L’AQUILA - Due anni fa, il 12 dicembre 2019, il Comitato Mondiale dell’UNESCO riunito a Bogotà, in Colombia, dichiarava finalmente la Perdonanza Celestiniana “Patrimonio immateriale dell’Umanità”. Sotto il nome “The Celestinian Forgiveness” entrava ufficialmente nella Lista dei Patrimoni Culturali immateriali dell’Umanità, essendo stata accolta definitivamente la richiesta sostenuta dalla Municipalità aquilana, con il coordinamento tecnico-scientifico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della rappresentanza italiana dell’Unesco. Numerose le personalità della cultura che in ogni modo e circostanza avevano sostenuto la candidatura della Perdonanza aquilana. Dopo qualche anno d’impegno finalmente giungeva l’atteso riconoscimento per la Perdonanza Celestiniana, una tradizione secolare che, a giudizio dell’Unesco, costituisce un simbolo di riconciliazione, coesione sociale e integrazione, riflettendo nell’atto del perdono i valori di condivisione, ospitalità e fraternità tra le genti. Inoltre, secondo l’Unesco, ancor più rafforza la comunicazione e le relazioni tra le generazioni, con un forte coinvolgimento emotivo e culturale in grado di interessare una vasta comunità di persone, indipendentemente dalle differenze di età, genere e origine.
Infatti il Cammino del
Perdono, il Corteo della Bolla e
l’apertura della Porta Santa della Basilica
di Collemaggio rappresentano tre forti elementi identitari della Perdonanza Celestiniana, simbolo dei
valori di solidarietà per tutti coloro che vi partecipano, testimonianza del
patrimonio culturale immateriale per la società civile, specie per le nuove
generazioni. Oltre ad essere forte elemento della memoria collettiva della
comunità, la Perdonanza costituisce un esempio di resilienza anche di fronte a
calamità ed emergenze naturali. Dunque l’importanza che l’evento celestiniano
rappresenta, anche quale elemento chiave per la costruzione di società
inclusive e per lo sviluppo sostenibile dei territori. Fin qui le
considerazioni dell’Unesco a
motivazione del riconoscimento quale Patrimonio immateriale dell’Umanità,
tralasciando i rilevanti aspetti spirituali del primo Giubileo della storia
della Cristianità, in quanto inconferenti al giudizio d’una organizzazione
mondiale laica qual è l’Unesco.
Ora mi piace rendere il giusto tributo allo straordinario lavoro di
tutte le Amministrazioni civiche che dal 1983 si sono succedute al Comune
dell’Aquila, ciascuna mettendo in campo un progressivo impegno di
valorizzazione della Perdonanza Celestiniana
fino a cogliere, finalmente, questo rilevante traguardo che pone le basi per
una sempre più diffusa conoscenza internazionale del Giubileo celestiniano e
dei valori storici, culturali e spirituali che lo connotano. A distanza di
quasi quaranta anni dall’inizio della “rivitalizzazione” della Perdonanza viene
da domandarmi se Tullio de Rubeis –
il sindaco dell’Aquila che ebbe il merito di trarre la Perdonanza dalla noncuranza nella quale era caduta da molti decenni
per avviarla alla rinascita – avesse immaginato di cogliere un risultato così
importante come il riconoscimento dell’Unesco.
Probabilmente non lo poteva immaginare un esito del genere, ma tuttavia credo
che la sua determinazione, la sua visione progettuale e certamente il suo
desiderio non si discostassero di molto. Per chi abbia voglia di conoscere meglio
la storia della rinascita della Perdonanza consiglio il bel volume del
giornalista scrittore Angelo De Nicola
“30 anni di Perdonanza”, pubblicato
nel 2014 da One Group Edizioni.
Credo sia intanto utile ricordare come la Perdonanza Celestiniana rinacque nel 1983. Ci sarebbe molto da
scrivere sulle singolarità che segnano la nascita del primo Giubileo della Cristianità,
sancito dalla Bolla pontificia
di Celestino V,
emanata il 29 settembre 1294 ad un mese esatto dalla sua incoronazione papale
nella basilica di Collemaggio. Come pure del privilegio gelosamente conservato
dalla Municipalità aquilana, la quale proprio in virtù del possesso ininterrotto
della Bolla custodita nella cappella
della Torre civica, ha la potestà d’indire annualmente le celebrazioni della Perdonanza. Ma non è di questo che ora
s’intende argomentare. Piuttosto mi preme richiamare alla memoria - da
testimone che ha vissuto molto addentro i fatti della Municipalità aquilana per
un lungo periodo - circostanze e vicende
che riportarono la Perdonanza all’attenzione degli Aquilani, e non solo,
facendo riscoprire un evento della spiritualità aquilana e della stessa storia
civica che fino all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso sembrava del
tutto sopito. Questa breve nota vuole dunque richiamare all’attenzione le
iniziative promosse nel 1983, grazie alla lungimiranza del sindaco Tullio de Rubeis che
della Perdonanza intuì
tutte le potenzialità, sia sotto l’aspetto religioso come dei valori civici,
per “rivitalizzare” l’antico giubileo aquilano.
