"GIOCHETTI – La violenza silenziosa nella famiglia moderna" è un intenso thriller psicologico che indaga le dinamiche relazionali disfunzionali all’interno della famiglia contemporanea.
"Giochetti" racconta la storia di Jacopo, un uomo che, a seguito della separazione
dalla moglie Laura – personaggio pubblico che ha esposto dettagli della loro
vita privata in televisione –, si ritrova a vivere nello scantinato dei
genitori. La reputazione di Jacopo è irrimediabilmente compromessa, mettendo a
rischio il suo bene più prezioso: la custodia della figlia. Attraverso la
narrazione, emergono i temi della manipolazione psicologica, della rivalità
genitoriale e dell'uso dei figli come strumenti di conflitto.
Con uno stile narrativo coinvolgente e profondo, lo spettacolo esplora
gli aspetti più oscuri delle separazioni coniugali, affrontando problematiche
come il ricatto emotivo, le privazioni affettive, le estorsioni economiche e le
vendette personali. "Giochetti" si propone di offrire al pubblico uno
spaccato realistico e toccante delle sofferenze nascoste dietro la facciata
delle famiglie in crisi.
A completare l’esperienza teatrale, il progetto prevede due incontri pubblici gratuiti, durante i quali sarà presentata una ricerca condotta dalla Dott.ssa Ilaria Peschisolido e Dott.ssa Camilla Santoro, neolaureate in Psicologia Clinica presso l’Università LUMSA. La loro indagine scientifica analizza le dinamiche disfunzionali che emergono durante il processo di divorzio, integrandosi con i temi trattati nello spettacolo.
Il progetto, promosso da Roma Capitale - Assessorato alla Cultura, è vincitore dell'Avviso Pubblico, curato dal Dipartimento Attività Culturali, per la concessione di contributi destinati a sale teatrali private con capienza inferiore a 100 posti aventi sede a Roma, per progetti di ricerca e sperimentazione nell’ambito dello spettacolo dal vivo e della formazione. Stagione 2024/2025
NOTE DI REGIA
Il lavoro sulla regia di GIOCHETTI nasce dal desiderio di oltrepassare
il testo e restituirne le stratificazioni emotive, non solo attraverso la
parola ma anche attraverso il corpo, le pause, i vuoti, i silenzi.
In scena non esistono mai buoni o cattivi, ma esseri umani incastrati in
relazioni fragili e dolorose, che si confrontano nel tentativo disperato di
riappropriarsi di un senso. Per questo ho scelto una regia asciutta, misurata,
dove ogni movimento ha un peso, e ogni sguardo può contenere una dichiarazione
d’intenti.
Ho lavorato con gli attori affinché ogni battuta avesse un “prima” e un
“dopo” interno. Nessuna parola deve essere detta senza una tensione pregressa o
una ricaduta emotiva. Le pause sono cesure, respiri, battiti sospesi.
Le musiche sono inserite con rigore chirurgico: mai illustrative, ma
scandite su frammenti di senso, o come respiro tra una frattura e l’altra.
Il mio obiettivo non è spiegare, ma far emergere. Non è dichiarare, ma evocare. E lasciare che ogni spettatore possa ritrovare sé stesso anche nei silenzi più duri.
Riccardo
D’Alessandro