«Mi definisco in un certo senso un attore medianico. Non faccio ma vivo totalmente e completamente il personaggio. Vincenzo non esiste più... il che a volte mi spaventa, ma non amo fare le cose tanto per fare» di Andrea Giostra.
Ciao Vincenzo,
benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito. Se volessi presentarti
ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale artista della settima arte?
Grazie
a voi dell’invito. Mi fa piacere cogliere l’occasione di questa intervista per
aprire, raccontare alcune parti di me che sono in continuo mutamento. Sono un
curioso, affascinato da tutto ciò che ruota, a volte vorticosamente, intorno a
me. Mi sento sempre il ragazzino stupito ed entusiasta degli anni ‘90 con una
gran voglia di imparare, innamorato del mestiere, a mio avviso, più bello del
mondo che ci permette di creare una osmosi con il pubblico, con l’humanitas.
Qual è il
percorso artistico che hai seguito e che ti ha condotto dove sei ora?
Sono cresciuto in una città
straordinaria, Siena, dove attraverso lo studio della pittura ho capito
dal principio, quanto fosse fondamentale sviluppare la capacità di osservare,
soffermarsi sul particolare fino al punto di farlo proprio. L’importanza del
creare usando le proprie mani, il proprio corpo in modo artigianale, vero,
autentico e umile. Dall’arte pittorica al palcoscenico prima al Piccolo
Teatro di Siena fondato dalla baronessa Sergardi e poi l’approdo al Piccolo
Teatro d’Europa del grande e immenso Giorgio Strehler passando per
una borsa di studio vinta in Calabria per l’esattezza a Palmi
dove ho avuto modo di studiare con eccellenti maestri internazionali. Ho
debuttato giovanissimo nel Faust Festival regia di Strehler che
mi ha voluto reclutare nello spettacolo che durava circa sei ore, in scena in
due parti, in due giorni di seguito, accanto a Tino Carraro, Giulia
Lazzarini, Franco Graziosi e tanti altri nomi eccelsi del teatro. Di
seguito gli anni delle lunghe tournée con grandi compagnie e ruoli importanti
come Ariel nella Tempesta, Edgar nel Re Lear,
Lhoman nell’Angelo Azzurro con Giorgio Albertazzi e
via via di seguito...
Come definiresti il tuo stile recitativo? C’è qualche attore al quale ti
ispiri?
Bella domanda.
Pensandoci bene, quando dipingo penso alla Magnani, al suo essere graffiante e penetrante, a Buster Keaton celebre attore del cinema muto, alla capacità
interpretativa di Milva e all’immortale
Marcello
Mastroianni. Quando
affronto e costruisco i personaggi chiedo aiuto all’arte pittorica, scultoria.
Cerco tra le raffigurazioni di Lorenzetti, Duccio di Boninsegna piuttosto che dal mistero di certi ritratti
di Lorenzo Lotto o Antonello da Messina per citare i più celebri, ma l’impatto può avvenire inaspettatamente con
qualunque opera mi susciti quel desidero, quel bisogno di raccontarlo e
restituirlo al pubblico. Poi aggiungo la mia dose di sensitività, come mi
definì un grande critico di teatro Franco Quadri del quotidiano La Repubblica quando ero il messaggero nell’Edipo Re con Glauco Mauri e Roberto Sturno. Mi definisco in un certo senso un attore
medianico. Non faccio ma vivo totalmente è completamente il personaggio.
Vincenzo non esiste più... il che a volte mi spaventa, ma non amo fare le cose
tanto per fare. Metto tutto me stesso in tutto quello che faccio. Anche in
amore... mi fanno tristezza le persone che vivono con il freno a mano tirato o
antepongono il proprio ego rinunciando al senso vero dell’esistenza: l’amore.
Chi sono stati i tuoi maestri che ami ricordare e che ti hanno insegnato
questa splendida arte?
