Roberta Zanzonico presenta “La bellezza rimasta”, un romanzo che parla dei ricordi e della nostalgia

Oggi vi parliamo de “La bellezza rimasta” (Morellini), il nuovo romanzo della scrittrice Roberta Zanzonico, disponibile in libreria e negli store digitali.

Per l’occasione abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’autrice.

Roberta, benvenuta. Come è nata l’idea di scrivere “La bellezza rimasta” il suo nuovo libro?

Volevo raccontare una storia sul desiderio di rimanere fermi in un momento nel tempo in cui si è stati, o si è pensato di essere, felici. L’idea è nata quando avevo diciannove anni, quando dopo la fine di un amore mi trovai a pensare che non avrei più voluto andare avanti, che avrei voluto tornare indietro e fermare il tempo. Negli anni, la formazione come medico e poi come psichiatra mi hanno aiutata a maturare questa idea iniziale. Per esempio, la sindrome di cui soffre la protagonista è qualcosa che ho incontrato nella mia esperienza clinica e che non permette, a chi ne è affetto, di formare nuovi ricordi. Ma oltre ai casi clinici più eclatanti, ho anche visto persone sole cercare rifugio nella nostalgia per non affrontare il presente. Ho messo insieme tutte queste idee e così è nata “La bellezza rimasta”

“La bellezza rimasta”, perché questo titolo?

Il romanzo parla dei ricordi e della nostalgia. Il titolo fa riferimento alla bellezza rimasta nella nostra memoria: il residuo di un passato filtrato e idealizzato.

Ci racconta il percorso emotivo e di ricerca che l’ha portata alla stesura del romanzo?

Non è forse più semplice tornare indietro che andare avanti? Questa è la domanda che si pone uno dei personaggi del romanzo e che mi sono posta anch’io. Ho riflettuto a lungo sulla nostalgia, sul passato e su come lo ricordiamo. Ho vissuto molti anni lontana da casa, e con il tempo la nostalgia è diventato un tema a me caro. Ho capito che è semplice idealizzare quel che non esiste più e cercare nel passato una via di fuga dal presente. Mi sono poi interrogata su quanti altri modi esistono per fugare il dolore e cercare rifugio in una versione idealizzata della realtà. Sicuramente la mia professione mi ha aiutata a interrogarmi e a scoprire modi diversi in cui le nostre fragilità possono spingerci a cercare l’evasione più che l’accettazione. Nel romanzo, tutti i personaggi cercano un modo di evadere il presente: alcuni tornando al passato attraverso le conversazioni con la protagonista, altri cercando di prendere un treno che li porti via, un personaggio persino attraverso la follia. 


Quanto tempo ha impiegato a scrivere la storia?

Circa due anni, ma ho pensato a questa storia per più di dieci anni prima di scriverla.

Ogni libro è un viaggio tra le pagine, come definirebbe questo suo nuovo viaggio?

Un viaggio nelle fragilità proprie della condizione umana, che può forse aiutare a interrogarsi e a scoprirsi un po’ di più.

Qualche anticipazione per i suoi prossimi lavori e impegni?

Per quanto riguarda i prossimi progetti editoriali, spero di completare una raccolta di saggi brevi e un nuovo romanzo. Per quanta riguarda la professione da psichiatra, continuerò l’attività clinica e l’insegnamento.



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