Nando Uggeri si racconta a Fattitaliani: il 26 giugno esce il nuovo singolo ''Lasciatemi in pace''

 


Nando Uggeri, cantautore apprezzato della scena musicale italiana, torna con il nuovo singolo ‘’Lasciatemi in Pace’’, dal 26 giugno disponibile su tutte le piattaforme digitali su etichetta Musitalia. Il brano anticipa l’uscita del prossimo album d’inediti, che verrà rilasciato a settembre. Dopo la pubblicazioni di diversi brani, Nando presenta un brano che rispecchia l'attuale società che viviamo, tra l'essere dipendenti dal cellulare e a vivere più le nostre emozioni, senza freni. 

''Lasciatemi in pace'' cosa rappresenta nella sua carriera artistica? 
Lasciatemi in pace è un’ulteriore step di avvicinamento a quello che ritengo debba essere il ruolo di un cantautore moderno che però ha attraversato decenni di esperienze: osservare, descrivere e raccontare ciò’ che gli gira attorno, senza però lanciare messaggi. Poi è chiaro che il testo descrive gli orientamenti del pensiero dell’artista, ma questo rimane comunque un esercizio soggettivo che si limita a prendere atto di dove sta andando il mondo con le sue contraddizioni, che nessun cantante e nessuna canzonetta può modificare.

Raccontaci com'è nato.
E' nato da esperienze personali e comuni praticamente a tutti coloro che sono interconnessi per lavoro e altro. Ciò che riteniamo un dispositivo utile e ormai indispensabile, può trasformarsi in un oggetto di afflizione perché ogni giorno siamo al centro di ogni sorta di messaggi. Basta parlare di qualcosa e ti appare miracolosamente, sul telefono, la soluzione a qualcosa. E' una presa d’atto che ormai c’è poco da fare ed essere connessi col mondo ha i suoi tanti lati positivi e ognuno può manifestare la sua opinione con soddisfazione. C’è comunque ancora chi non si fa condizionare perché usa il telefono solo per la funzione per cui è nato: telefonare.

Come si è evoluto il suo modo di fare musica?
E' un percorso che prevede evoluzioni e involuzioni, fughe in avanti e ripensamenti. Intendo dire che quando a un certo momento ho sentito l’esigenza di proporre qualcosa che potesse piacere al pubblico, ho scoperto che non mi convinceva perché non era genuino; perciò scrivo e canto ciò che sento dentro e non mi occupo di lanciare messaggi. Comunque dalle mie opere traspare un senso di difficoltà di fronte ai temi sociali più inquietanti: la violenza in genere, la fame, le guerre e raccontare può servire ad esorcizzare e a sperare che le scelte di chi governa il mondo siano più assennate.


Uno sguardo all'attuale panorama musicale in Italia. Cosa le piace e cosa cambierebbe? 
Resistono i mostri sacri che continuano a riempire gli stadi, come una volta, e che riescono sempre a regalare nuove emozioni. Poi ci sono i giovanissimi che, come in passato, inseguono il momento: una volta era il punk, poi il metal e ora è la trap. Sono pur sempre mezzi di espressione delle inquietudini giovanili. Tra i giovani più promettenti ci sono Lucio Corsi, Achille Lauro, Francesca Michielin, ognuno con il suo stile che affonda pur sempre le radici nel passato. Mahmood ha, invece, qualcosa di interessante che lo contraddistingue perché esprime un sound che ha le radici in un’altra cultura.

Tra le tante esperienze artistiche, qual è quella che ricorda con piacere? 
Scrivere canzoni per la Rai mi ha emozionato molto, soprattutto su argomenti sociali relativi a talk show televisivi dove, alla fine del dibattito, arrivava la mia sigla che trattava del tema della settimana e che io interpretavo con entusiasmo in diretta televisiva. 
Fattitaliani

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