Patrizia La Daga, giornalista e imprenditrice: racconto spesso storie di persone che ce l'hanno fatta. L'intervista

Fattitaliani



di Andrea Giostra - 
«Credo che lottare per i propri obiettivi sia fondamentale e difficilmente concepisco la resa. Per questo mi dedico spesso a raccontare storie di persone che sono arrivate al successo, personale e professionale, superando ogni tipo di ostacolo e le più belle le porto sui palchi dei miei eventi affinché possano essere di ispirazione per altre persone.» (Patrizia La Daga)

Ciao Patrizia, benvenuta. Grazie per la tua disponibilità e per aver accettato il nostro invito. Se volessi presentarti ai nostri lettori, cosa racconteresti di te quale Patrizia giornalista e imprenditrice?

Innanzitutto, grazie mille di questa opportunità. Come giornalista non mi capita spesso di essere dalla parte di chi risponde alle domande, sono più abituata a raccontare che a raccontarmi.

La mia storia è quella di una giornalista che nel lontano 1999 è stata mandata a Barcellona dal suo editore per mettere in piedi una rivista economica in Spagna. Dovevo restarci un paio d’anni e poi rientrare a Milano, ma terminata la mia missione ho scelto di restare e di lavorare come freelance.

Amo conoscere persone, il networking è qualcosa che mi viene naturale e per questo tutta la mia attività si base sulla comunicazione in tutte le sue forme. Da un lato c’è l’aspetto imprenditoriale, basato sulla consulenza e l’organizzazione di eventi, alcuni dei quali, come la giornata di storytelling motivazionale Leadership Arena, che ho creato qualche anno fa, mi vedono anche protagonista sul palco in veste di presentatrice. Dall’altro c’è la mia vocazione più propriamente giornalistica, che si esprime attraverso le interviste pubblicate su Italianiovunque.com, il sito partner di Tiscali, che dirigo, e che si propone di valorizzare l’eccellenza italiana nel mondo.

… chi è invece Patrizia Donna che vive la sua quotidianità e cosa fai al di fuori del tuo lavoro di giornalista e imprenditrice?

Quando i miei due figli, oggi universitari, erano bambini, sono stati la mia priorità in termini di tempo ed attenzioni e quindi il ruolo di mamma ha prevalso su tutti gli altri. Per carattere non riesco a stare ferma, mi piace viaggiare e sono sempre stata piuttosto sportiva (iperattiva dicono in famiglia per prendermi in giro). Nelle ore che non dedico al lavoro è facile trovarmi in palestra o a correre. Ma amo anche molto leggere, tanto che per diversi anni ho curato il blog letterario Leultime20.it.

Infine, mi piace ricevere a casa. Non sono una grande chef, ma adoro circondarmi di amici, che gentilmente fingono di apprezzare la mia cucina.

Chi sono e chi sono stati i tuoi maestri d’arte, se vogliamo usare questo termine? Qual è stato il tuo percorso formativo ed esperienziale nel mondo del giornalismo?

Scrivere è stata una passione fin dai primi anni dell’infanzia. Ricordo che da bambina copiavo a mano interi brani di libri e a otto o nove anni usavo la macchina da scrivere di mio padre per creare delle personalissime edizioni del Corriere della Sera. Partivo da un titolo, che ritagliavo e incollavo su un foglio, e poi inventavo il testo. La mia fonte di ispirazione a quell’epoca era mio nonno, un pubblicista, maestro d’italiano e poeta che mi ha insegnato la bellezza delle parole. Crescendo ho imparato ad apprezzare le grandi firme del giornalismo italiano di quegli anni, Montanelli e Oriana Fallaci su tutti.

Per qualche tempo ho anche pensato che mi sarebbe piaciuto essere inviata di guerra, ma i primi passi che ho mosso nel giornalismo erano di tutt’altra natura. Scrivevo di business e di impresa, mi sono appassionata alle storie delle persone che hanno cambiato il mondo con le loro idee. Ho fatto anche TV, lavorando in redazioni di emittenti private e presentando programmi sempre di natura economico-imprenditoriale.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?

Mi riconosco moltissimo nelle parole di Falcone in termini di atteggiamento. Credo che lottare per i propri obiettivi sia fondamentale e difficilmente concepisco la resa. Per questo mi dedico spesso a raccontare storie di persone che sono arrivate al successo, personale e professionale, superando ogni tipo di ostacolo e le più belle le porto sui palchi dei miei eventi affinché possano essere di ispirazione per altre persone. Credo che ci sia sempre da imparare dagli altri e che ogni persona sia una fonte di apprendimento.

