Firenze, RETROSCENA: Storie di resistenza e dissidenza nella Collezione Della Ragione

 


Da sabato 28 settembre 2024 fino a mercoledì 2 aprile 2025 il Museo Novecento è lieto di presentare la mostra Retroscena – Storie di resistenza e dissidenza nella Collezione Della Ragione, a cura di Sergio Risaliti, Eva Francioli e Chiara Toti. "Alberto Della Ragione è una figura di importante collezionista e mecenate che è legato alla città di Firenze – ha detto l'assessore alla cultura Giovanni Bettarini. Questa mostra ripercorre artisti legati al periodo della dittatura fascista e tramite le loro opere va ad indagare aspetti artistici, personali ma forse anche sociali legati a quel tremendo periodo". "Mentre prosegue il grande successo di pubblico e di critica della mostra dedicata a Louise Bourgeois, il Museo Novecento è pronto per inaugurare un altro progetto espositivo. – ha detto Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento – Da sabato 28 settembre si potranno ammirare le opere di un nucleo di artisti legati a Alberto Della Ragione, il collezionista che ha donato alla città di Firenze tantissime opere parte oggi della collezione esposta al secondo piano dell'Ex-Leopoldine. La mostra Retroscena ha un carattere decisamente politico, assieme a quello storico e artistico. Si concentra su una serie di opere che esprimono in modo diretto la posizione morale assunta dall'artista nei confronti della dittatura Fascista. Altre lo fanno pronunciandosi dietro le quinte i traumi e le angosce generate in quegli anni oscuri e violenti, dominati da un regime disumano, leggi razziali, deportazioni, distruzioni e infine la guerra civile di liberazione". A circa ottanta anni di distanza dalla lotta di liberazione del nostro Paese dal nazifascismo, il Museo Novecento si interroga sulla presenza, nella Collezione Alberto Della Ragione, di testimonianze riguardanti il rapporto tra gli artisti e le vicende storiche a cui parteciparono tra gli anni venti e quaranta del novecento. Fulcro dell'esposizione sono le opere di maestri che hanno vissuto, subito o contrastato le politiche del fascismo, attraversando i giorni oscuri e terribili della guerra e delle leggi razziali, quelle della persecuzione culturale, infine della guerra civile.  Artisti che sono stati amati da Della Ragione, sensibile collezionista di un'arte compromessa con le avventure dell'esistenza, con il dolore e il male di vivere, trascinata nei moti di resistenza e ribellione al più oscuro destino dell'uomo e delle società. Alcuni di loro, Mario Mafai, Antonietta Raphaël, Renato Guttuso, furono perfino ospitati nella villa dell'ingegnere nei pressi di Genova per fuggire dalle persecuzioni del regime. Le opere selezionate consentono non solo di indagare le scelte compiute dall'ingegnere navale, che con molti degli artisti qui esposti ha instaurato intense relazioni umane oltre che professionali, ma anche di interrogarsi sul lavoro di questi protagonisti dell'arte italiana in una delle stagioni più buie della nostra storia recente. Ad emergere, in alcuni casi, è l'impegno civile e politico, quella presa di posizione che fu soprattutto di sostanza morale e che maturò nell'arte italiana una divaricazione linguistica e di stile tra chi viveva e operava in una visione distaccata della vita e della storia, in una bolla idealistica e di 'rozzo storicismo', e chi diversamente entrò in un contatto bruciante, tormentato e disperato, di affondo oracolare o di allungo eversivo con la realtà di allora. Ora a trasparire è un silenzioso travaglio etico ed esistenziale, talvolta ammantato di una funzione profetica. È questo il caso, ad esempio, di Scipione, artista che non farà in tempo a vivere l'intera parabola del regime, ma le cui creazioni si caratterizzano per una forte carica visionaria e una personale riflessione sul senso della vita e della morte, come in Apocalisse. Di diverso impegno, sono le opere "parlanti" di Renato Guttuso, come Massacro, quasi un manifesto engagé, una pagina di cronaca e di denuncia, suggestionata da Guernica di Picasso. E pure Fantasia di Mario Mafai, che in modo quasi allegorico trae dalle vicende orribili di quei giorni una scena tanto tragica quanto grottesca del calvario umano, dove tetre sagome di carnefici abbrutiti e immiseriti dall'odio e dal sadismo fanno a pezzi 'poveri cristi', innalzando cupi vessilli fuori dalle mura di una città fantasma. Un olio su tavola di piccole dimensioni che pare aver ispirato anni dopo Pier Paolo Pasolini in Salò o le centoventi giornate di Sodoma.   Leggendo tra le righe, la mostra si propone pertanto di scandagliare anche temi e soggetti legati alla tradizione e apparentemente innocui, come la natura morta e il paesaggio, per far emergere i retroscena, i luoghi in cui si celano le emozioni e i turbamenti degli artisti. Si rende così manifesto il sorgere di una resistenza - civile e morale, intima e soggettiva, ma non per questo meno impegnata a contrastare violenza, orrore, tirannia - che si svela solamente guardando oltre ciò che è immediatamente visibile.
Fattitaliani

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