Annotazioni e riflessioni di un ingegnere italiano sul grande Paese d’Oriente di Goffredo Palmerini.
L’AQUILA - Luigi
Placidi è un aquilano nel mondo, uno degli esempi della nuova emigrazione
italiana. Lo troviamo in Cina.
Davvero una bella famiglia la sua. Suo padre Sergio Placidi, insigne pediatra dell’Ospedale civile San Salvatore
dell’Aquila, è stato uno dei padri della Neonatologia in Italia, oltre che
figura di punta del sindacalismo medico e dell’associazionismo di servizio
(Lions Club) nella città capoluogo d’Abruzzo. E’ scomparso l’anno scorso dopo
una lunga malattia portata con grande dignità e discrezione, commuovendo L’Aquila
intera e non solo. La mamma di Luigi, Anna
Maria Tatone, è stata docente di Scienze al Liceo Bafile poi dirigente scolastica
molto stimata. Due le sorelle: Francesca,
che vive a Milano ed è avvocato per una multinazionale; Federica, ingegnere e Branch
manager per la società petrolifera Saipem,
dopo alcuni anni in Nigeria vive ora
ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi.
Luigi Placidi, 37 anni, si
è laureato in Ingegneria Gestionale presso l’Università degli Studi dell’Aquila.
Sin da bambino - mi dice - sognava di essere “internazionale”, ma non pensava
che avrebbe vissuto una tale realtà. Vive a Shanghai ormai da 8 anni, la metropoli cinese dove ha vissuto per
intero tutti i mesi della pandemia, continuando il suo lavoro di
responsabilità. Tornerà entro l’estate per riabbracciare la famiglia e gli
amici più cari. E’ commercial manager
per l’Asia di Versalis Eni Group, la
più grande azienda chimica italiana. E’ sempre in viaggio per il suo lavoro.
Gli domando come e quando arrivò nel grande paese d’oriente. Così mi racconta:
“E’ stata una casualità del tutto
inaspettata, frutto d’una proposta di lavoro di un’azienda cinese e del mio
forte desiderio di fare esperienza lavorativa all’estero. Nel 2009, dopo la
laurea, complice la crisi economica mondiale di allora e le difficoltà
post-terremoto nella nostra amata città, mi misi subito alla ricerca d’un
percorso lavorativo che mi consentisse le migliori opportunità di crescita
professionale e personale, disposto a sacrificare i miei affetti e le mie
abitudini per un futuro sereno.”
“Fu così che alla
fine del 2012 volai in Cina – aggiunge Luigi
– con l’obiettivo di trovare un lavoro
nel cuore del boom economico cinese. Ebbi la fortuna di conoscere il capo di
un’azienda petrolchimica di Shanghai che stava cercando un ingegnere straniero
per coordinare lo sviluppo commerciale nei Paesi fuori la Cina. Dopo un paio di
colloqui l’azienda (Huayi
Engineering Company, ndr) mi fece una
proposta di lavoro che decisi di accettare al volo. Sentivo che sarebbe stata
la porta d’ingresso per il percorso che desideravo (nell’azienda è stato International Business
Development Manager, ndr). Ricordo ancora le notti insonni a chiedermi se avevo
fatto la scelta giusta, considerando l’improvvisa immersione in una cultura
molto diversa dalla nostra e l’enorme distanza che mi separava dalla famiglia e
dagli amici.” Nel 2015 una nuova
opportunità gli si presenta. “Conobbi il
direttore generale della multinazionale italiana per la quale ora lavoro. Dopo
diversi incontri mi offrì il ruolo di responsabile commerciale per l’Asia.
Accettai subito, anche perché nell’azienda cinese dove lavoravo ero l’unico
straniero, mentre nel nuovo ruolo sarei entrato in contatto con molti Paesi e
con l’Italia”.
Gli chiedo se è soddisfatto delle scelte fatte finora. “Posso dirti che ne è valsa la pena. Sono
responsabile di un team di 15 persone, in gran parte Cinesi ma anche di
Singapore, Sud Corea e India. Operiamo nel mercato più competitivo al mondo. Da
dieci anni a questa parte la mia vita ha conosciuto 10 traslochi, gli ultimi 4
a distanza di 9mila km dalla mia vera “casa” a L’Aquila. Ho lavorato in 5
diverse aziende. Molte le sofferenze, come pure innumerevoli le vittorie. Ho
accumulato un tale bagaglio di esperienze professionali e personali che mai
avrei neanche lontanamente immaginato possibili. Lo devo al pieno supporto
della mia famiglia, alla mia determinazione e, lo ammetto, anche a un pizzico
di follia in diverse occasioni.”