«Un giornalista è la vedetta sul ponte di comando della nave dello Stato. Prende nota delle vele di passaggio e di tutte le piccole presenze di qualche interesse che punteggiano l’orizzonte quando c’è bel tempo. Riferisce di naufraghi alla deriva che la nave può trarre in salvo. Scruta attraverso la nebbia e la burrasca per allertare sui pericoli incombenti. Non agisce in base al proprio reddito né ai profitti del proprietario. Resta al suo posto per vigilare sulla sicurezza e il benessere delle persone che confidano in lui(Joseph Pulitzer, “Sul giornalismo”, 1904). Cosa è secondo te il giornalista oggi? Cosa pensi della definizione che ne dà Pulitzer nel suo saggio?

Credo che l’immagine di Pulitzer sia un’idealizzazione obbligata a fare i conti con la realtà quotidiana. In un mondo in cui tecnologia permette a chiunque di mettere in piedi un sito internet e “fare informazione” il giornalista professionista spesso è obbligato a seguire logiche economiche che lo allontanano dal ruolo di “vedetta sul ponte di comando”. Non dico che non si cerchi il “rispetto della verità sostanziale dei fatti “, come recita il testo unico dei doveri del giornalista, che è la bussola della nostra attività, ma è innegabile che gli interessi degli editori influiscano sul lavoro delle redazioni. E le dinamiche non cambiano nemmeno per i freelance. Questo non significa che non si possa essere etici e conservare i propri valori, conosco tanti colleghi che fanno uno splendido lavoro, ma salvo rare eccezioni, non credo troppo nell’eroismo della categoria. E mi includo, sia chiaro.

«…anche l’amore era fra le esperienze mistiche e pericolose, perché toglie l’uomo dalle braccia della ragione e lo lascia letteralmente sospeso a mezz’aria sopra un abisso senza fondo.» (Robert Musil, “L’uomo senza qualità”, Volume primo, p. 28, Einaudi ed., 1996, Torino). Cosa pensi di questa frase di Robert Musil? Cos’è l’amore per te e come secondo te è vissuto oggi l’amore nella nostra società contemporanea, tecnologica e social?

Sono assolutamente d’accordo con Musil. Credo che non esista nulla di più potente, magico e allo stesso pericoloso. Ho un temperamento passionale e tendo a vivere ogni emozione in modo estremo, nel bene e nel male. E non c’è nulla che nella vita possa dare più piacere, ma anche più dolore dell’amore.


Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così:
«L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea tecnologica e social? E se sì, a cosa serve oggi l’arte secondo te?

Sono convinta che l’arte sia l’espressione, in molteplici forme, di tutto ciò che ci rende umani: creatività, emozione, amore, dolore, passione.... Non sempre l’arte coincide con la parola bellezza, ma è un motore e dove non c’è o non può esprimersi, un popolo si imbarbarisce. Anche in una società tecnologica e social l’arte si può manifestare. Possono cambiare gli strumenti e i canali di diffusione ma il bisogno degli esseri umani di lasciare agli altri qualcosa del proprio mondo interiore non muta.

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che hai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

In tempi recenti devo sicuramente dire grazie ai miei figli. Anche se sono giudici severi e non smettono di prendermi in giro quando pubblico cose da mamma della generazione X (la parola all’ordine del giorno è cringe), mi hanno sempre sostenuta. Con loro discuto ogni progetto o iniziativa. E quando sono stata tentata di “mollare”, me lo hanno impedito.

E poi ci sono due persone a cui sarò sempre grata per avermi motivata in tempi diversi, nei momenti professionalmente più difficili. Due persone che hanno sempre avuto fiducia nelle mie capacità e mi hanno aiutato a non arrendermi quando le cose non andavano come avrebbero dovuto. So che sembrerà strano, ma parlo degli uomini che ho amato di più nella mia vita, anche se oggi non ne fanno più parte, o almeno non come prima. Uno è il mio ex-marito e padre dei miei figli, con cui ho un rapporto di amicizia, che ancora oggi non perde occasione per manifestare la sua stima nei miei confronti e per aiutarmi se ne ho bisogno. L’altro è stato il mio compagno di vita negli ultimi due anni e mezzo, una relazione intensissima, purtroppo terminata, ma in cui mi sono sentita presa per mano in un momento in cui ero molto debole emotivamente e professionalmente. La pandemia per chi si occupa di eventi ed ha nel networking una delle proprie risorse principali, è stata devastante. Io venivo anche da un divorzio e ricostruirsi non è stato facile. Ma avere accanto una persona che non ha mai smesso di dimostrare la sua ammirazione e si è fatta in quattro per me, è stato un regalo e non mi costa ammetterlo.

