“La bellezza è lo splendore del vero.” – Platone
Per Platone, la bellezza non è solo questione di fisico scolpito o abiti alla moda. È qualcosa di molto più profondo: l’eco dell’armonia celeste, una porta verso il mondo delle Idee. Non è solo ciò che si vede, ma ciò che ci chiama da dentro, che ci eleva, che ci invita a cercare l’invisibile nel visibile.
Nel Simposio, attraverso la voce di Diotima, ci parla di una scala della bellezza, un percorso interiore. Si parte dall’attrazione per un corpo, ma non ci si ferma lì. Si sale verso l’amore per l’anima, poi per la conoscenza, fino alla Bellezza pura, eterna, perfetta. Una bellezza che non si spegne, perché non appartiene al mondo sensibile.
Eppure Platone amava la bellezza in tutte le sue forme. Si racconta che fosse attratto dai suoi allievi più brillanti, e che l’amore platonico non fosse semplice idealismo, ma desiderio trasformato, energia che si sposta dal corpo all’anima.
Oggi parliamo ancora di “bellezza platonica”, ma raramente ci ricordiamo che per lui la bellezza era un cammino: uno specchio che ci guida, un invito a cercare l’eternità in un volto, in una parola, in una sinfonia. Un amore che può commuovere senza toccare, che ci rende più veri.
“Conosci il bianco, ma custodisci il nero. Sii il modello del mondo.” – Tao Te Ching
Se Platone spinge a salire, il Taoismo invita a restare. A fermarsi, respirare, osservare. A essere presenti. Secondo il Tao Te Ching, la bellezza non si cerca, non si conquista: si lascia accadere. Il fiore non si sforza per sbocciare. Il fiume non lotta per scorrere. La bellezza è nella semplicità, nella quiete, nel vuoto che contiene tutto.
Il wu wei, il “non agire”, non è passività ma armonia. Agire senza forzare, amare senza trattenere, vedere senza giudicare. In un mondo che ci chiede di essere visibili e perfetti, il Taoismo insegna il valore del non apparire, del non brillare per essere notati, ma per essere veri.
La bellezza taoista è una carezza. È ciò che resta quando tutto il resto cade. È la bellezza che nasce quando smettiamo di voler essere speciali e iniziamo semplicemente a essere.
Platone e il Taoismo offrono due vie diverse, ma entrambe portano oltre l’apparenza. Uno cerca il sublime, l’altro l’equilibrio. Entrambi parlano di una bellezza che supera l’ego e ci connette a qualcosa di più grande. La bellezza non urla, non si impone. È un sussurro, un richiamo sottile. Ci spinge a ricordare chi siamo davvero.
Platone invita a sollevare lo sguardo, a cercare l’armonia nelle cose, a salire dal desiderio alla meraviglia. Il Tao insegna a fermarsi, ad ascoltare il silenzio tra le parole, a vedere la perfezione in ciò che nasce e muore. Insieme ci ricordano che la bellezza non è possesso, ma presenza. Non si trova forzando, ma lasciando accadere. Forse il vero incanto non è nell’oggetto guardato, ma nello sguardo che sa vedere.