di Carlo Barbieri - Il COVID-19 ci sta dicendo che la sanità è la
prima cosa di cui un governo si deve prendere cura, e che economizzare su
quella non è solo da carogne, ma anche da stupidi (vedi danni all'economia). Ovvio.
Ci sta dicendo anche che l'Italia è capace di miracoli di volontà e umanità: non
parlo solo dei nostri eroici sanitari (per i quali io, se fossi Mattarella,
comincerei a preparare le medaglie al valor civile) ma di tutto un tessuto di
gesti solidali di cui sappiamo poco. Due piccolissime testimonianze: tre suore
che aiutano i più poveri del quartiere di Ballarò, a Palermo, mi dicevano
dell'aiuto affettuoso che stanno ricevendo da parte di volontari (naturalmente autorizzati
a spostarsi). E una mia amica sta usando il tempo a casa per preparare copertine
per bambini indigenti da distribuire il prossimo inverno.
Ma il maledetto virus ci sta dicendo
qualcos'altro.
Ci sta dimostrando come i paesi siano ormai interdipendenti,
e quanto l'interdipendenza, se da una parte ne ha aumentato la competitività, dall'altra
li ha resi fragili e persino ricattabili. Esempio numero uno: la Volkswagen,
che usa componenti che arrivano da altre
parti del mondo, ha sospeso la produzione anche a causa dell'interruzione della catena di
approvvigionamenti. Esempio numero due:
l'Italia ordina alla turca Ege Maske qualche centinaio di migliaia di
mascherine e le paga. L'azienda consegna, ma il governo turco le blocca in
dogana. Non si capisce perché, visto che la Turchia ne produce 50 milioni a
settimana. Naturalmente le malelingue dicono che la Turchia usa le mascherine
come strumento di pressione politica nei confronti dell'Europa così come fa con
i migranti.
Dai due esempi, nasce il primo compitino
per il dopo-COVID19: come mettere il nostro paese al riparo da pericolose
interdipendenze in aree strategiche.
Ma c'è dell'altro: la Cina, e in qualche
misura la Russia, approfittano dell'emergenza per scatenare "l'offensiva
delle mani tese". Sabato scorso Xi-Jinping ha telefonato a Macron, a Re
Felipe (pensa tu, un presidente comunista che chiama un re), al presidente
serbo Vucic e alla Merkel a cui ha detto "Se la
Germania ha bisogno, la Cina è pronta ad aiutare, le
crisi sanitarie sono sfide comuni per l’umanità, unità e cooperazione sono
l’arma più potente". Parole che ci saremmo aspettate da Trump, ma lui è
troppo impegnato a rendere antipatica l'immagine
del suo paese all'estero. L'Europa rischia di passare dalla "zona di
influenza" americana a un'altra nuova di zecca?
E questo è il secondo compitino.
O forse i due compitini si riducono a uno solo, un tema di cui propongo il titolo: "Una vera Europa come risposta
alle sfide emergenti".
Carlo Barbieri è nato nel 1946 a Palermo. Ha vissuto nel capoluogo siciliano, a Catania, Teheran e Il Cairo, e adesso risiede a Roma. Ha pubblicato Pilipintò-Racconti da bagno per Siciliani e non, e i gialli La pietra al collo, Il morto con la zebiba (ripubblicato nella collana Noir Italia de IlSole24Ore), Il marchio sulle labbra, Assassinio alla Targa Florio e La difesa del bufalo, gli ultimi tre con Dario Flaccovio Editore. Con la stessa casa editrice ha pubblicato anche la raccolta di racconti Uno sì e uno no. Il suo ultimo libro, dedicato ai lettori più giovani, è Dieci piccoli gialli edito da EL/Einaudi Ragazzi. Barbieri è stato premiato, fra l’altro, al Giallo Garda, al Città di Cattolica, al Città di Sassari, all’Efesto-Città di Catania, allo Scerbanenco@Lignano e, per due volte, all’Umberto Domina. Cura una rubrica con Malgradotutto e collabora con diverse testate web fra le quali fattitaliani.it e MetroNews, il quotidiano delle metro di Roma, Milano e Torino.