Shanghai è una città
cosmopolita e dinamica, mi dice Luigi. Egli vi frequenta persone provenienti da
tutto il mondo. E’ incredibilmente stimolante trovarsi nei fine settimana a
cena con un gruppo di amici americani, svedesi, inglesi, messicani, cinesi,
indiani, scozzesi, irlandesi, australiani (e un italiano), tutti seduti allo
stesso tavolo. Si condividono esperienze, storie familiari, tradizioni e altre
particolarità culturali. “Credimi -
annota Luigi -, in questo momento ci sono persone di almeno 10 diversi Paesi che
conoscono L’Aquila attraverso i miei racconti appassionati, forse meglio di
alcuni Aquilani che la loro meravigliosa città non l’hanno mai conosciuta
veramente.” Tanto che ci siamo,
approfitto per fare un’intervista a Luigi
Placidi, nella consapevolezza che il suo sia un osservatorio privilegiato
del grande Paese d’oriente, sia per le molteplici relazioni che per lavoro egli
intrattiene con aziende cinesi, sia per il fatto che la sua attività lo ha
portato a visitare conoscere la Cina
in lungo e largo.
Com’è la vita oggi in Cina, e a Shanghai
in particolare, per un “emigrato” particolare quale tu sei?
La vita a
Shanghai, così come in altre città della Cina, è cambiata significativamente
negli ultimi otto anni. Dai trasporti ai pagamenti, alle condizioni ambientali,
si è trasformata in una metropoli estremamente moderna. Molto più piacevole da
vivere rispetto al passato. Viaggio quasi ogni settimana per lavoro in tutta la
Cina, sono sempre su un aereo o su un treno. Ho avuto modo di visitare altre
super metropoli cinesi, come pure le zone di campagna più remote. Ahimé, non
assomigliano affatto alle affascinanti campagne italiane...!
Qual è la tua impressione sul “miracolo”
economico della Cina, avviata a diventare la prima economia del mondo?
Sono in costante
contatto lavorativo con aziende manifatturiere, operanti in un ampio spettro di
settori economici, sparse in tutta la Cina. Ho avuto modo di conoscere e
“vivere” sulla mia pelle ogni aspetto positivo e negativo del “miracolo”
economico cinese: dall’inquinamento estremo alla noncuranza dei diritti del
lavoro, passando per l’utilizzo di tecnologie che noi occidentali non abbiamo
neanche ancora immaginato. Gli aspetti dominanti della cultura aziendale cinese
sono l’estrema determinazione al raggiungimento degli obiettivi e l’incredibile
velocità di adattamento ad ogni cambiamento delle condizioni di mercato. Ho
visto aziende trasformarsi da produttori di interni per frigoriferi a
produttori di mascherine, letteralmente in una notte!
Per un europeo come te, che ha conosciuto
le nostre democrazie nei loro pregi ma anche nei loro difetti, qual è
l’impressioni che ricavi da un regime politico come quello cinese, dove le
libertà essenziali per un occidentale lì sono compresse?
Non è facile
parlare della situazione politica in Cina. Soprattutto perché è quasi
impossibile trovare un cinese disposto a confrontarsi apertamente su un tale argomento.
Senza alcun giudizio personale, posso dirti quello che è sotto gli occhi di
tutti. C’è un governo centrale, non eletto dal popolo, che guida una nazione di
un miliardo e 400 milioni di persone, e detta le linee-guida per lo sviluppo
dell’economia, con piani a breve e a lungo termine. La classe media si sta
arricchendo sempre più e il fenomeno della migrazione dalle campagne verso le
maggiori città sta avvenendo molto rapidamente, trainato da uno sviluppo
urbanistico - ed economico, in generale - senza precedenti nella storia del
mondo. Il Governo è determinato ad imporre i suoi dettami anche all’estero,
dovunque abbiano bisogno di costituire accordi per l’acquisizione di risorse
materiali e competenze tecnologiche. Questo è lo scopo del progetto della nuova
Via della Seta.
Come hai vissuto i primi mesi della
pandemia, scoppiata ufficialmente in gennaio a Wuhan, una metropoli di 11
milioni di abitanti?
