di Mariano Sabatini
In questo scampolo d’infernale estate, qualora aveste voglia di un romanzo che si legge come si sorseggia una bibita ristoratrice, non fatevi sfuggire La caduta delle dee (Leone editore) della scrittrice pescarese Angela Capobianchi. Per avvalorare il mio giudizio favorevole, tengo si sappia che il romanzo l’ho acquistato e letto con grande trasporto, considerato che le ripetute e-mail di richiesta di copia saggio – come di consueto per i giornalisti – non sono andate a buon fine presso l’editore. Dopo I giochi di Carolina, Esecuzione, La discendenza, Capobianchi propone un intrigo ben congegnato, anche in virtù della sua solida formazione legale, su delitti di donne in ansia per il loro aspetto fisico che si sono rivolte a un noto chirurgo estetico. Per la loro vanità, così sembrerebbe di primo acchito, vengono crudelmente defenestrate, fino a sfracellarsi sull’asfalto. Un modo per distruggere gli involucri, oltre a stroncare le loro esistenze terrene. Le donne sono le maggiori "vittime" della dittatura estetica dell’edonismo vigente; ma neppure gli uomini sono risparmiati da commenti sprezzanti sui social in merito a fisico e abbigliamento. Il tempo, l’età che avanza, i corpi che si sgretolano… Difficile sapersi comportare dinanzi a questi inevitabili fastidi: <<Quando ho cominciato a scrivere questo romanzo, mi sono rivolta a un professionista della chirurgia estetica. A domanda precisa sui suoi pazienti, mi ha risposto che erano donne all’ottanta per cento, gli uomini arrivavano a malapena al venti. Quanto al tempo, bisturi o non bisturi, non c’è modo di combatterlo davvero. È una lotta impari. Cerchiamo di farcene tutti una ragione e andare avanti serenamente>> afferma Capobianchi.
Quanto è importante l’ambientazione per un romanzo noir e come hai deciso i luoghi della vicenda che narri?
In tutti i miei romanzi l’ambientazione è sempre stata fondamentale: Pescara, il tribunale, il liceo, la pineta, il mare sono diventati protagonisti delle storie, alla pari dei personaggi veri e propri. Nella Caduta delle dee, invece, gli ambienti e gli sfondi non sono poi così rilevanti. La storia si svolge sempre a Pescara, la mia città, ma i luoghi che qui importano davvero sono quelli dell’anima, del segreto, del torbido e del rimosso.
A proposito, cos’è La caduta delle dee: un giallo, un thriller, un noir? O semplicemente un romanzo che si legge con grande piacere?
Se proprio devo assegnargli una definizione, direi un giallo psicologico. Ha un impianto classico, con una caccia all’assassino e una serie di indizi che stimolano ad avvicinarsi alla soluzione, ma questa dipende principalmente dalla capacità del lettore di penetrare a fondo nella psicologia morbosa dei personaggi. Che si legga con piacere, poi, lo spero vivamente.
Confermo! Nelle note finali parli di una difficoltà a terminarlo, a cosa era dovuta?
A tanti problemi, dolori e lutti incontrati nel periodo buio del maledetto Covid. Come ho scritto in appendice, questo è il romanzo della nebbia. Parlo di un appannamento sensoriale e intellettivo che mi ha accompagnato per tutto quel periodo e solo ora va diradandosi.
E in generale scrivere è un lavoro lieve per te o fai fatica?
Scrivere per me è perfino più facile che parlare. Faccio sempre fatica, però, a decidere di sedermi al computer. Una resistenza che non mi fa produrre con i ritmi che vorrei e su cui devo ancora riflettere.
La vicenda si snoda sui rapporti genitori-figli, è un tema che hai attinto dalla tua esperienza personale di figlia e di madre?
Non direi. Mia madre non somigliava per niente a Sofia Zini e io neppure. Però l’istinto di protezione che Sofia ha confronti dei suoi figli è lo stesso che ho io per il mio. Identico, direi. Anche se, al posto di Sofia, forse non avrei fatto le stesse scelte.
Uno dei protagonisti è un chirurgo estetico e il plot fa riferimento a queste tematiche, dicevamo, pensi siano così cogenti anche o soprattutto per la sovraesposizione sui social?
L’indubbia sovraesposizione mediatica di queste tematiche comporta il rischio della banalizzazione e della superficialità. È materia delicata, che dovrebbe essere maneggiata con cura, cautela e competenza. Siamo tutti molto suggestionabili, ormai. Occorre prudenza.
Rispetto ai tuoi precedenti romanzi, La caduta delle dee come si inserisce nella tua produzione? O meglio, c’è un filo che li lega oppure ognuno fa storia a sé?
È questo ultimo romanzo a fare storia a sé. Non c’entra niente con gli altri che lo hanno preceduto. Come ho detto, è figlio del Covid e della nebbia. Ma, proprio perché nato svantaggiato, è forse il più amato.
Tu hai avuto una carriera da avvocato, ti serve per scrivere le tue storie?
La mia precedente carriera da avvocato mi è servita e mi serve ancora nella vita e nelle storie che scrivo. Mi ha sempre protetto e ancora oggi mi aiuta: nel metodo, nell’approccio, nella logica e nella capacità di capire dove si annidano le insidie e i pericoli. Nella scrittura e nella vita, ribadisco.
A cosa stai lavorando ora?
All’organizzazione della quarta edizione del Festival Pescara a Luci Gialle di cui ho la direzione artistica, insieme a tanti amici colti e motivati che si spendono ogni anno con entusiasmo per regalare alla nostra città un evento di qualità. E poi ho in programma alcuni editing su testi di ex allievi dei miei corsi di scrittura creativa. Qualche presentazione qui e là. Del prossimo romanzo non so ancora assolutamente nulla. Sto aspettando che mi dica lui quando e come dovrò cominciare a scriverlo.