Come avevo già
accennato prima i maestri a cui devo l’avermi insegnato “i segreti” del
mestiere sono Giorgio Strehler, Glauco Mauri, Giorgio Albertazzi, Valeria Moriconi,
Kristof Zanussi, Lorenzo Salveti e nel cinema Florestano Vancini, Luca Miniero, Giulio Base, Ramachandra Babu Sir il grande regista indiano con il quale sto
lavorando in questo momento. Ho cercato di apprendere il più possibile anche
dai grandi attori con i quali ho avuto la fortuna di condividere il set o il
palcoscenico come per esempio Elena Sofia Ricci e Max Von Sidow, mio zio Tiberio in The Final Inquary regia di Giulio Base dove ero Caligola. Per non
parlare di Jhon Savage, Chris Coppola, Jeames Duvall che sono pazzeschi. Sono al secondo film con loro, la divertente
commedia natalizia The dog of Christmas e ogni volta mi stupisco per la loro disponibilità e umiltà cosa che
alcuni miei colleghi italiani, non conosciuti in tutto il mondo come loro,
dovrebbero imparare.
Chi i
registi secondo te più importati, sia italiani che stranieri, con cui vorresti
lavorare e perché?
In questo momento mi viene in
mente Matteo Rovere perché ho visto recentemente il suo bellissimo film “Il
primo re”. Un capolavoro. Sono appassionato di storia e penso che siamo
ricchi di spunti per creare racconti che possano elettrizzare e incantare il
pubblico. Al tempo stesso, mi divertirebbe molto affrontare la commedia e far
conoscere la mia parte brillante e comica. Avete presente il pongo, quel
materiale con il quale ci divertivamo da piccoli e impiastricciarci le mani?
Ecco, io mi sento così: un pezzo di pongo pronto a modellarmi in qualunque
forma e colore. Vorrei incontrare Guadagnino e poter fare un provino con
il grande Pedro Almodovar. La lista dei registi sia italiani che
stranieri è molto lunga e stanno venendo alla ribalta sempre più giovani
talenti con un mondo nuovo e ricco da raccontare.
Negli
ultimi anni, oltre a lavorare a tantissime produzioni, sia teatrali che
cinematografiche delle quali sicuramente ci parlerai tra poco, hai presentato e
condotto degli eventi molti importanti, di caratura internazionale, tra i quali
il “Monte
Carlo International Short Film Festival” che ha chiuso la sua seconda
edizioni il 18 ottobre 2019. Vuoi raccontarci di questi tuoi progetti di
promozione della settima arte e della cultura? Come in particolare è nato
questo interessante progetto di Monte Carlo?
Ecco, un altro ruolo che mi
diverte interpretare, quello del presentatore. Da qualche anno mi capita sempre
più frequentemente di essere chiamato a condurre sia serate che programmi Tv.
Per me è l’occasione per togliere qualunque maschera e creare un rapporto diretto
e sincero con la gente. Mi appaga molto umanamente e dicono addirittura che mi
riesca bene. Mio padre l’altro giorno quando gli ho fatto vedere il video della
serata che ho condotto a Monte Carlo mi ha detto che gli ricordavo Mike
Bongiorno. Il complimento più bello che mi abbia fatto negli ultimi anni.
Per il secondo anno ho presentato il galà di apertura della XIX ed. della
settimana della lingua italiana a Monte Carlo. Sono stati consegnati i
riconoscimenti agli short movie più belli e premi alla carriera. Un evento
molto prestigioso voluto dall’ambasciatore Cristiano Gallo e organizzato
dalla MovieOn Pictures nella splendida sale d’or dell’hotel
Fairmont. Penso che alla base di tutto ci sia la nostra lingua come
prima forma d’arte da cui tutto si è generato è trasformato per arrivare poi al
linguaggio cinematografico espressione moderna e contemporanea dell’arte in
movimento.
Quali sono
le produzioni, sia teatrali che cinematografiche, alle quali stai lavorando in
questo periodo? Quelle che puoi raccontarci ovviamente.