L’efficacia di
tale sistema politico si è riscontrata particolarmente durante la crisi del
coronavirus. Tralasciando giudizi sull’affidabilità dei dati pubblicati, in
merito a contagi e vittime e sulle tempistiche di allarme verso il resto del
mondo, le misure di sicurezza sono state impressionanti. Così come
impressionante è stato il controllo su ogni cittadino. In meno di 30 giorni
sono riusciti a contenere la situazione e a far ripartire l’economia. Ad oggi
la situazione nelle città appare molto più rilassata, quasi ai livelli
pre-Covid. Tutti gli esercizi commerciali funzionano regolarmente e le persone
non sono più spaventate di andare in giro, come accadeva durante il periodo di
febbraio-marzo. Ormai per strada si vedono anche molti cinesi senza mascherina.
Io ho ricominciato a viaggiare per lavoro e ho già preso treni e aerei senza
particolari problemi, né drastiche regole di distanziamento sociale.
Quale, secondo te, è stato l’impatto del
Covid 19 sul sistema economico cinese?
L’economia del
Paese è comunque in sofferenza, perché in larga parte dipendente dalle
esportazioni verso altri Paesi (America, Europa, Sud Asia) che sono ancora in
lockdown o ne sono appena usciti. Molti dei miei clienti hanno dovuto bloccare
le produzioni nelle loro fabbriche per mancanza di vendite nei Paesi esteri. Tuttavia
sono convinto che la Cina riemergerà da questa crisi più forte e determinata di
prima. Sicuramente in anticipo rispetto al resto del mondo. Il governo sta
investendo ingenti risorse sullo sviluppo di nuove tecnologie in numerosi
settori, come intelligenza artificiale, ingegneria genetica, industria
spaziale, auto elettriche, e-commerce, ecc. Le opportunità professionali più
interessanti e formative saranno certamente qui.
Ci sono molti italiani in Cina, e a
Shanghai in particolare, una comunità che va man mano crescendo. Fanno vita
associativa? E tu frequenti nostri connazionali?
Onestamente, per scelta, non frequento
molti italiani, nonostante la comunità sia piuttosto estesa e molto in sintonia.
Non voglio perdere l’internazionalità di questa città isolandomi con i miei
connazionali.
Come è la tua giornata-tipo?
La mia
giornata-tipo inizia alle 5:30 del mattino se non devo viaggiare, altrimenti
anche molto prima. Un’ora di ginnastica all’alba mi aiuta a rilassare la mente
e a mantenermi in forma, visto che ormai non sono lontano dai “quaranta”. Alle
8-8:15 inizia la mia giornata lavorativa in ufficio, che condivido con due
colleghi italiani e circa 25 colleghi cinesi. Verso le 19:00 mi impongo di
uscire - altrimenti non ci sarebbe mai fine al lavoro - e torno a casa per
cucinare, rilassarmi con un libro o suonare la chitarra. Nel fine settimana
passo la maggior parte del tempo con i miei amici. Mangiamo fuori o ci
aggreghiamo a casa di qualcuno che ha spazio a sufficienza per “tutto il
mondo”. Tuttavia, il prezzo da pagare per la stimolante e “surreale” esperienza
di vita à sicuramente l’impegno e le energie richieste per navigare in un
ambiente estremamente competitivo e dinamico. Shanghai è una città che,
parafrasando Frank Sinatra, non solo non dorme mai, ma neanche si siede. Lo
stesso vale per il resto del Paese.
Cosa prevedi tu per la Cina dei prossimi
anni? E come ti rapporti con una cultura estremamente diversa da quella nostra
europea?
Data la sua
popolosità, la Cina rappresenta il mercato più grande del pianeta per quasi ogni
settore. Questo ha portato aziende da tutto il mondo ad investire
significativamente nel gigante asiatico negli ultimi 30 anni, provocando un
aumento esponenziale della competitività. La crisi del Coronavirus determinerà
sicuramente drastici cambiamenti e molte aziende straniere, forse la maggior
parte, abbandoneranno la Cina, ma allo stesso tempo tante altre nuove
arriveranno, così come cresceranno e si rafforzeranno le realtà locali. La Cina
rappresenta e rappresenterà una sfida per il resto del mondo. Chiunque decida
di venire qui o di avere a che fare con il “sistema” cinese non avrà vita
facile. La cultura cinese è estremamente diversa dalla cultura occidentale, e il
popolo è fermamente unito nei suoi valori, usi e costumi. Ciò richiede un elevato
livello di pazienza per chi proviene dall’estero, unitamente alla
consapevolezza che uno straniero verrà sempre trattato da straniero, non
importa quanto bene parli la loro lingua o quanto profondamente conosca la loro
storia e cultura. In ogni caso la Cina è ormai una realtà dalla quale non si può
prescindere. Non dobbiamo necessariamente apprezzarla in ogni suo aspetto, o
imitarla. Io stesso non lo faccio. Ma tutti dovremo sicuramente imparare a
conviverci.