(spotify) “Popa’s Nightmare” è un lavoro nato dalla voglia di sperimentare elettronica e paesaggi sonori distesi e viscerali. Il disco è un serpente nel deserto delle frustrazioni di un'infanzia tormentata, rispetto a cui un padre vive l’incubo del dover affrontare il delirio di un figlio apatico, sadico e narcisista. Un viaggio nelle più noiose vacanze (Forty Days) o nei giochi più sadici (Playin' with Steve). Un padre che aspetta che il figlio vada a trovarlo al cimitero, fermo, in attesa, nella sua tomba… (I’m not a Criminal). Un sentiero sulle aride colline del terrore, che echeggiano nelle note di "Jennaro". Uno strazio nero… un viaggio che finisce con gli ultimi due accordi semplici e naif di "For Money", lasciando spazio ad un nuovo spiraglio, luminoso e fresco… chissà. Sicuramente un disco nomade e pensato a più cicli, scritto di getto, di pancia, ma elaborato poi a lungo. Le voci sono pitchate e private spesso di origine proprio per far tramontare gradualmente l'idea del cantante come figura principale, ed inserire la melodia vocale proprio all'interno di quei paesaggi prima citati, nella mischia. L’ospite principale sono le contaminazioni, forti e vibranti. Tutto è spesso lievemente cupo, di provenienza misteriosa, ma sognante.
L’INTERVISTA
Dopo l’ascolto del disco penso che vengano fuori chiaramente due cose: la capacità di scrivere brani con strutture complesse che fanno girare sempre in maniera fluida i pezzi e la indubbia capacità di maneggiare i vostri strumenti… che ne pensi?
Sul song writing e la stesura delle strutture ci spacchiamo ovviamente la testa e nulla è lasciato al caso. La complessità dei pezzi risulta fluida all'ascolto proprio perché la struttura è quella della canzone pop mascherata con degli arcani. C'è un indubbio sforzo nella produzione per far girare i pezzi in maniera efficace nonostante l'apparente complessità. Il fine è sempre rendere fruibile la canzone nonostante il fatto che possa non sembrare commerciale. Spesso gli strumenti utilizzati non hanno un ruolo definito, sono solamente un mezzo per creare delle sonorità precise: a volte quella che può sembrare una tastiera è una chitarra, non si riesce sempre a distinguere quale strumento stia eseguendo una specifica parte. Conta il risultato, non i mezzi. Troviamo interessante utilizzare gli strumenti spesso non con il loro ruolo classico.
Mi piace molto il modo di trattare la voce… Diventa molto astratta… Anche la voce è utilizzata in maniera non canonica, spesso assomiglia a un sintetizzatore, a una chitarra. È una scelta stilistica che a nostro avviso nel mix risulta interessante. Crea inoltre un'evanescenza che lascia spesso libera interpretazione delle parole, dei significati.
Ascoltando il vostro disco mi vengono in mente in molti passaggi gli MGMT… Che altro c’è secondo voi che la vostra musica potrebbe far ricordare all’ascoltatore?
Siamo molto contenti nell’essere accostati a gruppi di valore come MGMT. Sicuramente il panorama indie pop, il rock e la psichedelia fanno parte del nostro background, li abbiamo interiorizzati ed escono nelle composizioni. Troviamo interessante quando ci accostano a band a cui non avevamo nemmeno pensato ma che effettivamente calzano. Quando la gente ascolta duckbaleno è interessante per noi sapere quali reminiscenze evocano nell'ascoltatore, rimanendo spesso sorpresi. Abbiamo un batterista che viene dal punk rock e dal metal, ma pure progressive, quindi si sente l'influenza di quella scuola; un bassista onnivoro che ha suonato molto jazz e ama la psichedelia; un chitarrista che ama Jack White e il prog italiano e internazionale; poi Duck Chagall, cantante e produttore, che riesce a unire e miscelare tutti questi generi differenti con un tipo di produzione molto catchy, con un modo di cantare che talvolta approda su rive inaspettate.
Più che un incubo di papà, visto l’andamento e le vibrazioni del disco, mi sembra un sogno molto colorato e per niente dark…
Anche noi vediamo molti di colori nell'album, proprio per il fatto che abbiamo influenze molto differenti tra noi. Lo si nota anche nella copertina… I "Nightmares" non sono per forza bui, ma possono essere intrisi di vomitate colorate e informi che creano scompiglio e confusione. In generale le atmosfere e i suoni dark si percepiscono solo in qualche pezzo… Tuttavia nella nostra tavolozza di colori, esattamente come nel nome, vi è uno spettro molto ampio di tonalità: viola psych, blu notte profonda, nero di rabbia, rosso passionale, e verde acido! Nel prossimo lavoro ne utilizzeremo altri.
Vista la proposta musicale dal vivo penso che potreste avere spazio anche fuori dall’Italia…anzi... forse più all’estero, vista la pochezza dei club e locali del bel paese…
E’ un po’ sempre questo il triste dilemma di chiunque faccia musica alternativa in Italia… La cultura live del bel paese a livello underground è rarefatta ormai da tempo purtroppo, siamo consapevoli di questo. Spesso è difficile e frustrante far girare qualcosa che esca dai canoni del mercato. Tutto questo però ha validità fino a un certo punto: domani, fra un mese, fra un anno, qualcosa potrebbe cambiare. Succede davvero. L’ambiente e la società sono costituiti dalle persone e dalle loro scelte, null’altro. La ricerca non muore mai, l’avanguardia nemmeno. C’è un desiderio di equilibrio tra il potersi esprimere liberamente e il guardarsi da fuori che bussa costantemente all’anima di molti artisti d’oggi. Noi facciamo quello che abbiamo sempre fatto. Suonare.
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