Musical, Manuel Frattini: Grazie a Pinocchio sono tornato a dire "papà". L'intervista

(Intervista di Giovanni Zambito del 6 maggio 2010). Grande successo ieri sera al Teatro Sistina per il ritorno a Roma del musical "Pinocchio" della Compagnia della Rancia con le canzoni dei Pooh e la regia di Saverio Marconi. Uno spettacolo poetico e sfavillante per i suoi effetti (bellissima la scena nel mare prima che il burattino ingoiato dalla balena o quando improvvisamente il paese dei balocchi si trasforma in modo repentino e inaspettato nel  tendone da circo), i balletti, la suggestione. Tanto merito va ovviamente riconosciuto a Manuel Frattini,  l'interprete che veste oramai i panni di Pinocchio da diverse stagioni.

Lo abbiamo incontrato nel camerino poco prima della rappresentazione: "La tensione e l'emozione di un debutto con questo spettacolo dopo sette anni si ripresenta sempre - confessa Manuel Frattini - si ripropone e tu lasci che arrivi: è un buon segno, no?". 
In te c'è il timore comune di rimanere intrappolato in un ruolo? 
No, anzi: non mi fa paura questa etichetta, non la vedo come una cosa negativa. 
Quale aspetto di Pinocchio ti piace di più e quale di meno? 
E' il primo personaggio che mi ha toccato anche nelle corde emozionali: da ragazzino non ho mai amato favola di Pinocchio, però l'ho rivalutata perché si vanno a rispolverare valori trascurati attingendo ad esperienze  personali come l'amicizia e la famiglia. 
Per esempio? 
Quando abbiamo debuttato nel 2003 dicendo la prima battuta dello spettacolo che è "Papà" mi sono reso conto ch'erano trent'anni che non dicevo la parola "papà" avendo perso mio padre a quattordici anni. Si può quindi immaginare  che cosa si scatena. Attorialmente non si tratta poi di un teatro così leggero. 
Come si affronta un dolore del genere? 
Per chi perde una figura così quell'età nell'immediato non hai una percezione reale della perdita: l'ho accusata di più nel momento in cui ho cominciato a raccogliere i primi frutti. Sono cattolico, credente: so che è lì, soddisfatto di me. 
Tornando al musical, dei cambiamenti apportati da Saverio Marconi quale condividi particolarmente? 
L'ha reso più accessibile ai nostri tempi ambientandolo intorno agli anni '50 piace che abbia scisso la figura della fata nelle due dimensioni magica e materna. Qui c'è il personaggio di Angela, il nome della mamma di Collodi, mentre la fatina dai capelli turchini è rimasta tale. 
In molti tuoi spettacoli e anche in Pinocchio balli sulle coreografie di Fabrizio Angelini... 
Ci conosciamo da tantissimo tempo: nel '92 in "Chorus Line" era già capo ballerino e parallelamente abbiamo fatto un bel percorso insieme. 
Per "Pinocchio" il tuo trucco dura un'ora: che cosa provi mentre ti trasformi nel burattino di Collodi? 
Che bella domanda: quando il trucco è completo e costume mi cambia proprio il modo di muovermi e di parlare come un ragazzetto, come se venissi veramente posseduto. Quando smetto i panni torno ad essere me stesso, anche se probabilmente non sono così lontano dall'incoscienza di Pinocchio (ride, ndr). 
Quanto c'è di Pinocchio in te? 
Di lui in c'è ancora l'innocenza di quell'età e che mi porto nella vita come l'ingenuità o la fuga da certe responsabilità. Se nella vita avessi la stessa determinazione che ho nel lavoro sarei più pratico e concludente.(6 maggio 2010).
Fattitaliani

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