"Polvere"
martedì 4 febbraio, ore 21:00
"Dissonorata"
giovedì 6 febbraio, ore 21:00
"La Borto" 15 aprile, ore 21:00
POLVERE
drammaturgia e regia Saverio La Ruina
con Saverio La Ruina e Cecilia Foti
musiche originali Gianfranco De Franco
contributo alla drammaturgia Jo Lattari
contributo alla messinscena Dario De Luca
aiuto regia Cecilia Foti
disegno luci Dario De Luca
audio e luci Mario Giordano
realizzazione quadro Ivan Donato
organizzazione e distribuzione Egilda
Orrico
Amministrazione Tiziana Covello
produzione Scena Verticale
Le botte sono la parte più fisica del
rapporto violento di coppia; l’uccisione della donna la
parte conclusiva. Ma c’è un prima,
immateriale, impalpabile, polvere evanescente che si
solleva piano intorno alla donna, la
circonda, la avvolge, ne mina le certezze, ne annienta
la forza, il coraggio, spegne il sorriso
e la capacità di sognare. Una polvere opaca che
confonde, fatta di parole che umiliano e
feriscono, di piccoli sgarbi, di riconoscimenti
mancati, di affetto sbrigativo, talvolta
brusco.
da un’operatrice di un Centro
antiviolenza
Non so quanto c’entri il femminicidio con
questo lavoro. Ma di sicuro c’entrano i rapporti
di potere all’interno della coppia, di
cui quasi ovunque si trovano tracce.
Saverio La Ruina
DISSONORATA
drammaturgia, regia e interpretazione
Saverio La Ruina
musiche originali eseguite dal vivo
Gianfranco De Franco
collaborazione alla regia e contributo
alla drammaturgia Monica De Simone
disegno luci Dario De Luca
amministrazione Tiziana Covello
organizzazione e distribuzione Egilda
Orrico
produzione Scena Verticale
Premio UBU 2007 “Migliore attore
italiano” - “Miglior nuovo testo italiano”
Premio Hystrio alla Drammaturgia 2010
Premio ETI - Gli Olimpici del Teatro 2007
Nomination “Migliore interprete di
monologo”
Premio Ugo Betti per la drammaturgia 2008
“Segnalazione speciale”
Premio G. Matteotti 2007 “Segnalazione
della commissione”
Spesso, ascoltando le storie drammatiche
di donne dei paesi musulmani, mi capita di
sentire l’eco di altre storie. Storie di
donne calabresi dell’inizio del secolo scorso, o della
fine del secolo scorso, o di oggi. Quando
il lutto per le vedove durava tutta la vita. Per le
figlie, anni e anni. Le donne vestivano
quasi tutte di nero, compreso una specie di chador
sulla testa, anche in piena estate. Donne
vittime della legge degli uomini, schiave di un
padre-padrone. E il delitto d’onore era
talmente diffuso che una legge apposita quasi lo
depenalizzava. Partendo dalla “piccola”
ma emblematica storia di una donna calabrese,
lo spettacolo offre lo spunto per una
riflessione sulla condizione della donna in generale.
Parlando del proprio villaggio, parla
della condizione della donna nel villaggio globale.
Nello spettacolo risuonano molteplici
voci di donne. Voci di donne del sud, di madri, di
nonne, di zie, di loro amiche e di amiche
delle amiche, di tutto il parentado e di tutto il
vicinato. E tra queste una in
particolare. La “piccola”, tragica e commovente storia di una
donna del nostro meridione. Dal suo
racconto emerge una Calabria che anche quando fa
i conti con la tragedia vi combina
elementi grotteschi e surreali, talvolta perfino comici,
sempre sul filo di un’amara ironia.
LA BORTO
drammaturgia, regia e interpretazione
Saverio La Ruina
musiche originali eseguite dal vivo
Gianfranco De Franco
collaborazione alla regia e contributo
alla drammaturgia Monica De Simone
disegno luci Dario De Luca
amministrazione Tiziana Covello
organizzazione e distribuzione Egilda
Orrico
produzione Scena Verticale
Premio UBU 2010 “Miglior nuovo testo
italiano”
Nomination Premio UBU 2010 “Migliore
attore”
Premio Hystrio alla Drammaturgia 2010
Non è solo la storia di un aborto. È la
storia di una donna in una società dominata
dall’atteggiamento e dallo sguardo
maschile: uno sguardo predatorio che si avvinghia,
violenta e offende; un atteggiamento che
provoca gli eventi ma fugge le responsabilità.
L’aborto ne è solo una delle tante
conseguenze. Ma ne è la conseguenza più estrema. La
protagonista racconta l’universo
femminile di un paese del meridione.
Schiacciata da una società costruita da
uomini con regole che non le concedono appigli,
e che ancora oggi nel suo profondo stenta
a cambiare, Vittoria racconta il suo calvario in
un sud arretrato e opprimente. E lo fa
nei toni ironici, realistici e visionari insieme, propri di
certe donne del sud. Non mancano momenti
sarcastici e ironici come quando gli uomini
geometri misurano il corpo femminile come
se al posto degli occhi avessero il metro. O
come quando il paese si trasforma in una
immensa chiesa a cielo aperto per scongiurare
le gravidanze. Né quelli commoventi
legati alla decimazione del “coro” delle donne. Ma
quando la protagonista chiude il cerchio
col racconto del calvario della nipote, il
sarcasmo e la commozione lasciano il
posto a una profonda amarezza, mettendoci
davanti alla dura e ambigua realtà dei
nostri giorni.