Paola
Milicia, scrittrice di origini siciliane, vincitrice del Premio
InediTO 2019 per la narrativa… «Si
scrive gettando il cuore oltre... non importa dove... ma oltre» Intervista
di Andrea Giostra.
Ciao
Paola, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Come ti vuoi
presentare ai nostri lettori?
Mi
presenterei come una di loro, come una che risiede nella stessa
grande comunità di lettori che ancora – e per fortuna – esiste,
contrariamente a quanto si possa dire intorno alla lettura in Italia
che sta via via scomparendo. I lettori non li fanno solo gli indici
di vendita dei grandi gruppi editoriali! Sono una lettrice convinta e
accanita ma anche molto selettiva: dopotutto, la lettura ci soccorre
dando forma ai pensieri quando non siamo in grado da soli di dar loro
una espressione più “decifrata”. E questo le conferisce una
flessibilità che ripaga il nostro umore del momento, la nostra
necessità di sentire certe voci piuttosto di altre. Flessibile
dunque che si piega alla selezione che sentiamo di fare per il nostro
piacere.
Chi
è Paola nella sua professione e nella sua passione per l’arte
della scrittura?
Mi
piace pensare di essere divisa in due metà che si ignorano quasi del
tutto. E forse è giusto che sia così: per me ha funzionato separare
la parte di me più “commerciale” che deve per forza di cose
muovere la mia giornata a lavoro; e l’altra metà, quella che
risorge grazie alla scrittura e alla lettura. Dopotutto, penso a
grandi biografie della letteratura contemporanea come Franz
Kafka o a Arthur
Schnitzler per citarne alcuni a me cari,
hanno “faticato” non senza frustrazioni ossessionanti, a far
convergere il conflitto tra necessità e vocazione, lavoro e
scrittura. Non è il mio caso ovviamente ma non nascondo che a volte,
dopo una giornata di lavoro, ne esco quasi urtata per aver concesso
al lavoro di appianare il mio slancio creativo.
Qual
è la tua formazione accademica e professionale? Come hai maturato
l’arte di scrivere racconti, storie, ma anche saggi e ricerche di
letteratura che risultano così interessanti?
Accademicamente
parlando, mi dovrei definire una germanista grazie al fatto che ho
una laurea in letteratura tedesca-ebraica. È stata e rimane la mia
grande passione in cui mi rincontro quando mi perdo un po’ nei
meandri della vita pratica e del lavoro. Avrei voluto rimanere nel
mondo accademico, cioè svolgere una professione affine, ma la
fortuna di aver trovato un lavoro sin da giovanissima (ero al secondo
anno di università) mi ha tenuta, diciamo, con i piedi per terra. Ho
studiato e lavorato ed ora mi riapproprio di questa vocazione
scrivendo pezzi di narrativa breve (mi sono aggiudicata il primo
premio al Premio Inedito di Torino 2019
con il racconto “Il mare di pietre”)
ma anche stesure più articolate come un romanzo su cui sto
lavorando, e lavori accademici come ghostwriter. Si può dire? In
sintesi, la scrittura per me è il luogo perfetto in cui ritrovarsi.
Come
hai già detto, recentemente hai vinto il prestigiosissimo Premio
Letterario InediTO 2019 per la narrativa, sezione racconti. Uno dei
premi italiani più importanti per gli esordienti e per gli scrittori
non ancora conosciuti al grande pubblico, organizzato e promosso
dall’Associazione culturale Il Camaleonte di Chieri (TO). Ci
racconti questa bellissima esperienza?
Come
tutte le cose belle, arrivano un po’ per caso. Avevo dato vita a
questo racconto come in un delirio... erano notti insonni e scrivere
mi faceva stare bene. L’ho fatto leggere ad un mio amico scrittore
il quale mi ha consigliato di partecipare al concorso. Il resto è
ancora presente. La vincita mi ha messo addosso una tale energia e
una voglia di scrivere (e di essere letta) che non faccio altro che
appuntare di tutto, rielaborare concetti su tovaglioli di carta, e
poi scrivo.
Da
cosa nasce il racconto con il quale hai partecipato al Premio InediTO
e cosa vuoi comunicare ai tuoi lettori con questo scritto?