Sono in partenza per New York
dove il prossimo 25 novembre presenterò e reciterò al gran galà dedicato
a Maria Callas alla Columbus University con la presenza di
illustri personaggi internazionali. La serata verrà poi trasmessa su Rai
Italia in tutto il mondo. È la mia prima volta per me nella Big Apple...
sono molto, molto eccitato all’idea di mettere piede nella città dove tra
l’altro fu girato “Fame”, Saranno Famosi, la
celebre serie televisiva colpevole di avermi fatto innamorare di questo
mestiere. Purtroppo dovrò rientrare subito per iniziare una nuova avventura
televisiva di cui non posso ancora anticiparvi nulla. In questi giorni su Amazon
Prime negli States è trasmesso il film Mission Possible
regia Bret Roberts con John Savage, dove interpreto un ruolo
fighissimo: il mostro Stinky ma che poi innamorandosi... sorpresa! In
questo giorno in Spagna è uscito Red Land il film campione
di incassi con Franco Nero, Geraldine Chaplin dove ricopro i panni di Mario
Bellini. Un’opera straordinaria diretta da Maximiliano Hernando Bruno.
A dicembre uscirà in India il primo capitolo del colossal in 3d “Professor
Dinkan” dove sono l’ispettore di polizia Luis Danay, ruolo che
mi diverte tantissimo interpretare.
«L’essenza della forma
drammatica è lasciare che l’idea arrivi allo spettatore senza essere formulata
con troppa nettezza. Una cosa detta in modo diretto non ha la stessa forza di
ciò che le persone sono costrette a scoprire da sole.» (tratto da “Il più grande azzardo di Kubrick: Barry
Lyndon”, di Marta Duffy e Richard Schickel, pubblicato su Time, 15 dicembre
1975). Cosa ne pensi di questa frase di Kubrick? Nel teatro secondo te come va
innescata la forza della drammaticità di una rappresentazione?
Avrò visto 2001 odissea nello spazio una infinità di
volte. Citando questo immenso regista mi si spalanca un mondo, un universo
appunto. Kubrick è il mistero che si rivela. Con il suo
racconto cinematografico innovativo ha radicalmente e profondamente dato vita
ad un nuovo e rivoluzionario modo di fare cinema. Un po’ come quando nel teatro
avvenne la rottura della quarta parete con i Giganti della
montagna di Pirandello nella regia di Strehler: il pesante sipario
d’acciaio che precipitando spezzava in due il carretto sul proscenio sanciva
per sempre la rottura del diaframma che separa attore e spettatore. Penso che
al di là di tutto sia doveroso accompagnare il pubblico lungo questo magico
percorso. Per me il pubblico, l’onestà nei confronti della gente è prioritaria.
Li amo e loro lo percepiscono. Con questa formula tutto il resto diventa più
semplice. Anche decodificare i concetti più difficili o ermetici. E poi
crederci, crederci totalmente fino al punto di incantare lo spettatore fino a
fargli dimenticare il tempo, questo tempo.
«Il cinema lo chiamerei semplicemente vita. Non
credo di aver mai avuto una vita al di fuori del cinema; e in qualche modo è
stato, lo riconosco, una limitazione.» Bernardo Bertolucci (1941-2018). Qual è la tua
posizione da addetto ai lavori, di chi il cinema lo vive come professione ma
anche come passione, rispetto a quello che disse Bertolucci? Oltre ad essere
un’arte, cos’è il cinema per te?
Il cinema è un qualcosa di estremamente fragile. Se consideri quanta
responsabilità deve avere una pellicola che contiene una storia frutto di
milioni, costosissima, il frutto di un lavoro di centinaia di persone, ore ed
ore di lavoro, preparazione, montaggio distribuzione ecc. ecc. tutto su quella
sottilissima pellicola! Vi lascio immaginare... tempo fa feci un sogno: per uno
strano scherzo del sole si creò un campo magnetico che fece andare in tilt
tutto il sistema interattivo fino al punto di smagnetizzare e cancellare tutto
ciò che era impresso sulle pellicole o nel digitale. Un vero disastro
insomma... questo per farci capire quanto sia meravigliosamente e magicamente
fragile la settima arte, come tutte le cose belle e rare. Mi auguro che i
nostri posteri abbiamo l’amore e l’attenzione di conservare il frutto prezioso
del cinema come traccia di ciò che è stato e che continuerà ad essere vivo
nella memoria collettiva. Comprendo la passione di Bertolucci. Quando vivi la
vocazione sei rapito completamente e totalmente. Per questo è importante
trovare persone che comprendano nello starci accanto questo status. Ma è molto
difficile e spesso c’è il rischio di restare soli.
