Carlo Audino presenta "Autostop": tornare indietro a tanto dolore mi aiuta a valorizzare ogni giorno di più la vita quotidiana. L'intervista di Fattitaliani

Fattitaliani

(video) Ci sono momenti nella vita in cui ci si rende conto di quanto essa sia preziosa e unica e solitamente questo avviene quando si lotta per non morire. Carlo Audino ha vissuto quest’esperienza nel novembre 2012 a causa di un incidente motociclistico. Sveglio dal coma e sotto morfina, la sua mente volava. Periodicamente, tra le varie fantasticherìe, appariva un angelo vestito di verde che si prendeva cura dell’autore e non gli faceva provare dolore. "Autostop" prende forma proprio da queste fantasie, come il dare un passaggio a una bella ragazza che lo chiede o l'incidente con il TIR. Sono mere illusioni dello stesso ragazzo che, steso sul letto con fili, drenaggi, cateteri e flebo di ogni tipo, sogna di attendere la sua fantastica fidanzata sotto casa per andare a ballare e sfoggiare il vestito più bello. Le foto della copertina sono originali e ritraggono Carlo Audino con lo spumante nella notte di capodanno 2013 ed al compimento dei suoi primi passi con il deambulatore qualche mese dopo.

Spiega l’artista a proposito della nuova release: «Un'auto che fila veloce, un autostop, una bella ragazza a bordo, un gatto che fugge, una festa e un TIR. Ma tutto questo sarà reale oppure no?».

Nel video di “Autostop” è stato preso un elemento caratterizzante per ogni strofa e ci si è costruito sopra una sequenza di immagini. Così è stato utilizzato il vento per la prima strofa, il gatto per la seconda e il cambio abito per la terza. La protagonista del video è Alessandra Audino, sorella dell’autore, mentre Sabrina Seaside ha contribuito nell’art direction e alla realizzazione delle riprese. L'intervista di Fattitaliani.

Difficile tradurre in musica un'esperienza cosi drammaticamente personale?

Si dice "L'importante è poterla raccontare" ed infatti anche se sono stati momenti di difficoltà inimmaginabili, il tornare indietro a tanto dolore mi aiuta a valorizzare ogni giorno di più la vita quotidiana. Costruirvi sopra una canzone è stato alla fine piacevole ed al tempo stesso difficile ma non tanto per il dramma vissuto bensì per la ricerca del giusto modo di trasmettere il più fedelmente possibile l'umore, lo stato d'animo ed i pensieri di quei momenti senza tempo né ragione.

È successo che nella fase compositiva siano emersi altri dettagli dell'esperienza?

Sì, certo, è come quando si svolge un tema. All'inizio si hanno in mente i punti salienti ma poi via via che si entra nel dettaglio riaffiorano piccole immagini che si ritenevano perse. È il caso della "festa" per la quale attendo lei sotto casa: mi è venuta in mente solo durante la composizione della prima parte e sono riuscito ad incastonarla nella strofa finale fra le migliaia di altri piccoli particolari che sono riaffiorati ma che ho dovuto volutamente trascurare per tenere la durata della canzone sotto le dodici ore.

Che cosa si augura venga compreso e recepito dall'ascolto del brano?

Questo è un argomento molto delicato. Vorrei solo essere un testimone del fatto che anche la persona che sembra inanimata su un letto d'ospedale (e ovviamente che non sia stata dichiarata morta cerebralmente) ha il cervello e l'attenzione che recepisce, magari trasfigurandola nelle sue immaginazioni, la realtà del mondo che lo circonda. Un esempio, per quanto mi riguarda, fu quando mio figlio di undici anni mi sussurrò ad un orecchio che mi voleva bene ed io, che in quel momento ero appeso (secondo la mia mente) ad un elicottero dentro ad un pneumatico, mi svegliai dal coma e vidi lui che, piangendo, si rivolse alla madre e gli disse "Mamma, mamma, guarda: papà si è svegliato!". E a me: "Coraggio papà, non è successo nulla, coraggio!". Io quando ascoltai le sue parole feci un grande sforzo per capire dove fosse mio figlio di cui sentivo la voce: ed infatti scomparve sia l'elicottero che il pneumatico ed apparvero i suoi occhioni luccicanti. Questo per dire che le cose che diciamo ad una persona in coma o apparentemente inanimata su un letto, probabilmente vengono recepite ed interpretate più di quanto noi potremmo immaginare. 