Occorre ricordare che fino allo scadere degli anni Settanta del
Novecento, dopo secoli di splendore della Perdonanza,
per decenni verso il Giubileo celestiniano c’era stato disinteresse e una
scarsa attenzione degli Aquilani, quasi un appannamento della memoria
collettiva della comunità. La Perdonanza s’era ridotta a una tradizione da
strapaese, con una semplice celebrazione religiosa vespertina, il 28 agosto, cui
seguiva una sciatta benedizione di automobili – sì, proprio a tanto era stata
ridotta – davanti la Basilica di Collemaggio.
Solo all’inizio degli anni Ottanta il rettore della basilica, il
francescano padre Quirino Salomone, aveva meritoriamente
avviato un recupero di attenzione e solennità intorno alla figura di San Pietro Celestino e
al messaggio universale di perdono del giubileo aquilano, con le iniziative del
Fuoco del Morrone e della Campestrina della Perdonanza, prologo
della nascita qualche anno più avanti del Centro Celestiniano. Infatti il 28 agosto del 1981, dopo
l’arrivo del Fuoco del Morrone a Collemaggio, il Cardinale aquilano Corrado Bafile aveva aperto
la Porta Santa. Oltre alla Messa Solenne del 28 e alla veglia di preghiera,
nella giornata del 29 si svolsero per la prima volta eventi musicali nella splendida
Sala Celestiniana dell’abbazia adiacente alla basilica. Il sindaco Tullio de Rubeis assecondò
quegli sforzi, ma la sua grande intuizione fu quella di promuovere un forte investimento
culturale e civile nella “rivitalizzazione” della Perdonanza, consapevole che
l’evento portava con sé valori religiosi e civili talmente unici e così intimamente
legati alla storia della città per i quali valeva la pena di mettere in campo
un grande progetto pluriennale di valorizzazione.
All’inizio del 1983, quindi, egli avviò con decisione quel
progetto, tra qualche diffidenza e un malcelato scetticismo anche all’interno
della Giunta e della sua stessa maggioranza. Errico Centofanti –
uno dei fondatori del Teatro
Stabile dell’Aquila e direttore dell’ente fino al 1982 –
fu chiamato ad essere l’artefice del progetto di recupero della Perdonanza, nei suoi valori civici e negli aspetti creativi
delle manifestazioni culturali collegate. Per la consulenza storica il sindaco de Rubeis si avvalse delle competenze del
prof. Alessandro
Clementi, di padre Giacinto Marinangeli e Walter Capezzali; per gli
aspetti religiosi di padre Quirino Salomone e
di Mons. Virgilio Pastorelli,
vicario dell’Arcivescovo dell’epoca Carlo
Martini; della Giunta si avvalse particolarmente dell’assessore
alla Cultura, Carlo
Iannini, e di chi scrive, allora assessore alle Finanze.
Errico Centofanti, nel frattempo, portò brillantemente a compimento, con
l’autorevole sostegno del sindaco, la riacquisizione alla Municipalità,
dalla Soprintendenza ai Beni
Culturali dell’Abruzzo, della Bolla celestiniana che
fino ad allora era esposta come un qualunque documento d’archivio in una sala
secondaria del Castello
Cinquecentesco, sede del Museo Nazionale d’Abruzzo. Tra genialità artistica
e rigore storico Centofanti progettò
l’impianto per la rinascita della Perdonanza
Celestiniana, attingendo alle fonti degli antichi Statuti della Città e
della tradizione secolare. Quindi ricostruì la composizione del Corteo, con un attento e
rigoroso cerimoniale, che quantunque codificato fu purtroppo malamente
manomesso dopo che egli, all’inizio degli anni Novanta, lasciò la
soprintendenza dell’evento.
Pensando appunto al Corteo del
28 agosto, per l’annuale traslazione della Bolla
dal municipio alla basilica, si ritenne doversi trovare un sistema che
incorniciasse con la dovuta dignità e l’adeguata solennità l’antica pergamena,
cosicché, recandola a Collemaggio, ciascun aquilano potesse ammirarla. Fu Remo Brindisi, cui il
sindaco s’era rivolto, a realizzare un’opera adatta allo scopo. L’artista creò
una grande teca a forma d’aquila, di color verde, rimasta esposta in municipio fino
al terremoto del 6 aprile 2009 lungo lo scalone tra il primo e secondo piano
di Palazzo Margherita.
Nell’agosto dell’83 andammo – il sindaco, Centofanti ed io – da Remo Brindisi a Lido di
Spina per ritirarla, alcuni giorni prima della Perdonanza. Il grande
pittore ci tenne felicemente ospiti nella sua splendida villa rivestita di
formelle di ceramica bianca, in verità un Museo Alternativo d’arte, che
attualmente porta il suo nome, con centinaia di opere di sommi artisti
contemporanei – da Picasso a Chagall, Braque, Dalì, Fontana, Modigliani, De
Chirico, Guttuso e tanti altri, oltre alla collezione di opere di Brindisi –
insomma il meglio della pittura del Novecento.
