Avvicinarsi a un libro,
per chi ama la lettura, non è mai un gesto marginale o distratto, implica
sempre interesse, curiosità o sorpresa.
I meccanismi che ci guidano verso un
libro, proprio quello e non un altro, sono molto più complessi e profondi di quanto
saremmo mai disposti ad ammettere e questo vale a maggior ragione quando
“scegliamo” di accogliere un testo di poesie. Si può notare, anche nel semplice
movimento delle mani, quella che potrebbe definirsi una cura istintiva, un
profondo rispetto, rispetto per la fatica che lo ha generato, per il dono di sé
consumato dall’autore nel mettere a nudo in maniera indelebile piccoli o grandi
frammenti della propria sfera interiore, per quel mettersi in gioco così arduo
in un’epoca che distoglie lo sguardo dalla fragilità e tende a corazzare gli
animi, un’epoca in cui, per molti, i poeti tornano ad essere “diversi”, avulsi
dalla realtà, quasi sospesi in una sorta di limbo governato da correnti
oniriche.
Ebbene, la misteriosa
attrazione che ci conduce verso un libro non resterà delusa dal poemetto breve
di Fabio Strinati e l’immaginario di quanti rubricano i poeti fra i sognatori
di zucchero filato ne uscirebbe sconvolto.
Diverso dai lavori che lo
hanno preceduto, frutto di un impulso quasi liberatorio, Discernimento atrabile è senza dubbio un’opera fuori dal comune, un
piccolo universo avvolto in un’aria densa e catalizzatrice.
Non a caso, la scelta
delle due parole che compongono il titolo riporta alla scuola ippocratica e
alle sfere umorali che governano la vita e l’essenza.
Atrabile,
un
termine molto specifico seppure non limitativo, è in realtà la chiave che apre
un affaccio su scenari variegati. Atrabile,
l’umore nero, connesso alla paura, all’irrazionalità, alla malinconia, alla
collera, alla frustrazione e discernimento
che implica il raggiungimento della consapevolezza attraverso la fatica della
comprensione.
Una poetica cruda,
ruvida, volutamente criptica e inquietante, tesa a estrapolare, attraverso
l’uso della sperimentazione e della percezione empatica, quelle dimensioni
dolorose interiorizzate, se non addirittura rimosse, che nelle fasi alterne
della vita segnano e accomunano ogni essere umano.
Un testo che ti afferra
per i polsi e ti trascina con impeto in una foresta intricata, lasciandoti in
balia dei potenti versi destrutturati senza il comodo ausilio della
punteggiatura, senza la culla rassicurante di una tradizionale costruzione
sintattica.
Un testo che inizialmente
disorienta, che ti fa sentire sul collo l’eco di un respiro affannoso, che non
può essere semplicemente letto.
No, occorre fermarsi,
lasciarsi travolgere dall’irrompere incalzante delle parole. È necessario
sciogliere i nodi e le catene che serrano le porte dei propri nascondigli
segreti permettendo all’umore oscuro delle sofferenze vissute di filtrare e
scivolare e scorrere. È necessario
lasciarsi raggiungere e permeare. Solo a quel punto i versi troveranno il
giusto ritmo e si ricomporranno nell’animo come un enigma disvelato. Solo
allora, il lettore potrà abbandonarsi sull’ultimo verso, ansimante, provato e
appagato.