di Mariano Sabatini
<<Mi
affascina la capacità del noir di scavare sotto la superficie, di portare alla
luce ciò che le persone nascondono, spesso anche a se stesse. Il giallo non è
solo indagine, ma uno strumento per esplorare le fragilità, le scelte, i
limiti. Mi piace raccontare personaggi imperfetti, in bilico, che attraverso il
mistero arrivano a conoscersi davvero>> così la prolifica Valeria
Corciolani, scrittrice e ilustratrice di Chiavari, spiega la sua passione per
il genere crime che l’ha portata a pubblicare per diversi editori, compresi
quelli alternativi alle solite major: Amazon Publishing Italia, la cui formula
– in ebook e print on demand – è stata riproposta dal responsabile Davide
Radice con il marchio Indomitus; per il quale Corciolani ha scritto Abbaiare alla luna. Le tante copie
vendute hanno fatto sì che la notassero i dirigenti di Rizzoli e per la collana
noir sono nati invece i romanzi La regina
dei colori, Di rosso e di luce, Con
l’arte e con l’inganno e il nuovissimo, appena giunto nelle librerie e sugli
store, Delitto in bianco, sempre con
l’investigatrice e critica d’arte Edna Silvera come protagonista. Chi cerchi un
romanzo giallo per l’estate, che però si può leggere come ovvio anche in tutte
le altre stagioni, con lei potrà andare sul sicuro. Trama trascinante, con il
giusto mix di mistero, colpi di scena e leggerezza, come la variante cozy
richiede; scrittura colta e ambientazioni di fascino, supportate dalle rigorose
ricerche che l’autrice conduce prima di mettersi a scrivere.
Ti ricordi come e quando ha preso forma la figura di Edna Silvera?
Edna è nata dal desiderio di creare una protagonista femminile forte,
matura e fuori dagli schemi. È una storica dell’arte cinica ma empatica, ruvida
e ironica. E soprattutto capace a dire “no”, senza timore di deludere
aspettative o del giudizio altrui. Volevo un personaggio che unisse l’amore per
l’arte all’intuito investigativo. E poi l’Arte è la prima vera grande indagine
della Storia, mi sembrava il connubio perfetto in una trama noir.
Anche tu, come Camilleri con Montalbano, cominci a non sopportarla più?
Per ora no. Edna è complessa, stimolante, divertente da scrivere. Ogni
nuova indagine è un’occasione per conoscerla meglio e farle affrontare sfide
diverse in luoghi sempre nuovi. E poi studiare – e per questa serie mi
documento moltissimo - ti porta a scoprire di continuo nuovi spunti irresistibili.
Tipo che ho materiale per almeno altri dieci romanzi.
È lei, tra tutti i tuoi personaggi, quella con cui ti senti più in
sintonia?
Edna
ha l’ironia, la
passione per l’arte, uno sguardo tagliente sul mondo, ma le affinità fra noi si
fermano qui. Diciamo che Edna
è la mia metà, ciò a cui aspiro, perché si è affrancata dal bisogno di piacere
o di essere benvoluta, e questo le dà la meravigliosa libertà di dire sempre
ciò che pensa. Una cosa che a me risulta ancora difficilissima, ma ci sto
lavorando. Nessuno dei
miei personaggi è il mio alter ego, ma in ognuno lascio sempre una piccola
parte di me.
Questa volta parti raccontando un delitto che sembrerebbe un incidente sul lavoro... un tema molto attuale purtroppo.
È
stata una scelta precisa. In ogni mia storia cerco di accendere i riflettori su
uno o più temi attuali che mi stanno a cuore, e questa volta ho voluto partire
proprio da un presunto incidente sul lavoro. Purtroppo è una realtà che
leggiamo spesso nelle cronache, ma che finisce troppo in fretta archiviata. Il
giallo, con la sua capacità di scavare sotto la superficie, mi permette di
raccontare non solo un delitto, ma anche le dinamiche sociali e umane che lo
rendono possibile.
E all'ambientazione partenopea come sei arrivata?
Si dice: “Vedi Napoli e poi muori”. È vero, perché Napoli ti entra dentro e
tu non sarai più lo stesso. Devo ai miei giri dietro ai libri la mia prima
trasferta napoletana con Napoli grazie ai libri, innamorarmi della città e
decidere di ambientarvi un’avventura di Edna Silvera sono state solo le
inevitabili conseguenze.
Come dicevi e come si percepisce, dietro ai tuoi romanzi c’è molto studio.
Quella parte del lavoro ti piace o ti pesa?
Mi
piace moltissimo. So che molti autori la affidano a gruppi di lavoro, ma per me
è una fase irrinunciabile. La amo perché mi apre scenari nuovi, mi fa scoprire
prospettive inaspettate e spesso accende idee che non avevo previsto. A dirla
tutta, grazie a lei, credo di aver stanato materiale per almeno altri cinquanta
romanzi.
L’ironia è una chiave della tua narrativa e del cosiddetto cozy thriller. Devi
forzati per trovare quel tono preciso?
L’ironia
mi appartiene da sempre ed è la mia grande alleata: mi permette di affrontare temi e
situazioni a “alto peso specifico”, con leggerezza - che non è superficialità,
sia ben inteso - bensì quella forma di lievità che dà vigore ai contenuti,
facendoli aderire invece di lasciarli scivolare via senza lasciare traccia.
Perché secondo te i lettori amano questo sottogenere?
Come
scrive Alice Basso nella prefazione dell’antologia “E cosy sia” (Mondadori),
più che un sottogenere, il cozy crime è un “recupero della natura stessa del
noir delle origini, di quell’integrazione fra intrattenimento e denuncia che
c’era già allora”. Credo sia amato perché offre il brivido del mistero senza il
peso della violenza gratuita o del dolore estremo, rassicura anche mentre
inquieta: il delitto c'è, ma è spesso avvolto in un microcosmo riconoscibile,
dove i legami umani contano quanto gli indizi. Al centro c’è l’enigma, ma
intorno ci sono ironia, personaggi empatici, un tocco di quotidianità. Il cozy
crime permette di investigare il lato oscuro senza perdere la leggerezza.
Abbiamo letto che i lettori vanno diminuendo sensibilmente. Quanto ti
preoccupa?
Molto.
Ma credo anche che le statistiche non riflettano del tutto la realtà, perché si
basano principalmente sul numero di libri acquistati. Penso che i lettori
continuino a leggere, ma in modo diverso: scambiandosi i libri, praticando il
book crossing o usando le biblioteche. Il problema è che in Italia i libri
costano troppo, purtroppo.
Se fossi tu a decidere, per tentare di invertire la tendenza, cosa faresti?
Rimetterei i libri al centro della vita quotidiana, partendo dalle scuole: letture libere, senza voti, solo per il piacere e il gusto di scoprire e appassionarsi alle storie. Incentiverei librerie e biblioteche come spazi vivi, con sovvenzioni mirate allo scopo. E poi abbasserei i prezzi: leggere non deve essere un lusso, bensì un diritto. La lettura aiuta a sviluppare il pensiero critico, l’immaginazione e l’empatia, rendendoci più consapevoli e indipendenti. Leggere rende liberi. Sempre.