Irene Olivier ci racconta il singolo “Valentina”

“Valentina” è un brano pop con aperture rock dalle sonorità moderne, ma che strizza l'occhio agli anni ’90. La canzone tratta una tematica molto attuale, quella dell’amore malato e le sue conseguenze, e rappresenta un punto di svolta per la cantautrice che da tempo desiderava scrivere un testo in italiano, ma senza perdere quella che è la musicalità internazionale che ha sempre contraddistinto la sua produzione musicale fino ad ora. Il pezzo è stato prodotto da Marco Gabrielli e, per ottenere un sound più caldo, analogico ed internazionale, il mastering è stato affidato ad Oli Morgan (Mastering Engineer di Elton John, Seal, Olivia Rodrigo, Mike Oldfield, Eminem e molti altri) degli Abbey Road Studios di Londra.


Ciao Irene, parliamo di “Valentina” il tuo nuovo singolo. Com’è nato? Cosa rappresenta per te?

Valentina nasce, innanzi tutto, dalla grande voglia di scrivere un brano (il mio primo, finalmente) in italiano.

Il tema che ho trattato invece è “legato” al giorno di San Valentino.

Proprio la sera dello scorso San Valentino pensavo a quante donne avrebbero ricevuto fiori in quel giorno, da uomini in realtà violenti.

Per quanto riguarda la musica e l’arrangiamento invece, come sempre devo ringraziare il grande lavoro del mio produttore, Marco Gabrielli, che anche questa volta, come un po’ per tuti i nostri processi creativi, mi ha fatto sentire la musica prima, che mi ha poi ispirato il testo.

A quale idea si ispira il videoclip?

Il videoclip nasce da un’idea ben precisa: le “rose insanguinate” come simbolo della violenza.

La protagonista del video infatti, che sono io, ma è anche Valentina, o siamo tutte, è sdraiata a terra ricoperta di petali rossi, cha man mano le cadono addosso. Non vediamo mai fiori, rose, intere, ma sempre e solo petali. Questo per rappresentare una sorta di “rottura”, e in senso lato, di violenza. La violenza poi raggiunge l’apice (a livello sempre simbolico) quando i petali si rivelano sporchi di sangue, e sono quasi loro stessi fatti di sangue.

Quali sono le tue influenze musicali?

Le mie influenze musicali spaziano molto e credo siano il risultato di una sintesi di vari generi e artisti che ho ascoltato molto negli anni. Sicuramente sono una “figlia” di tutto il filone pop-rock a cavallo dei due millenni. Posso citare un gruppo su tutti, gli Skunk Anansie della meravigliosa Skin. Poi sicuramente i Muse, mia band preferita in assoluto, e poi negli ultimi anni non posso non ammettere di essere stata completamente travolta (e stravolta!) di Billie Eilish, che è diventata in un attimo la mia artista femminile preferita, forse, di sempre.

Come e quando è iniziata la tua passione per la musica?

Diciamo che mi ha accompagnata fina da piccola. La musica c’è sempre stata. Grazie ai miei genitori, sono sempre stata immersa nella musica. Dalla classica al rock si è sempre ascoltato tanto e di tutto a casa nostra. Fin da ragazzina poi mi è sempre piaciuto cantare e provare a mettere i miei pensieri in versi.

Il passaggio però dal puro canto per piacere personale alla discografia, è arrivato circa 3 anni fa’, quando ho iniziato a collaborare con l’etichetta StrangerArts.

Con quale artista ti piacerebbe collaborare e perché?

Se posso proprio esagerare, e proiettare nell’Olimpo musicale il mio sogno di collaborazione, dico Matt Bellamy dei MUSE. E’ la mia band preferita e trovo che sia un vero e proprio genio musicale di questi anni.

Progetti futuri?

Il mio prossimo grande passo sarà l’uscita del mio secondo album, che però non ha ancora un titolo né tantomeno una data di pubblicazione… 😊

Sicuramente però includerà Valentina e i due singoli del 2022 che avevo escluso dal mio primo album V-Deocrazy, ovvero Beautiful Liar e Black Van. Poi ci sarà almeno un altro brano in italiano. Per il momento l’idea a quella di creare un album metà in italiano e metà in inglese.

E poi, non meno importante, anzi, la preparazione, con la mia band, dei Live per la stagione invernale.

 

 

 

Fattitaliani

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