La mostra INNESTI 23 nasce dalla collaborazione tra la raccolta museale GASC | Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei e Isorropia Homegallery (associazione culturale no profit), e costituisce il terzo appuntamento annuale dedicato a giovani artisti che si confrontano col tema del sacro. Fra di loro Daniele Accossato, intervistato da Fattitaliani.
Qual è stato il suo primo approccio con l’arte?
È stato un approccio graduale e coerente. Come tutti, sin dall'infanzia, avevo bisogno di esprimermi. Iniziai a farlo da bambino col disegno, fino a che non incontrai la scultura in adolescenza.
Quando l’arte ha cominciato a far parte seriamente della sua vita e del suo tempo?
Circa all'età di 25 anni appena terminati gli studi presso l'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, affittai il mio primo laboratorio per dedicarmi totalmente alla scultura.
Che opere ha portato alla collettiva Innesti? Ce ne accenna il motivo ispiratore, tecnica e soggetto?
Ho portato tre sculture realizzate in Jesmonite (resina non tossica) con la tecnica della formatura da modello in creta e patinate effetto marmo antico. I soggetti contengono citazioni all'Arte antica racchiuse, imprigionate in materiali da imballaggio che diventano protagonisti della composizione, creando così un contrasto tra l'alto (il Bello Classico) e il basso (materiale da imballaggio). La suggestione originaria è un quesito: “è possibile creare Arte in un sistema dove è necessario scendere a compromessi con le dinamiche di mercato al fine della sussistenza?”
Perché ha portato queste opere a rappresentare il tuo lavoro?
Ho scelto queste tre sculture perché pur rappresentando diverse fasi del mio percorso ed essendo eterogenee per formato e soggetto risultano in coerenti se esposte assieme.
Personalmente che concezione ha dell’arte? Come la vive?
Per me l'Arte ha a che fare con la connessione e l'ascesa dello spirito umano. È procreazione e terapia. Un esercizio di libertà. Personalmente vivo l'arte come uno studente.
E con il sacro?
Il Sacro è una dimensione necessaria, da cercare e nutrire per riempire la vita di significato. Similmente all'Arte. Giovanni Zambito.
“...è fondamentale che ognuno lavori costantemente alla ricerca
del proprio mezzo, il tramite capace di portarlo alla più accattivante
espressione di sé e ad un confronto costaste con l’Altro...”.
Opere “Box” e “Cage”
Sculture, installazioni la cui chiave
di lettura risiede non tanto nel soggetto centrale (che si riduce ad
archetipo), quanto nella sua “cornice”, il contenitore.
Le sculture vengono rinchiuse ed
esposte nei loro contenitori da trasporto, tirate giù dai piedistalli e portate
ad una condizione più umana e quindi un rapporto più intimo con lo spettatore.
Le casse, le gabbie da trasporto, gli
imballaggi, allo stesso tempo prigione e protezione, fanno dell’opera una
merce. Qualcosa che verrà spedita, trasportata, venduta...
È davvero possibile che Arte sia anche
merce?
L’Arte non è tale in quanto libera da
compromessi?