Nel gigantesco
frontale del Teatro Massimo di Palermo, la mia città, c’è una grande scritta,
voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro
Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte
rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri
a preparar l’avvenire». Tu cosa ne pensi di questa frase? Davvero l’arte e
la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea
tecnologica e social? E se sì, a cosa serve oggi l’arte cinematografica
e del teatro secondo te?
Ho risposto a questa domanda anche un po’ prima... Queste espressioni
D’arte ci ricordano continuamente quanto siamo infinitamente microscopici nel
mare magnum dell’universo. Siamo continuamente in preda alla ricerca di
assoluto anche attraverso il manage creativo. Penso che sia necessario un
profondo senso etico nei confronti dell’arte. Ormai chiunque si sente portatore
del sacro fuoco e questo crea una gran confusione. Anni fa quando iniziai a
fare il teatro in sala alle prime c’erano i temuti critici teatrali. Ancora era
importante e seguita la critica che poteva decretare il successo o l’insuccesso
di un attore o di uno spettacolo. Dovrebbe ritornare la critica sul giornale
del critico specializzato, farebbe un gran bene per aiutare le persone a
distinguere la qualità dal bluff, dall’imbroglio. Un po’ come Sgarbi fa
con l’arte pittorica insegnandoci a distinguere il vero dal falso! Vorrei tanto
tornare a recitare nei teatri antichi in Sicilia, visto che in passato sono
stato protagonista a Siracusa, Taormina, Tindari, Segesta
e tanti altri... ho inaugurato lo Spasimo di Palermo nel ‘96 con Eliogabalo
di Arteoud indimenticabile esperienza.
So
dovessi consigliare ad un amico tre libri da leggere quali consiglieresti e
perché?
Spesso vengo chiamato per dare
voce alle presentazioni dei libri. È una cosa che amo molto fare... soprattutto
quando poi constato che i libri vanno a ruba. Trasformare in voce ciò che lo
scrittore ha pensato e meditato mi intriga molto. Recentemente ho avuto modo di
leggere ad una presentazione il romanzo di Antonella Boralevi, “Chiedi
alla notte”. Sarebbe adattissimo per il grande schermo, ambientato tra
i lustrini del Festival di Venezia tra mistero e indagini su una attrice
scomparsa. Sempre rimanendo in tema giallo consiglio “La strega
spiaggiata” del bravo Niky Marcelli e l’opera di Armando
Bianchini “L’apostolo di Ascoli” sulla vita di un uomo
antesignano, un carismatico del ‘700 che ha precorso i tempi e di cui verrà
realizzato un film.
Dove potranno seguirti i nostri lettori e i tuoi fan?
Un eccellente team di giovani esperti del web (Kontenty) sta lavorando alacremente per dare vita, finalmente, al mio nuovo sito www.vincenzobocciarelli.com
che verrà lanciato prossimamente. Poi ovviamente sempre sulle mie pagine Instagram
e Facebook che ogni giorno si arricchiscono di nuovi amici e fans. Vorrei
ringraziare soprattutto una storica fan che qualche giorno fa alla
inaugurazione a Siena della mostra “Cavalli d’autore” a cui ho
preso parte con il mio Equus Sum, si è fatta otto ore di treno dalla Liguria
per venirmi ad incontrare e conoscere. Sono cose che ancora oggi mi riempiono
il cuore. Grazie Virginia e grazie a tutti voi che da anni mi seguite
con amore e fedeltà. #Staytuned... #love.
Vincenzo Bocciarelli
Andrea Giostra
Foto copertina: Carlo Bellincampi