Il libro ripercorre le tappe di un uomo di cultura che è decisamente riduttivo definire un politico: perché Renato Nicolini non è stato solo il parlamentare e l’Assessore alla Cultura che inventò e diede un senso alla parola politica culturale, fu anche l’uomo dell’effimero, del meraviglioso urbano, della mescolanza tra colto e popolare, l’ideatore dell’Estate Romana, l’amico delle avanguardie teatrali, l’urbanista, il drammaturgo, l’attore, ma soprattutto è stato un uomo che, attraverso la cultura, ha inciso profondamente sulla socialità e sulla qualità della vita di migliaia di cittadini generando un circolo virtuoso di idee innovative ancora oggi vive nel ricordo di chi ha vissuto la sua epoca. Questo lavoro prova a ricostruire il percorso e la molteplicità della sua figura con un approccio che non perde mai di vista la complementarietà del particolare profilo artistico e politico di Nicolini: dalle prime esperienze giovanili politiche nella facoltà di Architettura fino al fugace incontro con Che Guevara a Cuba; dalla folgorante scoperta del teatro d’avanguardia alla passione cinefila da frequentatore seriale di cineclub; dai fasti visionari dell’Estate Romana (solo per citare alcuni eventi, il Festival dei Poeti a Castelporziano con i maggiori esponenti della Beat Generation americana e le varie edizioni del Cinema a Massenzio) all’attività parlamentare per tre legislature nelle file del PCI; dal doloroso strappo con il PDS in occasione della sua candidatura a Sindaco di Roma con Rifondazione Comunista all’Assessorato all’Identità al Comune di Napoli con la Giunta Bassolino; dalle sue numerosissime esperienze attoriali nel teatro e nel cinema fino alla direzione del Laboratorio teatrale Le Maschere per l’Università di Reggio Calabria dove era anche Professore ordinario di composizione architettonica. Nicolini è stato dunque il fautore di continui processi di germinazione politica e culturale che hanno profondamente segnato la nostra storia sociale. Una figura che, come descritto da Testoni nel suo libro, fu “una gioiosa anomalia politica e che come tale fu considerata, amata e infine combattuta, spesso da quella stessa classe dirigente che l’aveva proposta e candidata.” |