Se dovessi consigliare ai nostri lettori tre film da vedere quali consiglieresti e perché?

Difficile scegliere solo tre titoli, comunque tra i miei film preferiti di sempre c’è “L’attimo fuggente” con Robin Williams. Poetico e commovente con una lezione di vita sempre universalmente valida. Un’altra pellicola che amo molto è “Il Gladiatore”, un po’ perché mi affascinano i film storici, ma soprattutto perché è una storia di grandi valori: lealtà, onore e coraggio, su tutti. “Il Pianista”, di Polanski, con uno strepitoso Adrien Brody, infine, è un film che ho scolpito nella memoria. Duro, doloroso ma imprescindibile per capire l’orrore del nazismo.

Se mi permetti, Andrea, visto che amo le storie di eccellenza italiana, vorrei menzionare anche un film uscito da poco, “Lamborghini - the man behind the legend” del regista premio Oscar Bob Moresco. Una produzione italiana ma con un cast internazionale, che racconta la nascita della prestigiosa casa automobilistica. Sono di parte perché mio figlio, che è attore, nel film interpreta il ruolo del giovane Tonino Lamborghini, figlio di Ferruccio, il fondatore. Al di là dell’orgoglio di mamma e al netto di qualsiasi critica cinematografica, mi è piaciuto scoprire le vicende umane di un uomo, imprenditore e visionario, che ha saputo creare dal nulla di un brand diventato leggendario in tutto il mondo.

E tre libri da leggere assolutamente nei prossimi mesi? Quali e perché proprio quelli?

Sebbene il mio blog letterario Leultime20.it sia “in pausa” da alcuni anni, leggere resta una delle mie attività preferite e i libri che potrei suggerire sono davvero tantissimi. Premesso che il mio libro del cuore è sarà sempre “Il vecchio e il mare” di Hemingway, menziono tre opere scritte da donne in anni recenti. Non si tratta di solidarietà femminile ma di grande ammirazione per la potenza delle loro pagine. Per restringere il campo ho scelto anche un tema che le accomuna: la guerra. In un momento storico in cui ne abbiamo una a due passi da casa, credo sia importante ricordare quanto devastante sia qualsiasi conflitto.

Il primo romanzo è “La figlia”, della scrittrice barcellonese Clara Usón, ricostruzione delle vicende della ex-Jugoslavia dopo la morte di Tito, con le sanguinose guerre nazionaliste, culminate con l’assedio e la distruzione di Sarajevo e il massacro di migliaia di profughi bosniaci a Srebrenica. Un pugno nello stomaco utile per ricordarci quanto le barriere siano deleterie per la razza umana.

Il secondo è “Il ragazzo che leggeva Verne” di Almudena Grandes, ambientato alla fine della Seconda guerra mondiale e durante la dittatura di Franco e infine “Limbo” di Melania Mazzucco, che racconta la vicenda umana di una donna soldato ferita gravemente in un attentato in Afghanistan.


I tuoi prossimi progetti? Cosa ti aspetta nel tuo futuro professionale che puoi raccontarci? A cosa stai lavorando in questo momento?

Diciamo che ho da poco ampliato i miei orizzonti per sbarcare oltreoceano. Con due soci italiani ho costituito una società con sede a Miami, dedicata alla promozione delle eccellenze universitarie italiane ed europee negli Stati Uniti. La prima partnership è con L’Università Bocconi, con cui stiamo organizzando una serie di eventi per presentare agli studenti americani e alle loro famiglie i vantaggi di frequentare il prestigioso ateneo milanese. La nostra agenzia si incarica di assistere gli studenti in ogni fase del loro percorso, pre e post immatricolazione, dando loro una serie di servizi di altissimo livello.

Un altro obiettivo, ma per ora in fase solo di studio, è quello di portare il mio evento Leadership Arena in un teatro di Miami o New York.

 

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Sicuramente continuerò a raccontare le storie dei connazionali più intraprendenti sul sito https://www.italianiovunque.com/ e a pubblicare aggiornamenti sugli eventi e i nuovi progetti sulle mie reti sociali.

 

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa intervista?

Vorrei dire solo grazie. Ma di cuore. Se qualcuno si è preso la briga di arrivare a leggere fino a qui, è l’unica cosa che mi sento di dirgli. È molto semplice arrivare in fondo a un’intervista di Shakira, specie dopo aver fatto uscire una canzone che ha polverizzato ogni record in poche ore, ma leggere della vita e delle idee di una persona che non vive sotto i riflettori, ma che, al contrario, per mestiere tende a puntarli sugli altri, be’, dimostra una curiosità e un interesse fuori dal comune. Perciò, grazie davvero.

Patrizia La Daga

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Andrea Giostra

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