Roberta Sartarelli: che gioia scrivere per i bambini! L'intervista di Fattitaliani

di Laura Gorini - 
Quando scarseggia l’amore arriva il disagio e la sensazione di stare in situazioni complicate.

Scrivere racconti per bambini è da sempre ciò che le dona maggiormente gioia. Lo ammette con il suo splendido sorriso stampato sul viso, Roberta Sartarelli. Mamma e moglie, ama dedicarsi anche alla stesura di poesie che sono state pubblicate   nelle riviste del Club degli Autori.

Il suo primo romanzo, “Il Regno delle Forze”, è stato invece pubblicato nel 2004  da  Alberti & Co editore. E poi è stata la volta di “Okeb vuole volare” con il quale si è classificata prima nella sezione fantasy del Concorso Letterario di Scrittura Creativa Antonio Bruni 2015, per poi approdare alla pubblicazione de “Le favole  di Sabaudia”  che le ha permesso di conquistarsi  il premio della critica al Concorso Internazionale La Fiabastrocca 2017. Con  “Babbo Natale, gli elfi e le renne" ha avuto il piacere di risultare seconda classificata al Concorso Letterario Storie di Natale per Ragazzi Curiosi 2019, organizzato da Tomolo Edizioni. Sempre con Tomolo ha pubblicato recentemente “Una filastrocca tira l’altra” e un racconto “Arturo l’extraterrestre” nell’antologia “Racconti in famiglia”.

Roberta, mamma, moglie e scrittrice. Qual è “il ruolo” più complicato dei tre?

Tutte e tre le cose sono meravigliose e complicate allo stesso tempo. Credo che la percezione della difficoltà dipenda da quanta passione e quanto amore si metta nelle cose. Quando scarseggia l’amore arriva il disagio e la sensazione di stare in situazioni complicate. Se si ama ciò che si fa, ciò che può sembrare complicato diventa parte di un’esperienza che arricchisce il nostro animo. Sono contenta di tutte e tre le cose.

So che oggi sei casalinga. Credi che anche oggi più che mai sia la casa il vero nido anche metaforico di una famiglia?

Credo lo sia nel mio caso, ma ognuno di noi ha una vita diversa dalle altre e meno male che è così, perché l’omologazione non va mai bene secondo me. Viviamo in un’epoca in cui l’individualismo sta alla base della società, la famiglia intesa come nido appartiene al passato. Io sono una persona tradizionalista e quindi vivo bene nel “nido” ma non posso parlare per gli altri, è un discorso piuttosto soggettivo.

Come hai vissuto l'esperienza della Dad con tua figlia?

Con alti e bassi. La Dad non è adatta ai bambini, può andare bene per i ragazzi del liceo, forse, ma non si può chiedere a un bambino delle elementari di comportarsi come un adulto, perché è questo quello che succede. I bambini devono saper gestire microfoni e telecamere, parlare solo se interpellati e restare attenti senza distrarsi, il tutto messi da soli in una cameretta. Durante il primo lock down mia figlia andava in quinta elementare, se perdeva la connessione si disperava e avevo difficoltà a calmarla. Abbiamo dovuto darle un cellulare e non avremmo voluto farlo, per la dipendenza che causa nei bambini.  Ora è alle medie e la situazione è leggermente più tranquilla, ma non ottimale.

Credi che siano i bimbi le più grandi vittime dal punto di vista psicologico del Covid?

Forse gli anziani lo sono, perché la solitudine per un anziano può davvero ucciderlo. Per i bambini credo dipenda molto dall’approccio dei genitori e dalla casa in cui vivono. Immagino un bambino di 5 anni chiuso per mesi in un piccolo appartamento senza neanche un balcone e credo sia criminale che accada. Altri, più fortunati, forse vivranno più serenamente questo momento. Sicuramente ne risentiranno psicologicamente, ma credo ne risentiremo tutti, forse loro avranno più tempo per elaborare.

Tu come sei riuscita a parlarne con la tua bimba?

Lei era felice del fatto di non andare a scuola, ahimè! Le dispiaceva non poter andare in palestra e fare tutte le cose che era solita fare ma non sono serviti grandi discorsi, forse perché già grandicella ha capito che era qualcosa di più grande di noi e che bisognava attenersi alle regole.

Credi che le favole siano un valido strumento per spiegare il mondo odierno ai piccini?

Non credo che il mondo vada spiegato più di tanto. Non mi piace scrivere storie per mettere in guardia i bambini dai cattivi o dalle brutte situazioni, ce ne sono già tantissime, io preferisco farli viaggiare con la fantasia visto che l’impostazione scolastica li vuole pragmatici e con i piedi per terra fin da piccoli. Credo che stimolare l’immaginazione torni utile in tante situazioni, porta ad avere una mente aperta ed elastica. 

Tu oltre ad esse hai scelto di parlare ai loro cuori anche tramite le filastrocche. Quale credi che sia il filo rosso che le leghi?

La fantasia per l’appunto.

Se dovessi sceglierne una che ti rappresenta ora come ora, quale sceglieresti e perché?

Quella in cui racconto dell’arrivo del mio gatto in casa. È narrata in prima persona, sono io a parlare ed è per questo mi rappresenta. Dice molto di me, del mio approccio con la natura e del modo di interpretare le circostanze.
Fattitaliani

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