Intervista a Giovanni Nuti: ‘’Alda Merini è stata una maestra di vita, mi mancano le sue telefonate’’

 


In occasione del quindicesimo anniversario della scomparsa di Alda Merini, il musicista Giovanni Nuti ha ricordato Alda Merini, con uno spettacolo tenutosi il 4 novembre a Milano, presso la Sala Shakespeare del Teatro Elfo-Puccini dal titolo Giovanni Nuti canta Merini e Manganelli” con cui Nuti ha reso omaggio ad Alda Merini e a Giorgio Manganelli musicando i testi delle loro poesie.

Com’è nata l’idea di raccontare Alda Merini attraverso la tua arte?

È nata da un incontro. Del resto, è stato Vinicius de Moraes a scrivere che “la vita è l’arte dell’incontro”. Un incontro prima di tutto con la poesia. Fin da piccolo la poesia mi ha sempre affascinato: da bambino musicavo le poesie di Giovanni Pascoli. Nel mio secondo album ho musicato una poesia di Federico Garcia Lorca. E poi c’è stato l’incontro casuale e fatidico con un libro di Alda Merini che mi è caduto letteralmente tra i piedi un giorno in una libreria. Lo racconto spesso: raccolsi da terra il libro che si era aperto sulla poesia “I sandali”. Ne fui subito colpito, al punto da tornare a casa e mettermi al pianoforte per musicarla. E poi cercai l’autrice, le scrissi una lettera e lei mi invitò ad incontrarla in un albergo, l’hotel Certosa, che distava 500 metri da casa, dove era andata “in vacanza”. L’incontro con Alda fu davvero uno di quelli che cambiano la vita, perché mi bastò guardarla negli occhi per sentirmi scrutato nel profondo e “capito”.

Cosa ha rappresentato Alda nel tuo percorso artistico?

Alda è stata non solo una grande poetessa che ha deciso di unire i suoi versi alle mie musiche, ma è stata una maestra di vita e una guida spirituale per me. Per 16 anni siamo stati legati da quello che Alda chiamava un matrimonio artistico, abbiamo composto insieme più di cento canzoni e un’opera sacra (“Poema della croce”) - tutte raccolte nel cofanetto “Accarezzami musica, Il Canzoniere di Alda Merini”, abbiamo calcato insieme tanti palcoscenici in tutta Italia. Alda ha scritto versi appositamente per me, perché io la musicassi, perché diceva che la sua poesia attraverso le canzoni poteva arrivare a tutti, anche a chi non compra libri di poesia e non entra mai in una libreria. Mii ha lasciato un’eredità di poesie edite e inedite che hanno fatto sì che in questi anni, dopo la sua scomparsa, ho portato avanti il nostro repertorio realizzando nuovi spettacoli affiancato da grandissime artiste come Milva, Valentina Cortese, Lucia Bosè, Daniela Poggi, Monica Guerritore e Carla Fracci. Anche l’album che sto realizzando: “USA LA TUA PAZZIA”, in cui metto in musica le poesie di un altro autore di culto, Giorgio Manganelli, primo amore e mentore di una giovanissima Alda Merini, è arricchito da alcune poesie inedite della poetessa dedicate proprio a Manganelli. Anticipazione dell’album è il singolo attualmente disponibile sulle piattaforme digitali “LO PTERODATTILO GIOVANNI” in cui metto in musica una poesia bizzarra e provocatoria di Manganelli. “LO PTERODATTILO GIOVANNI” offre il ritratto di un essere fuori dal tempo e dagli schemi, un anacronismo vivente. Il testo surreale di Giorgio Manganelli, - tra viscere, fruste, treni e cattedrali gotiche - simboleggia la condizione dell’artista, o dell’individuo contemporaneo, che si sente sradicato e fuori posto in un mondo sempre più complesso e disumanizzato. Sentirsi inadeguati è anche ribellione, è anche un invito ad abbracciare la propria unicità: scomodi, disadattati secondo il main stream corrente, eppure liberi. Per questo penso che la figura femminile di cui parla Manganelli nella poesia sia proprio Alda Merini.

Un aneddoto di lei che ricordi con piacere?

Con Alda ho condiviso creatività e palcoscenici ma anche tanta quotidianità. Mi mancano le sue innumerevoli telefonate ad ogni ora del giorno e della notte, in cui commentava i fatti del giorno o raccontava i suoi dolori o esilaranti barzellette. Mi mancano le nostre passeggiate sui Navigli in cui si muoveva come una regina e aveva una parola per tutti: bottegai, barboni, zingarelle. Una volta guardando l’acqua del Naviglio mi disse un po’ sconsolata: “Quando muore un poeta - era appena scomparso un grandissimo come Mario Luzi - viene presto dimenticato”. Io le dissi: “A te non succederà”. E difatti, a quindici anni dalla sua scomparsa, Alda è più viva che mai. Si sta concludendo il Festival A Casa di Alda Merini, quasi un mese di appuntamenti a lei dedicati, fra cui anche il mio concerto “USA LA TUA PAZZIA” il 4 novembre scorso al Teatro Elfo-Puccini. I suoi libri si vendono ancora tantissimo e vengono pubblicati inediti. Escono sue traduzioni, da poco per esempio in Germania, dove non era mai stata tradotta. E soprattutto è amata e citata anche dai giovani, che adorano la sua poesia ma anche i suoi aforismi e la sua personalità libera e irriverente.

Quali sono stati i primi dischi che hai ascoltato da bambino?

Ascoltavo soprattutto musica classica e arie operistiche, ma non disdegnavo anche le canzoni dei cantautori italiani e francesi. Poi ho ampliato la mia cultura musicale ascoltando moltissimi generi. Con Alda cantavo le canzoni napoletane e quelle dello Swing italiano, anni Trenta e Quaranta, che erano la sua passione.


Fattitaliani

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