Intervista a Daniela Montanari, un'autrice accorta e una penna che lascia il segno



di Laura Gorini

Quando scrivo sono la mia espressione più pura

Si intitola Famĭlia la più recente opera pubblicata dalla brava autrice bolognese Daniela Montanari. Un testo decisamente importante, volto a farci ampiamente riflettere su che cosa sia diventata davvero oggi la famiglia.

Daniela, come si è avvicinata al mondo della scrittura?

Da quando ho iniziato a scrivere, non mi sono più staccata quindi non c’è stato un avvicinamento ma soltanto un continuum .

Che cosa prova quando scrive?

Quando scrivo sono la mia espressione più pura. Non è misticismo, chi scrive lo sa bene. Quando si scrive, e io non faccio eccezione, si è se stessi in larga parte ma poi arrivano scintille, baluginii, intuizioni, parole che non sono nostre, noi semplicemente siamo lì pronti a trascriverle. Questo stato di esserci senza esserci, di essere un tramite, è quanto di più prossimo alla felicità.

La sua passione ha avuto un meraviglioso coronamento in tante pubblicazioni.  Si è data alla prosa e oggi alla saggistica. Come si spiega questo suo essere tanto eclettico?

Questo testo nasce senza che io abbia scelto di dedicarmi alla saggistica. Non consciamente, almeno. Ho partecipato ad un concorso per caso (posto che non esistano casi), ho voluto percorrere una strada differente dalla prosa e ho vinto quel concorso, nella sezione “saggi brevi”. Da lì, siccome erano anni che avrei voluto scrivere e parlare della Famiglia ma non mi riusciva farne un romanzo, è nato “Familia”.

La scrittura quanto l'ha aiutata a comprendersi meglio, amarsi e accettarsi a fondo come persona?

Sempre. Totalmente. Ogni volta. Inoltre più imparo a comprendermi, più so che anche l’altro è complesso e profondo.


Lei opera anche come ghostwriter, Come riesce a entrare nella mente di un'altra persona ed entrare a tal punto in sintonia con lei da riuscire a scrivere al posto suo?

Le sembrerà strano eppure è proprio così. Quando la persona che vuole essere aiutata a scrivere un libro mi racconta la sua storia, proprio perché scrivo da quarant’anni, e scrivo restando aperta alle emozioni, capisco subito cosa non sta raccontando, perché, o perché sta puntando tutto su un dato fatto anziché sul cercare di accogliere tutta la propria storia. Mentre la persona racconta, io immagino già un canovaccio, come iniziare, come finire, da che punto di vista raccontare.

Questo lavoro l'ha aiutata a comprendere tanti comportamenti e pensieri da lei tanto distanti?

In parte sì. Alla fine, anche se le persone sono totalmente diverse da noi, le “ruote di energie” che ci mettono in movimento, funzionano un po’ tutte similmente però entrare così in confidenza eppure in punta di piedi, mi aiuta sempre a espandere la coscienza.

La Daniela di oggi quanto è cambiata rispetto a quella di ieri? E quella di domani, come sarà? Come se la immagina?

Daniela ieri inseguiva il simbolo. Ci teneva particolarmente a farlo secondo i dogmi, tra l’altro. Essere una brava persona, disponibile, educata, amorevole, gentile, accogliente. Ben inteso che non v’è nulla di male in ciò. Maturando ho compreso che non si può diventare persone davvero accoglienti, davvero piene di amore, se non si è felici. Ecco, se lo avessi scoperto prima, non avrei impiegato anni per cercare di essere perfetta. Avrei vissuto con meno pressione emotiva, questo sì. La Daniela di domani non lo so con certezza, ma non vedo l’ora di sapere cosa abbia in serbo per me: la aspetto con fiducia e con tanto amore.

 

Fattitaliani

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