Preciso
che sebbene ci siano elementi riconducibili alla mia esperienza di
vita, in senso allargato che include cioè anche i racconti di
persone che conosco e frequento, non vuole essere una traccia
autobiografico. Nasce dalla voglia di riportare alla mente alcune
sensazioni stimolate dai sensi, che conservo della Sicilia
e delle mie estati di bambina quando andavo a casa della nonna:
l’odore di pane fatto in casa e dei biscotti bianchi sfornati al
mattino, il canto ininterrotto delle cicale, i pomeriggi caldissimi e
fermi in casa di nonna, il profumo di saponetta che usava. Diciamo
che nasce da una biografia dei sensi che però è diventata anche
altro, cioè, si è aperta ad un intreccio di storia e di fantasia
che è appunto, il racconto. La storia, poi, fa da sottofondo ma è
la vera protagonista: ho letto qualche stralcio di rapporti militari
anglo americani sullo sbarco alleato in Sicilia, e ne sono rimasta
scioccata. C’è ancora una Storia (con la maiuscola) che attende di
essere raccontata e non è quella del chewing
gum e dello swing
di cui pure è fatta. C’è il dolore e la paura della gente
siciliana, l’uccisione di civili, l’uccisione di carabinieri, c’è
l’arroganza della guerra e dei più forti. Insomma, forse dovremmo
avere il coraggio di dire che lo sbarco alleato non è stato solo
rose e fiori come si dice. E forse, bisogna smettere anche di essere
così grati. Abbiamo già pagato abbastanza. Ecco, il racconto (che
sta diventando un romanzo) arriverà a questa conclusione, a questo
messaggio insieme al fatto che le origini vanno sempre conservate
come reliquie, come fossili che hanno preparato il nostro arrivo.
Quali
sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve
possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché
proprio quelle?
Non
esiste una bella e una brutta scrittura, né uno scrittore che scrive
male e uno bene. Perché scrivere male significa più qualcosa che ha
a che fare col commettere errori grammaticali che non di stile.
Quindi scrivere è un momento aperto un po’ a tutti anche se poi
esiste un pubblico che crea il suo scrittore preferito perché
“scrive bene”. Tuttavia, per diventarlo bisogna avere due
qualità: un buon grado di osservazione di tutto: anche di quello che
appare irrilevante, può diventare 10 pagine di un racconto; e una
buona dose di coraggio: sì, perché quando si scrive non bisogna
pensare a chi legge, ai familiari che ti criticheranno perché hai
svelato cose di famiglia, agli amici che si sono reincarnati in
perfetti idioti o cose di questo genere. Si scrive gettando il cuore
oltre... non importa dove... ma oltre.
Perché
secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?
Ti
rispondo in due modi... Innanzitutto, lo si fa, che sia importante o
no, per un certo auto compiacimento. Tutti gli scrittori lo fanno o
lo hanno fatto, anche quelli che si sono riparati dietro
l’affermazione che la scrittura ha rappresentato una terapia per sé
stessi e basta. Mentono! Quando ci si scopre, tutto sommato, di
scrivere meglio degli altri, la scrittura diventa una medaglia
all’onore e scriviamo perché drogati di questa onnipotenza. Se è
importante scrivere, dipende: se finiamo tutti col dire la stessa
cosa, l’efficacia della scrittura si perde un po’ nell’aria. Mi
viene in mente la situazione editoriale italiana: menomale che c’è
ancora chi scrive bene, ma nessuno scrive in modo diverso dall’altro.
Gli autori del momento sembrano giungere dalla stessa scuola
stilistica e di pensiero, si osa poco e ancora ci sono tanti tabù.
In questo contesto mi pare che non ci sia quella voglia di raccontare
l’indicibile, di iniziare a sfidare il lettore con argomenti non
più di terza mano. Ecco: la scrittura è importante se educa, se
indirizza un pensiero, e se crea un dibattito nel cuore dei lettori.
Se manca questo, è solo scrittura da spiaggia, edificante ma nulla
più.
Chi
sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai
amato leggere e che leggi ancora oggi?
Ho
una formazione molto classica che solo di recente sto trascurando per
fare spazio alla letteratura italiana e americana contemporanea.
