche”, non mi interessava avere un semplice “sottofondo” o che ricordasse i motivi siciliani e popolari noti. Lo spettacolo era quasi pronto, nella scrittura e in parte nella messa in scena, funzionava, eh? Però sentivo la mancanza della musica, in realtà mi ero resa conto che io avevo scritto avendo già in testa certi suoni, certe melodie. Ciò che desideravo era che la musica entrasse pienamente dentro la partitura drammaturgica, che facesse parte della narrazione, non che accompagnasse ma che raccontasse. Che raccontasse la gioia, l’amore, il dolore di Rosa. Volevo che avesse le sonorità nostre, siciliane, ma anche che in qualche modo spezzasse, andasse a creare delle fratture, con suoni altri, anche scomodi e poco gradevoli. Andrea è stato bravo, ha capito subito: è partito sì dalle nostre musiche popolari ma le ha meticciate con suoni elettronici, techno, sperimentali. Il risultato è stato molto potente.
Che tipo di reazioni ha incontrato negli spettatori, soprattutto nelle nuove generazioni che forse non conoscono Rosa Balistreri?
Come dicevo, ho raccontato questa storia davvero dappertutto. Il pubblico indubbiamente più interessante per me è quello giovane. Nelle scuole è ogni volta potentissimo, da nord a sud, è sempre un viaggio straordinario che studenti e studentesse fanno insieme a me. C’è sempre un tempo dopo per chiacchierare, lo chiamano “dibattito”, per me è molto di più: è un tempo di confronto e condivisione necessario, in cui i ragazzi e le ragazze si lasciano andare a domande, riflessioni, confessioni. Sì, perché molte più persone giovani di quelle che ci immaginiamo - soprattutto donne, tocca dirlo - si ritrovano nella storia di Rosa. Tra i tanti momenti vissuti con loro ne ricordo uno in particolare che mi ha toccato il cuore: dopo lo spettacolo, tra una domanda e l’altra, una ragazza - che chiamiamo V. - si avvicina alla prof. e all’orecchio le sussurra qualcosa. La prof. dice che vorrebbe dirmi tanto qualcosa ma che non ce la fa, perché teme di emozionarsi e scoppiare a piangere. Allora la prof., mentre le stringe forte la mano, chiede se può farlo lei al suo posto, la giovane acconsente. Mano nella mano, occhi negli occhi la prof. dice che V. mi ringrazia per la storia raccontata e ringrazia Rosa per il coraggio di aver vissuto pienamente la sua vita, così come V. adesso vorrebbe vivere la sua, dopo tanta violenza subita. “Tanta violenza subita…” La prof. abbassa la voce quando lo dice, è molto emozionata, dice forte invece la sua età: V. ha solo 16 anni. E lì… sono stata io che ho fatto fatica a trattenere le lacrime.
Se potesse rivolgersi direttamente a Rosa Balistreri, cosa le direbbe oggi?Ecco, forse le racconterei di quanto bene faccia ancora la sua storia, soprattutto a giovani come V. E sì, forse semplicemente anche io la ringrazierei. Per essere stata così scomoda e aver fatto la differenza, per quell’unicità di sguardo che dicevo prima, che le ha permesso e mi ha permesso indagare nelle pieghe della vita e raccontarle, in profondità. Grazie per non essersi ma adeguata al suo tempo e averlo reso universale e, mai come adesso, così attuale. Grazie aver avuto la capacità di dire oltre la parola e il senso comune, per aver combattuto con tutta la sua forza, con le sue canzoni e la sua arte per una vita migliore, un tempo migliore.
Venerdi 22 agosto 2025
Ore 19:15 Cortile di Palazzo da Schio
Tiziana Francesca Vaccaro
TERRA DI ROSA – vite di Rosa Balistrieri
di e con Tiziana Francesca Vaccaro
musiche di Andrea Balsamo - aiuto regia Giovanni Tuzza