A parte il dato biografico, quanto la canzone rivela del suo stile musicale?

La canzone ha un ritmo serrato che in maniera onomatopeica ricorda il ritmo del respiro di colui che corre ovvero del ritmo cardiaco. Il suo testo è creato quasi a voler ingannare l'ascoltatore distratto che, a  fine canzone, ha solo percepito la sensazione di felicità di questo uomo che si è fidanzato con una ragazza conosciuta per averle dato un passaggio. Compaiono qua e là tinte molto colorite come il giallo del sole che sorge e il verde del vestito per la festa. Il ritmo ossessivo non molla mai ed allo scandire del tempo si ritrovano tutti i soggetti: l'auto che corre, il vento che incalza l'asfalto, l'amore che nasce, il sole che cresce, i baci sulla fronte, il dischiudersi di occhi, i cerchi concentrici nell'acqua, il gatto che fugge ed il TIR che divora la strada. Nella strofa finale lo stesso ritmo sembra trasfigurarsi nel suono dell'hi-fi dell'auto per strada che attende la ragazza. E così il ritmo rispecchia i battiti del cuore di lui felice, poi i passi veloci di lei e, all'impatto con la morfina, il ritmo diviene quello dell'inizio del brano. Anche il coro finale rispecchia il frasume sbiascicato del dolorante che farnetica sotto i primi effetti della morfina: chi sei? Bellissima, aho! Mi fai sentire...un an...ge...lo.

Prossimi progetti?

A dicembre finalmente uscirà il mio primo album dal titolo "Non lasciarmi più" che raccoglie tutta la mia produzione del 2021. Sono quindi dodici brani già usciti durante l'anno come singoli (compreso "Autostop") ed un brano inedito dal titolo, appunto, "Non lasciarmi più" che pone l'attenzione sull'abbandono degli animali. Il nuovo anno invece inizierà con una canzone dedicata all'ambiente ed al problema dell'inquinamento dal titolo "Acqua e cenere" e a febbraio, con "Bisogno di lei", si parlerà di violenza psicologica sulle donne. E poi chi vivrà vedrà. Giovanni Zambito.

Biografia

Nato nel 1964, Carlo Audino inizia a suonare la chitarra nel 1979 seguendo le orme del padre Antonio. Nel giro di pochi mesi comincia a scrivere i primi brani ispirato, oltre che dagli altri cantautori, soprattutto da Ivan Graziani. Negli anni successivi partecipa a innumerevoli festival e concorsi musicali durante i quali entra in contatto con altri artisti suoi coetanei. Nel 1996 e 1997 è all'Accademia della Canzone di Sanremo con un giovane e spaesato amico di allora: Tiziano Ferro. Nel frattempo crea uno studio di registrazione per poter fissare le proprie emozioni, migliorando le sue qualità di arrangiatore e tecnico del suono. Suona in maniera continuativa con band più o meno improvvisate e in duo in moltissimi pianobar e pub, soprattutto di Roma e provincia, ma anche a Milano e in centro Italia. Dal 2001, pur lasciando inalterata l'attività di musicista live, rallenta la carriera cantautorale per dare più spazio al matrimonio e alla famiglia, ma dopo il divorzio ricomincia a scrivere canzoni e a ripescare quelle più datate. Nel 2012 un gravissimo incidente di moto quasi lo uccide e gli distrugge polso e braccio sinistro: secondo i medici non potrà mai più suonare la chitarra. Nonostante tutto, dopo qualche anno decide di riprovare, suonando l'accompagnamento, con altri non giovanissimi chitarristi e flautisti, per gli inni ecclesiastici durante le funzioni della chiesa St John Fisher di Rochester (UK), dove abita da qualche anno. Miracolosamente, nel giro di poche domeniche, prende via via confidenza con questo nuovo modo di suonare, ricominciando anche a fare chitarrabar in vari locali vicino Londra. Nel 2021 decide di dare una possibilità alle vecchie e nuove canzoni. E così, come si farebbe tirando fuori un foglio alla volta da una cartellina polverosa, le sta estraendo, variandone contestualmente testo e musica per renderle più in linea col mondo attuale. Il 5 novembre 2021 esce in radio e in digitale “Autostop”, il nuovo singolo.

 

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