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Alberto Bertoli - Ph. by Rita Basta |
Cosa ti ha spinto a scrivere
una canzone così densa e personale?
La canzone nasce dall’urgenza
di definire qual è il motore che spinge due persone ad andare avanti nonostante
gli ostacoli che si frappongono nella vita. In realtà le difficoltà possono
essere diversa natura, in questo caso si parla di due persone non troppo
giovani che hanno avuto difficoltà anche di tipo economico, ma soprattutto
lavorative e trovano la loro resilienza tramite l’amore che li unisce.
Hai subito pensato ai Modena
City Ramblers come partner ideali?
Sicuramente nella definizione
di queste difficoltà che si frappongono tra i due protagonisti, le pi
importanti sono quelle che ciclicamente tradiscono i loro ideali che i due
hanno in comune. In questo discorso non c’era partner migliore dei Modena City
Ramblers che hanno fatto della loro musica anche uno stile di vita, una vita
che rimane legata al loro modo di pensare e vivere. Kombat folk poi è
sicuramente un termine che mi piace moltissimo e che è perfettamente in linea
con questa canzone.
Nel testo c’è anche una
denuncia verso chi “ruba la dignità”. È un messaggio sociale?
Tutta la canzone è un messaggio
sociale, l’inquadramento di prima è sicuramente più globale ma certamente si
parla di un mondo che non assomiglia più a quello ideale che i due protagonisti
hanno sperato per tutta la loro esistenza. Nella nostra costituzione esistono
tanti passaggi molto importanti, nell’articolo 36 però si legge molto
facilmente che il lavoro retribuito in una maniera corretta è portatore di
libertà e di dignità. In alcuni momenti della nostra vita, purtroppo ci vediamo
derubati anche da questi diritti fondamentali che sono stati conquistati da
persone al costo della vita.
Come è cambiato il tuo modo di
scrivere negli ultimi anni?
Fondamentalmente non è molto
cambiato, penso semplicemente che man mano che l’età avanza lo sguardo acquisti
un orizzonte più ampio probabilmente anche nel lessico quindi nella scelta
terminologica. Dal punto di vista musicale invece sono sempre influenzato da
stili differenti e la cosa mi fa piacere perché mi fa sentire sempre ragazzo.
Il folk è spesso considerato un
genere “di nicchia”. Pensi che abbia ancora molto da dire oggi?
Oggi giorno la nicchia non
esiste più, il pubblico grazie alla fruibilità delle canzoni su ogni
piattaforma gratuita, si è specializzato e si è andato a cercare il genere che
più preferisce, poi si i grandi numeri esistono ancora ma non sempre sono
quelli rappresentati dai vecchi mezzi di comunicazione, basti pensare che gente
come Sfera Ebbasta non sia praticamente mai passata per radio o per tv.
Il folk avrà sempre molto da
dire perché appunto appartiene alle radici, alla nostra primordiale voglia di
musica. È un genere che non invecchia e che è sempre stato presenta nel mio
repertorio.
Che legame hai con Sassuolo, la
città tua e di tuo padre Pierangelo?
Sassuolo è la mia città natale
dove affondano le mie radici e dove sento di essere sempre a casa. So benissimo
che non sia Firenze o Venezia, ma io come Nek con mio padre, come tanti altri
artisti che sono nati in questo paese, siamo legatissimi alla nostra terra. È
una cosa anche un po’ strana ma qui è tutto strano: negli anni 30 c’erano pochi
abitanti ma un’intera sezione d’archi e oggi la nostra piccola città ha dato i
natali ad un sacco di cantanti importanti (Dudu Morandi, Pierangelo Bertoli,
Caterina Caselli, Filippo Neviani NEK, Matteo Macchioni, Marco Baroni, Alberto
Bertoli, Yuri Cilloni il cantante dei Nomadi…)
Se potessi far ascoltare “Amore
mio” a qualcuno del passato, a chi lo dedicheresti?
Visto che mi dicono di continuo che sembra parlare della storia dei miei genitori (anche se non è proprio così), la farei ascoltare a mio padre. Mi piacerebbe molto che gli piacesse quanto è piaciuta a mia madre.