Intervista a Dario Viotti un fumettista tra passato e futuro


di Damiano Conchieri

È un lavoro decisamente complesso, se lo si vuol fare come si deve.

Un fumettista, come da titolo, presente tra passato e futuro che conosce molto bene e e ama il suo lavoro che si tiene sempre sul pezzo. Lo abbiamo incontrato in occasione dell'edizione 2025 del Gardacon. Vediamo che cosa ci ha raccontato Dario Viotti in questa splendida chiacchierata a cuore aperto. 

Dario, quando e dove è nata la sua passione per il disegno, che l'ha poi fatta approdare al mondo del fumetto?

Come molti che fanno questo lavoro, disegno da che ho memoria (probabilmente influenzato anche dal fatto che mio padre, quando ero piccolo, dipingeva), ma non è ahimè una passione che ho coltivato con costanza, dal momento che per un decennio circa (tra i venti e i trenta) l’ho accantonata per seguire altre inclinazioni (sport, musica e altre “distrazioni” che capitano a quell’età); l’ho fortunatamente ripresa poi, spinto soprattutto dall’entusiasmo della mia compagna, che mi ha convinto a frequentare un corso di fumetto tenuto dal maestro argentino Rubén Sosa, grazie al quale ho capito che del disegno potevo provare a fare un mestiere.

Ci siamo conosciuti nel corso dell'Edizione 2025 di Gardacon a Montichiari, dove per altro stava illustrando dei personaggi particolarmente noti del mondo dei fumetti. Qual è uno che ama in particolare?

Sono molti i personaggi che amo, ma se dovessi sceglierne uno, direi Dylan Dog, il primo che ha risvegliato il mio interesse in un’edicola. Non sono un avido lettore di fumetti fin dall’infanzia, a differenza di molti: la mia la potremmo definire una “vocazione adulta” dal momento che avevo quasi 18 anni quando acquistai il mio primo fumetto, ma più che ai personaggi, tendo a legarmi ai disegnatori.


Ci parli pure a cuore aperto del suo ricordo del primo ingaggio come fumettista. Che emozioni particolati ha provato e di cosa si è trattato...

Le prime esperienze sono state tutte un po’ avventurose, per così dire, ma il primo lavoro commissionato e adeguatamente retribuito riguardava la realizzazione di una ventina di pagine e di un poster per la promozione di un evento sportivo a Courmayeur, procacciatomi dal marito di una collega di quello che al tempo era il mio lavoro (disegnavo e progettavo valvole e rubinetti per il gas): è stato divertente e formativo, anche se dovevo lavorare di notte.

Si dice che per certi aspetti, svolgendo per così dire il lavoro 'più grosso' nello sviluppo di un fumetto, il fumettista sia la figura analoga al regista di un film. La pensa così anche lei?

Beh, non solo regista, direi, ma anche scenografo, costumista, direttore del casting, direttore della fotografia, e talvolta anche sceneggiatore: è un lavoro decisamente complesso, se lo si vuol fare come si deve.

Lei in genere preferisce il bianco e nero o a colori?

Storicamente, salvo poche eccezioni, in Italia i disegnatori si occupano di matite e chine, ed è quello che ho fatto anche io finora (eccezion fatta per una breve storiella realizzata nel 2008 per la rivista Calcio 2000, colorata in digitale dietro espressa richiesta dei committenti), ma mi piace molto dipingere con acquerelli, e vorrei davvero poter almeno provare a realizzare una storia completa anche di colori. Non è detto che la cosa sia necessariamente un sogno.

Per quanto riguarda la colorazione predilige una tecnica in particolare, anche se mi pare che l'abbiamo vista lavorare con acquerello?

Come già detto, mi piace l’acquerello, ma mi piacerebbe esplorare un po’ anche la duttilità degli acrilici, cosa che farò non appena mi sarà possibile. 

Cosa ne pensa dell'avvento al digitale che ora come ora sta convertendo moltissimi fumettisti alla tavoletta grafica, un po' a discapito di carta, china e matita?

Nonostante la mia età anagrafica e il mio approdo tardivo al mondo del fumetto, nasco praticamente come disegnatore digitale: dopo il lavoro sopra citato per Calcio 2000, per motivi di praticità, sono passato dalla tavoletta grafica alla Cintiq, sulla quale lavoro tuttora (fanno eccezione le commission, i disegni che realizzo per le fiere e alcune tavole per ogni storia di Dampyr). Il digitale è una realtà ed è molto comodo, ma a costo di sembrare retorico, la soddisfazione che danno il pennino che gratta la carta e il profumo della dell’inchiostro è ineguagliabile.


Può spiegarci, con un breve excursus, come avviene il lavoro del fumettista una volta ottenuto l'ingaggio, fino alla consegna delle tavole?

Prima dell'ingaggio, in genere, occorre fare alcune pagine di prova e studi sui personaggi principali della serie (se si lavora su una serie), dopodiché, una volta confermato, si riceve una sceneggiatura (completa o parziale), sulla base della quale si realizzano le matite (che nel caso del digitale altro non sono che bozze più o meno definite), si procede a effettuare le correzioni, laddove richieste, e si passa alla fase di inchiostrazione (o rifinitura), che non è esente anch’essa da eventuali correzioni. Una volta ultimata la storia non è escluso che, a fronte della revisione finale, non si debba intervenire ulteriormente per sistemare qualcosa.

Altra cosa, un consiglio che si sente di dare a coloro che iniziano da poco o che ancora non hanno grande esperienza, al fine di ottenere un panneggio ben fatto e 'credibile'?

Il consiglio è lo stesso per qualsiasi soggetto che si va a disegnare, sia esso un panneggio, un utensile, una figura umana o animale, un apparecchiatura tecnologica o un ambiente: osservare, capire la struttura, studiare i riferimenti, e disegnare, disegnare, disegnare, cercando al contempo di capire dove si fanno errori e correggerli.

E, prima di salutarci, il Dario di oggi, di ieri e di domani, come si vede guardandosi al passato, come si vede oggi e che cosa si immagina per il futuro imminente?

Guardando al passato, c’è una punta di rammarico per non aver intrapreso prima questa via (le energie, il fisico e la capacità di apprendimento non migliorano con il passare del tempo); il mio presente è fatto di costanti rincorse alle scadenze, ma non senza soddisfazioni (sia per i traguardi professionali raggiunti che per le esperienze che questi mi permettono di fare). Per il futuro penso a storie a colori.


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