Innesti 2023, Anna Caruso a Fattitaliani: il mio percorso artistico in continua evoluzione. L'intervista

 


La raccolta museale GASC-Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei e Isorropia Homegallery ha organizzato la mostra “INNESTI 23”, curata da Luigi Codemo, in cui fino al 15 ottobre sono esposte le opere di quattro artisti. Fattitaliani ha intervistato Anna Caruso.


Qual è stato il suo primo approccio con l’arte?

Ho sempre disegnato fin da bambina, quando ancora non sapevo cosa avrei fatto e pensavo mi sarebbe piaciuto esplorare lo Spazio. I miei genitori mi hanno sempre lasciata libera di seguire le mie inclinazioni e i miei interessi, e per questo ho potuto ampliare gli studi umanistici con gli studi accademici, portando avanti entrambe le parti della mia formazione e della mia personalità. Quindi il primo approccio con l’arte c’è stato fin da subito, anche inconsapevolmente, quando mia nonna mi portava a vedere le mostre dei grandi pittori del passato e mi mostrava dettagli che apparentemente non si notavano. Mi raccontava storie di artisti sconosciuti e mi regalava libri illustrati di scultori e ceramisti. Poi, la consapevolezza di ciò che avrei voluto perseguire nella mia vita si è fatta strada negli anni del Liceo e si è consolidata durante l’esperienza in Accademia.

Quando l’arte ha cominciato a far parte seriamente della sua vita e del suo tempo?

Dopo la fine dell’Accademia ho iniziato un periodo di sperimentazione, che è durato circa un paio d’anni, nel quale ho riflettuto sul mio lavoro e su cosa significasse la pittura per me. Ho realizzato e cestinato i miei primissimi progetti, ho sperimentato temi e idee che hanno dato l’inizio di tutto quello che poi sarebbe diventato il mio percorso artistico, in continua evoluzione ancora oggi. Successivamente ho iniziato ad esporre nelle prime collettive e man mano ho iniziato a lavorare con alcune gallerie, con critici e curatori ed è iniziato il mio percorso artistico nel vero senso del termine. Da quel momento in poi l’arte è diventata definitivamente parte della mia vita e delle mie giornate.


Che opere ha portato alla collettiva Innesti? Ce ne accenna il motivo ispiratore, tecnica e soggetto?

Ho deciso di esporre per “Innesti” due opere realizzate appositamente per questo progetto, scegliendo di dialogare non solo con le opere della collezione museale, ma anche con il luogo specifico di Villa Clerici e con la filosofia di cui è portatrice. La prima opera, che si intitola “Piccola attesa”, indaga il tema dell’Annunciazione in chiave filosofica. L’attesa di un qualcosa che potrebbe arrivare “dall’alto” spesso ci fa deviare dal percorso, ma l’attesa è anche un momento di riflessione, di speranza, di indagine spirituale e personale. La protagonista della tela è una giovane donna sola intenta ad assaporare l’attesa, il tempo e la dimensione della memoria. Non è il luogo specifico a essere rilevante, né la presenza umana a definirne la sostanza. L’intera rappresentazione, piuttosto, oscilla fra il mistero che sottende la nostra identità e il timore sottile – talvolta ossessivo – di un destino comune cui siamo tutti votati.

La seconda opera è un dittico, realizzato ad acrilico su tela, che indaga il tema della fiducia nella memoria e del “credo”, attraverso la mia personale visione di spiritualità e indagine dell’identità dell’Uomo. In quest’opera ci sono riferimenti iconografici alla simbologia (come la croce, il giardino dei Getsemani) e riferimenti al luogo (il giardino di Villa Clerici): entrambi dialogano e si intrecciano in una pittura fatta di trasparenze e sovrapposizioni,  per sottolineare i meccanismi di ricreazione della memoria e di percezione del tempo, accostando elementi e spazi mentali che si compongono sulla tela come un falso ricordo a cui il cervello concede fiducia. Il dialogo visivo creato va a collocarsi in una dimensione di indeterminazione quantistica.

La parte dipinta, organizzata in un tessuto figurale destrutturato e giocato sullo spaesamento dei segni e dei significati mentali, si contrappone allo spazio assente delle linee bianche che tagliano l’immagine, nella quale l’osservatore deve muoversi in autonomia. 

Il dialogo con lo spettatore, infatti, è parte integrante di entrambe le opere esposte.


Perché ha portato queste opere a rappresentare il tuo lavoro?

Ogni mio lavoro, che sia un dipinto, un disegno o un’installazione pittorica, parla della mia poetica e rappresenta un punto della mia ricerca. Ho quindi scelto di creare un progetto site-specific proprio per rappresentare al meglio l’evoluzione continua della mia indagine artistica.

Personalmente che concezione ha dell’arte? Come la vive?

L’arte per me è comunicazione: è una dimensione di vita e di pensiero, che pervade tutto ciò che faccio, indipendentemente che sia la progettazione di un nuovo dipinto o la conversazione con qualcuno. L’arte è espressione non soltanto del pensiero e della visione dell’artista, a mio avviso, ma anche del tempo e del luogo in cui l’artista vive, come una fotografia di una parte della storia dell’Uomo. È una visione personale che parla all’universale, in ogni aspetto della vita.

E con il sacro?

È interessante per me relazionarmi con il sacro, inteso come iconografia e ideologia umana, dal punto di vista artistico e culturale. Ho scelto con entusiasmo di creare un progetto appositamente per dialogare con la mia personale concezione di sacro, che vira su contenuti spirituali di indagine del percorso umano, di crescita personale, fatta di meditazione e affinità mentali e spirituali. Giovanni Zambito.

 

Biografia

Anna Caruso è nata a Cernusco sul Naviglio (MI) nel 1980. Ha studiato pittura e restauro presso l’Accademia di belle Arti di Bergamo, dove si è laureata nel 2004. Lavora e ha lavorato con gallerie italiane e straniere come la Thomas Masters Gallery di Chicago, Gilda Contemporary Art di Milano, Anna Marra di Roma. Tra le personali recenti si segnalano “Torna il sole non il tempo” nel 2022 presso Gilda Contemporary Art; “E’ passato il testimone “ nel 2022 curata da Giuseppe Frangi presso la banca di Asti; “La casa intorno al vaso” nel 2019, a cura di Davide Dall’Ombra, presso Casa Testori (Novate Milanese – MI). Il suo lavoro è stato pubblicato su diverse riviste di settore e quotidiani, tra i quali Le Monde, Arte Mondatori e altri.

 

Fattitaliani

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