Raffaele Guadagno e il suo "Tempo, col mio amante stronzo": una testimonianza che scuote e restituisce senso. L'intervista di Fattitaliani


Con “Tempo, col mio amante stronzo”, Raffaele Guadagno firma un libro intenso e necessario, che parte dalla sua esperienza personale - un ictus che ha segnato la sua vita - per allargare lo sguardo alle fragilità dell’animo umano e alle crepe del nostro sistema sanitario. L’autore racconta il proprio percorso di riabilitazione fisica e interiore con lucidità e ironia, senza edulcorare il dolore né nascondere la fatica. Ma il libro è anche un atto politico e civile: denuncia le disuguaglianze territoriali nella sanità, rompe tabù su temi come la sessualità dopo un evento traumatico, e restituisce voce a chi spesso viene considerato solo un "sopravvissuto".

Presidente di Alice Biella, Guadagno si impegna ogni giorno per offrire supporto, ascolto e consapevolezza alle persone colpite da ictus e alle loro famiglie. Nelle sue parole — e in quelle di sua figlia Matilde, che parla di “ictus esistenziali” — emerge un messaggio universale: la vita, anche dopo una frattura profonda, può trovare nuovi significati. E il Tempo, seppure bastardo, può diventare un alleato.

Lo abbiamo intervistato per approfondire la sua storia, il suo impegno e la forza dirompente della narrazione.

Il suo libro non è solo una storia personale, ma anche uno spaccato sull’Italia e sul sistema sanitario. Come descriverebbe il supporto che ha ricevuto dai medici e dalle associazioni durante la riabilitazione?

Il tema è importante e nel contempo scivoloso. Il nostro sistema sanitario garantisce a tutti un servizio, nel bene e nel peggio. Voglio dire che purtroppo in Italia non tutte le strutture sanitarie sono efficienti. Molte rasentano la mediocrità assoluta, anche per questo molti medici scappano via dal nostro paese. Tra nord e sud passando dal centro ci sono delle disparità incolmabili. E sarà sempre peggio con la nuova riforma dell’autonomia differenziata, avremmo che ogni regione avrà una sanità diversa. Quelle regioni ricche avranno il meglio il resto, sopravvivranno. Se va bene.

A me nonostante tutto è andata bene, nella mia città umbra il servizio sanitario funziona. Le associazioni con la riforma del Terzo Settore, voluta dal Governo Renzi, ha dato tante possibilità. Negli anni è stata aggiornata e ampliata in meglio. Ma ancora tanto deve essere fatto. Anche per questo motivo ho voluto intraprendere il percorso con Alice Italia, associazione che si occupa di persone colpite da ictus.  

"Non si tratta solo di ictus cerebrali, ma di ictus esistenziali": la frase di sua figlia Matilde è particolarmente significativa. Cosa significa per lei questa affermazione?

Gli "ictus esistenziali" possono essere altrettanto devastanti quanto quelli fisici. Sono momenti in cui ci si sente persi, confusi, e come se la vita stesse andando fuori controllo. Potrebbero essere causati da eventi importanti, cambiamenti di vita, o semplicemente dalla pressione quotidiana. Quando si affrontano questi momenti, è importante prendersi del Tempo per sé stessi, riflettere su cosa è veramente importante e cercare supporto, sia esso da amici, familiari, o professionisti come psicologi o counselor, addestrati ad ascoltare in modo empatico e ad aiutarti a esplorare i tuoi pensieri e sentimenti. E a volte, piccoli passi possono fare una grande differenza: fare una passeggiata, leggere un libro che ispira, o semplicemente dedicare del tempo a qualcosa che ami.

Essendo Presidente di Alice Biella, ha modo di entrare in contatto con molte persone colpite da ictus. Qual è il messaggio più importante che cerca di trasmettere attraverso la sua esperienza e il suo impegno?

Intanto posso affermare che non è facile entrare in contatto con le persone che hanno subito questo terremoto che ha invaso e distrutto una buona parte, se va bene, della vita di questi sopravvissuti. Ci etichettano cosi i medici. Ed invece siamo semplicemente persone che hanno bisogno solo di parlare, confrontarsi, di sfogare, di piangere o semplicemente ridire. Ma molto spesso si chiudono in se stessi, si vergognano, non vogliono farsi nemmeno vedere dai familiari, amici o nemici. Hanno timore di essere giudicati non è bello, credetemi. Cerco di trasmettere, sperando di riuscire, un pizzico di speranza che la nuova vita è comunque un dono che va vissuta. Dobbiamo essere riconoscenti di essere vivi, sorridere, di respirare il profumo della vita.

Il libro affronta anche temi spesso taciuti, come la sessualità e i cambiamenti fisici dopo un evento traumatico. Quanto è stato importante per lei rompere questo tabù nella narrazione?

Ho voluto mettere questi temi che sono parte della quotidianità del vivere. Purtroppo ho scoperto durate tutto il mio percorso che nonostante siamo secondo millennio temi come la sessualità, il cambiamento fisico dopo un evento traumatico sono tabù. Non se ne parla tra i pazienti, tantomeno tra il medico o psicologo e pazienti. Sono stato io che ho voluto sapere ma ho trovato sempre una certa resistenza da parte del terapista. Capisco anche loro perché lo scopo primario è quello di portarti fuori dalla struttura ovattata in cui ti trovi, al meno peggio possibile. Rendere una certa autonomia nel fare il quotidiano: lavarsi, vestirsi, mangiare e poi…in molti casi passare il proprio Tempo nell’ozio, a poltrire. Mentre la vita scivola via veloce. Ricorre sempre il Tempo. Ma anche la sessualità, intesa come sentimento emotivo, fa parte della quotidianità della vita è parte della nostra cultura. Perché non parlarne?

In che modo ritiene che il suo libro possa aiutare non solo chi vive un grande cambiamento, ma anche chi si trova accanto a persone in situazioni difficili?

L’amore per le persone, l’amore per la vita, l’amore per se stessi solo questi sentimenti che racconto possono essere di supporto a chi è travolto da un trauma che cambia la propria esistenza e quella della famiglia.



Fattitaliani

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