Certamente il Faust
di Goethe rimane un
testo che mi ha commosso e che mi chiama ogni tanto, quando ho
bisogno di conforto; Gustav Meyrink,
benché non si possa definire un autore da podio, ha dato vita al
romanzo il “Golem”
che è semplicemente unico nel suo genere di primo approccio
letterario alla psicoanalisi di Freud.
Tra i contemporanei, mi piace Thomas
Bernhardt, e tra i nostrani Alessandro
Piperno, Diego De Silva e Domenico
Starnone. Non ho però dei modelli di
ispirazione.
Nel
panorama italiano contemporaneo, chi sono secondo te i più bravi
scrittori che ti sentiresti di consigliare ad un’amica che ama
leggere?
Molto
difficile rispondere. A ognuno il suo gusto... Però trovo bella
l’iniziativa di una farmacia, credo di Roma, che ad ogni paziente
prescrive un libro a seconda delle sintomatologie che accusa. Chapeau
al/la farmacista... deve avere una dote rara, che io non ho. Quindi
se un’amica me lo dovesse chiedere, la mando in farmacia!
Charles
Bukowski a proposito dei corsi di scrittura diceva … «Per
quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori
solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si
riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in
genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano
l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la
loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte
e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al
gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”»
(Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking
for the Giants: An Interview with charles Bukowski,
“Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1,
December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai
alla moda in questi ultimi anni? Pensi che servano davvero per
imparare a scrivere?
No,
non credo siano dei bancomat di creatività pronta all’uso. Ma è
questo l’errore in cui inciampiamo: non bisogna aspettarsi questo
da un corso di scrittura, come del resto da qualsiasi corso che sia
di cucina (non si diventa chef) o di danza (non si diventa Nureyev)
... Però insegnano, semmai, la disciplina alla scrittura, cioè,
quella determinazione affinché la scrittura diventi una parte attiva
e costante del quotidiano di uno scrittore debuttante. Allora hanno
un senso... i corsi infondono quella carica a elaborare sempre e
soprattutto a leggere tanto, tantissimo, che è alla base della
scrittura.
La
maggior parte degli autori ha un grande sogno, quello che il suo
romanzo diventi un film diretto da un grande regista. A questo
proposito, Stanley Kubrik, che era un appassionato di romanzi e di
storie dalle quali poter trarre un suo film, leggeva in modo quasi
predatorio centinaia di libri e perché un racconto lo colpisse
diceva: «Le sensazioni date dalla
storia la prima volta che la si legge sono il parametro fondamentale
in assoluto. (…) Quella impressione è la cosa più preziosa che
hai, non puoi più riaverla: è il parametro per qualsiasi giudizio
esprimi mentre vai più a fondo nel lavoro, perché quando realizzi
un film si tratta di entrare nei particolari sempre più
minuziosamente, arrivando infine a emozionarsi per dettagli come il
suono di un passo nella colona sonora mentre fai il mix.»
(tratto da “La guerra del Vietnam di
Kubrick”, di Francis Clines,
pubblicato sul New York Times, 21 giugno 1987). Cose ne pensi di
quello che dice Kubrick? Pensi che le tue storie sappiano innescare
nel lettore quelle sensazioni di cui parla il grande regista
newyorkese? E se sì, quali sono secondo te?
Mi
trovo d’accordo nel dire che le prime impressioni e sensazioni
hanno un valore determinante e assoluto, così come quando si legge
che le prime sensazioni non puoi più riaverle indietro. È il
fascino del primo appuntamento poi le cose cambiano. Io credo che le
mie storie colpiscano per aver reso semplici e meno meschine alcune
nostre contraddizioni, o stati d’animo, o sfumature. Tendiamo a
voler occupare una parte del campo, o tutta bianca o tutta nera, e
poi quando scopriamo un personaggio che è grigio, ci meravigliamo di
aver trovato un nostro simile. E ce ne innamoriamo. Ci innamoriamo di
tanta umanità e debolezza. Proprio come siamo tutti.
