Michel
Oz, come ti sei avvicinato all'arte?
Sono
stato molto fortunato: mio padre mi portava fin da piccolo nei teatri di posa
dei fotoromanzi e lì tutto era arte, dal montaggio della scenografia allo
scatto, prima su pellicola e poi su carta Polycrom. Passavo il tempo a fare
strisce di carta infilando fogli nel tritacarte o a ritagliare i fotoromanzi
per riscrivere le storie a modo mio incollandole sul quaderno di matematica.
Mia madre mi ha sempre portato con lei nei musei perché amava l’arte a 360
gradi e spesso portava dal corniciaio i miei lavori per stimolare la mia vena
creativa.
Cosa
ispira le tue opere?
Parto
dalla contemplazione degli spazi urbani e suburbani delle grandi metropoli dove
brandelli di manifesti, immagini e messaggi di varia natura, rivestono
abusivamente i muri e le pareti della città. Mescolati tra loro, questi
elementi si rincorrono e si fondono, scollandosi, scolorendo e lacerandosi in
attesa che il tempo ne cancelli definitivamente ogni traccia. Partendo da
questo punto di vista le mie opere sono create a partire da frammenti di
messaggi urbani, che vengono così salvati dall'ineluttabile deterioramento del
tempo. Il processo creativo alla base dei miei lavori è ispirato alle stesse
dinamiche di scollamento e sovrapposizione di cui la street art si fa
portavoce. Si crea così un continuo ricircolo in cui strappi, messaggi e stili
diversi si ricompongono in un nuovo e diverso segno grafico.
Nel
corso del tuo percorso, c'è un'esperienza particolarmente significativa e allo
stesso tempo divertente che ricordi in particolare?
Per
me è sempre divertente quello che faccio; uscire la sera in qualunque città:
Berlino, Buenos Aires, Roma, Tokyo, nei quartieri più vivi a raccogliere i
frammenti è tempo prezioso! Poi, nel mio studio, qualche volta arrivano pacchi
postali di persone che mi inviano frammenti metropolitani raccolti da loro con
il solo scopo di finire dentro un mio lavoro.
Quanto è cambiato Michel Oz, come artista e come uomo, dagli esordi ad oggi?
Forse
non sono cambiato poi tanto, direi che come tutti i 40enni che si guardano
indietro, oggi c’è più esperienza e più consapevolezza.
Progetti
futuri?
Nell’ultimo periodo siamo stati tutti molto attivi sul digitale, anche il mercato dell’arte è cambiato, oggi si vendono lavori dal profilo Instagram senza nemmeno conoscere il cliente. Per il futuro, pandemie permettendo, sto organizzando due eventi uno a Roma e uno a Milano per riportare in galleria le persone e tornare ad avere rapporti, per scambiare pareri e critiche dal vivo.