La prima Perdonanza
Celestiniana “rivitalizzata”, come allora si scrisse, fu
certamente un evento spartano, rispetto a quelle degli anni successivi. Eppure
fu bella e di grande respiro. Fu un miracolo inatteso per gli Aquilani, per i
turisti e per gli Abruzzesi venuti a parteciparvi. Grande anche il ritorno
della Chiesa, presente con il Cardinale
Carlo Confalonieri, già pastore della diocesi aquilana dal 1941 al 1950, legato
del Papa per l’apertura della Porta Santa, con l’arcivescovo Carlo Martini e con il vescovo
ausiliare Mario Peressin, con
un’imponente partecipazione di religiosi, in piena sintonia con la
Municipalità, come pure generosa fu la partecipazione di Comuni abruzzesi, di
autorità e rappresentanze civili della città.
Davvero fu un buon inizio, con un Corteo della Bolla ben
costruito, severo e dignitoso: la Bolla,
nella sua teca recata da quattro funzionari comunali in livrea settecentesca
(le imprestò la gentilizia famiglia Rivera), il sindaco Tullio de Rubeis, la
Giunta, i Consiglieri Comunali e, tra gli altri, la Contrada dell’Aquila di Siena con i colori giallo
sgargiante e nero dei suoi costumi. Solo l’anno successivo sarebbe nato
il Gruppo Storico del
Comune dell’Aquila, che Don Tullio,
concordando con l’orientamento di Centofanti di
rifarsi sempre, per quanto possibile, alle norme di severa solennità degli
Statuti medioevali, volle composto da funzionari del Comune. Quanto ai vestiti,
Centofanti decise di ispirarsi alle fogge tre-quattrocentesche del periodo di
maggior splendore della città e di ricorrere agli antichi colori civici
bianco-rosso, curandone la creazione in una delle più famose sartorie teatrali
di Roma, con l’apporto progettuale di Francescangelo
Ciarletta e Giancarlo
Gentilucci, mentre fece realizzare dai maestri senesi le
bandiere che aveva chiesto di disegnare al pittore Fulvio Muzi.
Rinacque così la Perdonanza
Celestiniana, con una nuova attenzione ai valori religiosi e
civili, con un grande fervore della ricerca storica su Celestino V e sul suo
tempo, con importanti iniziative che esaltavano il valore della pace e del
dialogo interculturale, con una città che, nella settimana d’agosto dal 23 al
29, finalmente scopriva le sue architetture, i suoi scorci, il suo centro
storico, vedendoli diventare per incanto quell’Isola Sonante che Errico Centofanti aveva
inventato, trasformando in realtà le parole di papa Celestino nella Bolla, affinché con hymnis et canticis si svolgesse
la festosa giornata del giubileo celestiniano.
Negli anni seguenti, specie ad opera di Raoul Manselli ed Edith Pasztor, come di
altri illustri storici, si sarebbe dato un notevole impulso alla ricerca
storica sul monaco Pietro
Angelerio, poi papa
Celestino V, restituendo a quella figura tutta la sua grandezza
nella storia della cristianità e correggendo alla radice il giudizio, tanto
superficiale quanto distante dalla realtà, invalso per secoli, che aveva
dipinto Celestino dapprima come un povero monaco ignorante e poi come un
pontefice pavido, restituendogli il posto che merita nella spiritualità del suo
tempo, accanto a Gioacchino
da Fiore e Francesco
d’Assisi.
Ora, a quasi quaranta anni di distanza da quell’avvio di
rivitalizzazione, molta strada è stata compiuta, segnatamente con il
riconoscimento della Perdonanza “Patrimonio
immateriale dell’Umanità”. Pur con i problemi che la città sta ancora patendo
dopo il sisma del 2009, è apprezzabile lo sforzo di aver voluto celebrare
degnamente, anche in tempo di pandemia,
sia la Perdonanza del 2020 sia l’imminente edizione
n. 727 dell’antico Giubileo aquilano. Come pure è commendevole l’aver
affidato la direzione artistica al musicista e direttore d’orchestra Leonardo De Amicis, aquilano
d’elezione, le cui indubbie qualità artistiche e organizzative egli ha
dimostrato ampiamente negli anni recenti, con programmazioni di alto profilo ed
eccellenti risultati. E infine è doveroso sottolineare come tutto questo sia
oggi possibile grazie alla lungimiranza d’un sindaco che, tra non poche
incredulità e sufficienze, nel 1983 ebbe il coraggio di crederci e di guardare
lontano, restituendo dignità e valore ad un evento che per secoli aveva
accompagnato la storia della nostra città e connotato la sua spiritualità.