In
Italia si pubblicano ogni anno circa 60-65 mila nuovi titoli, la
media ponderata di vendita di ogni nuovo titolo è di circa 50 copie,
mentre chi legge effettivamente l’opera letteraria acquistata non
supera il 10%, il che vuol dire che delle 50 copia vendute solo 5
copie vengono effettivamente lette da chi acquista in libreria o nei
distributori online. Partendo da questo dato numerico, che per certi
versi fa impressione e ci dice chiaramente che in Italia non si legge
o si legge pochissimo, secondo te cosa si dovrebbe fare per
migliorare questa situazione? Cosa dovrebbero fare gli editori, i
distributori, le librerie, e perché no?, gli autori come te per far
aumentare il numero dei lettori e degli appassionati ai racconti e
alle storie da leggere?
Non
credo che in Italia non si legga, al contrario. Credo che sia il
sistema editoriale italiano ad avere qualche problema con la lettura
e con chi legge: intanto, non ci dovrebbero essere solo quei tre
gruppi monopolistici dell’editoria a fare il bello e il brutto
tempo. Ma bisognerebbe impegnarsi a supportare l’editoria emergente
e con loro, gli autori emergenti. Perché anche quella degli
scrittori editi è diventata una lobby, una “cricca” degli amici
degli amici. Detto ciò, rimane ovvio il problema della distribuzione
e con esso del prezzo di un libro: dai 16 ai 19 euro a libro. Cose da
pazzi! Ecco perché non compriamo ma questo non significa che non
leggiamo: intanto esiste un fornitissimo sistema bibliotecario che
consente di prendere gratuitamente in prestito libri e manuali di
ogni genere. Poi ci sono i libri usati, hai presente le bancarelle
storiche del centro città... e quelli sfuggono dai numeri che fanno
le grandi case editrici; e poi c’è la competizione dell’online.
Trovo che a lamentarsi di questa situazione siano più gli editori
che non i lettori ovvero traducendo, più i colpevoli che non le
vittime.
Una
domanda difficile Paola: perché i lettori di questa intervista
dovrebbe comprare e leggere i tuoi libri? Cosa diresti loro per
convincerli a comprare e a leggere il tuo prossimo libro in uscita?
Non
cercherei affatto di convincerli: troppa responsabilità! Preferirei
che siano mossi dalla spontaneità per evitare che possano dirsi
delusi in qualche maniera se stimolati oltre la loro volontà.
Comunque, LEGGETEMI!
Quali
sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? A cosa
stai lavorando in questo momento e dove potranno seguirti i nostri
lettori e i tuoi fan?
Sto
ampliando il racconto Il Mare di pietre:
in effetti, è già un racconto troppo lungo per stare nelle
classiche “battute” richieste dalle riviste letterarie o dai
premi in corso. Quindi ha già in sé un animo che vira verso il
romanzo. Poi mi diletto a scrivere qualche recensione. Una di queste
ha vinto un piccolo riconoscimento.
Per
finire, Paola, immaginiamo che tu sia stata inviata in una scuola
media superiore a tenere una conferenza sulla scrittura e sulla
narrativa in generale, alla quale partecipano centinaia di alunni. Lo
scopo è quello di interessare e intrigare quegli adolescenti
all’arte dello scrivere e alla lettura. Cosa diresti loro per
appassionarli a quest’arte e catturare la loro attenzione? E quali
le tre cose più importanti che secondo te andrebbero dette ai
ragazzi di oggi sulla lettura e sulla scrittura?
Lo
sguardo dei ragazzi è come un boomerang: bisogna aprirgli i confini,
lasciare che guardino fuori la scuola, fuori la famiglia, fuori la
solita cerchia di esperienze, così per farli incuriosire e accendere
e poi farli rientrare nella scuola, nella famiglia e da dove solo
apparentemente si sono congedati. Se a questi adolescenti, fornissimo
l’opportunità di conoscere il gusto alla bellezza dell’arte, del
teatro, della musica, di quello che c’è non solo sui libri ma
nella vita vera, sono sicura che ci ritroveremmo con adolescenti che
avrebbero voglia di scrivere, di andare al museo, di fare teatro.
Organizzerei concerti nella scuola, dibattiti sulla scrittura, recite
di fine anno, istituirei un giornalino della scuola... sulla
falsariga di quanto avviene nel mondo formativo anglo–americano.
Farei la preside!
Paola
Milicia
https://www.facebook.com/PremioInediTO/
Andrea
Giostra
https://andreagiostrafilm.blogspot.it